Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30177 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. un., 30/12/2011, (ud. 13/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30177

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo presidente f.f. –

Dott. ADAMO Mario – Presidente di sez. –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Idroenergy s.r.l. in persona del legale rappresentante, elettivamente

domiciliata in Roma, via E. Q. Visconti 99, presso l’avv. CONTE

Giovanni Battista, che con gli avv. Mario Bucello e Simona Viola la

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

PROVINCIA DEL VERBANO CUSIO OSSOLA in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in Roma, via Panama 12,

presso l’avv. Colarizi Massimo, che con l’avv. Alessandra Simone la

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

Associazione Lega Ambiente – Circolo Verbano – in persona del legale

rappresentante;

– intimata –

avverso la sentenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche n.

150 del 2010;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13.12.2011 dal Relatore Cons. Dott. Carlo Piccininni;

Uditi gli avv. Conte Ilaria su delega per la ricorrente e Mozzillo su

delega per la Provincia;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

per quanto di ragione e l’assorbimento per il resto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con Delib. consiliare 2 marzo 2009, n. 25 la Provincia del Verbano Cusio Ossola varava il Piano Territoriale Provinciale, nel quale era fra l’altro prevista l’adozione di misure transitorie di salvaguardia (art. 2.3.8) da prendere in considerazione e recepire nella formazione degli strumenti urbanistici locali e nella pianificazione di settore e da applicare fino all’approvazione del piano di settore della Rete Ecologica Provinciale, misure per le quali veniva fissato fino a tutto il 2010 il limite di 35 MW di potenza massima per nuove autorizzazioni idroelettriche, in esse comprese anche quelle per le quali vi era istruttoria in corso. La Idroenergy s.r.l., che aveva in corso un procedimento di autorizzazione presso la Provincia del Verbano Cusio Ossola per realizzare una centrale idroelettrica, ritenendo pregiudizievole la fissazione del limite sopra indicato, poichè stabilito a far tempo dall’entrata in vigore del Piano Energetico Regionale (approvato il 3.2.2004) e già superato alla data della delibera di adozione del piano territoriale, proponeva ricorso presso il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, con il quale denunciava violazione di legge sotto vari aspetti, ed in particolare poichè: a) l’introduzione di un tetto massimo di potenza installabile esorbiterebbe dall’ambito dei poteri della Provincia; b) la prescrizione di cui al comma 7 dell’art. 2.3.8 delle norme tecniche di attuazione esorbiterebbe dall’ambito dei contenuti possibili del piano territoriale provinciale e della sfera di potere esercitabile dalla Provincia mediante lo strumento pianificatorio, essendo rimesso al Piano Energetico Regionale il compito di fissare, in via esclusiva, gli obiettivi da conseguire con la produzione energetica; c) la fissazione di un tetto massimo allo sviluppo idroelettrico contrasterebbe con le esigenze di promozione delle energie rinnovabili, di cui alla direttiva 2001/77/CE; d) la detta fissazione contrasterebbe altresì con la direttiva 96/92/CE, che avrebbe disposto nel senso della liberalizzazione del mercato elettrico; e) la Provincia non avrebbe competenza in tema di deflusso minimo vitale, essendo questa attribuita alla regione; f) la prescritta moratoria contrasterebbe con il principio per il quale l’autorizzazione per l’attività in oggetto deve essere rilasciata da un unico soggetto; g) difetterebbe la motivazione relativamente all’omessa comparazione fra l’interesse allo sviluppo delle fonti rinnovabili e l’interesse ambientale.

La Provincia, costituitasi, chiedeva il rigetto della domanda deducendone l’infondatezza e produceva inoltre due studi (redatti rispettivamente da Graia s.r.l. e Tei s.p.a.), aventi ad oggetto proposte di pianificazione in tema di razionalizzazione delle risorse idriche, documentazione a sua volta contestata dalla Idroenergy con la predisposizione di motivi aggiunti.

