Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3018 del 11/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 3018 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: SESTINI DANILO

SENTENZA

sul ricorso 26334-2010 proposto da:
DI

CARLO

GIUSEPPE,

DI

CARLO

GIOVANNI

DCRGNN41L27D024A, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA ARNO 38, presso lo studio dell’avvocato FINOCCHIO
ALESSANDRA, rappresentati e difesi dall’avvocato
SALVATORI CARLA giusta delega in atti;
– ricorrenti contro

DI CARLO FRANCO, DI CARLO ALESSANDRO, IACOPUCCI
ESPERIA, DI CARLO BEATRICE;
– intimati –

Data pubblicazione: 11/02/2014

avverso

la

3872/2008

sentenza n.

della CORTE

D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/05/2010, R.G.N.
5656/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/12/2013 dal Consigliere Dott. DANILO

udito l’Avvocato CARLA SALVATORI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso;

2

SESTINI;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 306/88, il Tribunale di
Civitavecchia, Sezione Specializzata Agraria,
condannava Di Carlo Giulio Cesare (proprietario di
terreni, siti in Tarquinia, che nell’anno 1954 erano

pagare ai conduttori Di Carlo Giuseppe e Giovanni
(figli di Arnaldo e subentrati al medesimo dopo la
sua morte) la somma di £ 42.820.617 per canoni
versati in eccesso, oltre interessi legali, e
l’ulteriore somma di £ 22.044.800 a titolo di
restituzione di un premio di coltivazione.
A seguito della notifica dell’atto di precetto,
Di Carlo Giulio Cesare pagava ai conduttori il
complessivo importo di £ 118.121.690.
All’esito del giudizio di

appello, il medesimo

Di Carlo Giulio Cesare veniva condannato al
pagamento della rivalutazione sulle somme di cui
alla sentenza di primo grado; seguiva, nel luglio
1998, la notifica di un ulteriore precetto per
l’importo di £ 164.145.871, che Di Carlo Giulio
Cesare provvedeva a pagare.
Nel frattempo, il Tribunale di Civitavecchia Sezione Specializzata Agraria, adito da Di Carlo
Giulio Cesare, emetteva sentenza n. 380/97 con cui
dichiarava la cessazione del contratto di affitto
agrario a far data dal 6.5.1996; lo sfratto veniva
eseguito nel novembre 1998, dopo che era stata
respinta un’opposizione all’esecuzione proposta dal
3

stati concessi in affitto a Di Carlo Arnaldo) a

conduttori (che vantavano il diritto di ritenzione
del fondo a fronte delle migliorie apportate).
Ottenuto il rilascio, Di Carlo Giulio Cesare
ricorreva nuovamente al Tribunale di Civitavecchia Sezione Specializzata Agraria per sentir condannare
i conduttori al risarcimento dei maggiori danni

altresì, alla restituzione della somma di £
138.725.158, oltre interessi, che assumeva di avere
indebitamente versato in forza dei pregressi atti di
precetto.
Il
domanda

Tribunale
di

accoglieva
55.627.016,

di

Civitavecchia

risarcimento

del

parzialmente
oltre

(per

interessi)

rigettava

maggior

danno

l’importo
la

di

domanda

la
ed
£
di

restituzione somme.
Proposto appello da entrambe le parti, la Corte
di Appello di Roma – Sezione Specializzata Agraria
pronunciava sentenza n. 3872/08 (depositata il
19.5.2010) con cui, confermato il resto, condannava
Di Carlo Giovanni e Giuseppe a corrispondere agli
eredi di Di Carlo Giulio Cesare la complessiva somma
di C 46.972,05 a titolo di risarcimento del maggior
danno in relazione alle annate agrarie 1996/98,
nonché a rifondere alla controparte metà delle spese
processuali del grado, compensata la residua metà.
Avverso detta sentenza propongono ricorso per
cassazione Di Carlo Giovani e Di Carlo Giuseppe,
affidandolo a due motivi; gli intimati non svolgono
attività difensiva.
4

conseguiti alla ritardata riconsegna del fondo e,

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.

I due motivi del ricorso affrontano –

separatamente- la questione del risarcimento per il
maggior danno (ex art. 1591 c.c.) e quella della

Carlo Giulio Cesare a fronte della sentenza n.
3908/96 della Corte di Appello di Roma.
2.

Il primo motivo (“Violazione e falsa

applicazione

dell’art.

1591

c.c.

nonché

contraddittoria motivazione su circostanza decisiva
per il giudizio”), pur prospettato in modo misto (ai
sensi dei dell’art. 360, 1 ° co., nn. 3 e 5 c.p.c.),
non censura propriamente un errore di diritto (ossia
un’erronea lettura dell’art.

1591 c.c.), ma

esclusivamente il vizio (motivazionale) in cui il
giudice di appello sarebbe incorso nella valutazione
degli elementi emersi dall’istruttoria, fino a
ritenere provata l’esistenza del maggior danno
reclamato ex adverso.
2. In relazione al vizio di motivazione ed alla
evidenziata contraddittorietà della sentenza, deve
rilevarsi che il ricorso appare volto a sollecitare
una complessiva rivalutazione dei fatti (la vicenda
e il materiale probatorio acquisito nei gradi di
merito) piuttosto che a censurare specifici profili
di interna contraddizione; per di più, difetta la
specifica indicazione -prescritta, a pena di
inammissibilità, dall’art. 366, n. 6 c.p.c.- degli
5

restituzione di parte delle somme versate da Di

atti processuali (segnatamente la trascrizione dei
verbali delle prove testimoniali e dei passaggi
rilevanti della relazione di C.T.U.) sui quali la
censura si fonda, determinandosi, pertanto, un
difetto di autosufficienza. Ne consegue
l’inammissibilità del motivo.

motivo (anch’esso misto), che deduce “Violazione e
falsa applicazione delle norme relative al giudicato
(art. 324 c.p.c.) e al titolo esecutivo (artt. 474 e
ss. c.p.c.) nonché contraddittoria motivazione su
circostanza decisiva per il giudizio”: anche sotto
questo profilo il ricorso risulta del tutto privo di
autosufficienza nel momento in cui censura l’erronea
interpretazione del titolo giudiziale in forza del
quale furono effettuati i pagamenti, ma omette di
trascrivere in misura adeguata i passaggi rilevanti
della sentenza n. 3908/96 (quelli trascritti non
risultano sufficienti per comprendere l’effettivo
contenuto della pronuncia in relazione allo
specifico oggetto del presente giudizio) e, altresì,
quelli della relazione di c.t.u. (compiuta nel
procedimento da cui scaturì quella sentenza e che
pure i ricorrenti richiamano per interpretarla) su
cui fonda il motivo di impugnazione.
4.

In difetto di attività difensiva da parte

degli intimati, non deve provvedersi in ordine alle
spese di lite.
P.Q.M.
6

3. Altrettanto deve dirsi in ordine al secondo

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso.
Roma, 9.12.2013

Il Consigliere est.

Il Presidente

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