Il Tribunale Superiore delle Acque, disattese le eccezioni pregiudiziali della convenuta, respingeva il ricorso ritenendo che la Provincia avesse legittimamente introdotto un tetto massimo di potenza idroelettrica installatale sul proprio territorio, per diverse ragioni rispettivamente individuate: a) nell’avvenuta attribuzione alla Provincia, da parte del legislatore regionale, della funzione in tema di pianificazione del territorio tramite lo strumento della pianificazione; b) nella competenza concorrente con quella della Regione -, riconosciuta dal medesimo legislatore all’ente predetto, in campo territoriale, ambientale ed energetico;

c) nell’individuazione di un criterio di ripartizione delle competenze fra i detti enti territoriali, per il quale sulla tematica ambientale ed energetica spetta al Piano Territoriale Regionale definire gli indirizzi generali e settoriali di pianificazione del territorio ed al Piano territoriale Provinciale di delineare nel concreto tale assetto, in conformità delle indicazioni contenute nel Piano Regionale; d) nell’avvenuto conferimento alle Province di un potere pianificatorio in campo energetico, conferito dalla legislazione regionale e risultante pure dalla legislazione nazionale; e) nella valenza puramente attuativa delle prescrizioni contenute nel piano regionale, attribuibile alle limitazioni nella realizzazione degli impianti disposte con il Piano Provinciale oggetto di contestazione; f) nell’avvenuta attribuzione alla Provincia, da parte della Regione, di un potere di intervento sul deflusso minimo vitale delle acque; g) nell’inesistenza di un contrasto (denunciato dal ricorrente) fra l’imposizione dei limiti su cui è controversia (dettati dall’esigenza di salvaguardare l’ambiente e di assicurare uno sviluppo sostenibile) e la direttiva 2001/77/CE; h) nella legittimità della moratoria adottata rispetto alle istanze di rilascio di nuove derivazioni, in quanto limitata nel tempo e finalizzata esclusivamente ad una verifica in ordine all’impatto sull’ambiente; i) nella inconsistenza, sotto diversi aspetti, dei motivi aggiunti. Avverso la decisione la Idroenergy s.r.l. proponeva ricorso per cassazione affidato a sette motivi poi illustrati da memoria, cui resisteva con controricorso la Provincia.

Successivamente la controversia veniva decisa all’esito dell’udienza pubblica del 13.12.2011.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i motivi di impugnazione la ricorrente ha rispettivamente denunciato: 1) violazione della L.R. n. 56 del 1977, art. 5 D.Lgs. n. 112 del 1998, 36 e 37, D.Lgs. n. 267 del 2000, artt. 19 e 20L. n. 5 del 1991, L.R. n. 23 del 2002, art. 3, comma 1, lett. a) in riferimento al D.Lgs. n. 387 del 2003, art. 12 e D.M. 10 settembre 2010, in relazione all’affermata legittimità delle prescrizioni pianificatorie aventi ad oggetto le condizioni per il rilascio delle concessioni di derivazione di acque pubbliche – e idroelettriche in particolare – dettate dalla Provincia, pur in assenza di una formale attribuzione di competenza in tal senso da parte del legislatore.

Più precisamente, la Provincia si era avvalsa nella specie di due atti pianificatori tipici e nominati – il piano energetico ed il piano territoriale -, la cui realizzazione tuttavia non consentirebbe di configurare un potere di disciplina delle condizioni per il rilascio delle concessioni di derivazione, che secondo il giudice del merito sarebbe conferito nella prospettiva di un bilanciamento fra l’interesse pubblico allo sviluppo delle fonti rinnovabili e quello alla salvaguardia delle risorse naturali. Per di più la tutela dell’ambiente sarebbe materia di esclusiva competenza statale, come reiteratamente affermato anche dalla Corte Costituzionale, più volte investita della questione relativa alla legittimità o meno di normativa regionale in tema di impianti energetici alimentati da fonti rinnovabili, in assenza di principi dettati dalla normativa statale. Da ultimo, la decisione adottata contrasterebbe anche con il D.M. 1 settembre 2010 che, pur emanato in data successiva all’insorgere della presente controversia, sarebbe applicabile nel caso in esame e demanderebbe ogni competenza al riguardo alla Regione;

2) violazione degli artt. 1, 3, 6 della direttive 2001/77/CE, 3 e 13 della direttiva 2009/28/CE, D.Lgs. n. 387 del 2003, art. 12, art. 3 della direttiva 2003/54/CE, D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 1, L. n. 239 del 2004, art. 1 atteso che, pur essendo condivisibile l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui la priorità riconosciuta alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili deve essere bilanciata con altri valori ambientali soggetti a salvaguardia da parte della Comunità, non corretta risulterebbe tuttavia l’applicazione data nel concreto al detto principio.

Ed infatti l’ordinamento europeo avrebbe già predisposto gli strumenti atti ad operare il bilanciamento in questione, con la valutazione di impatto ambientale e le disposizioni di salvaguardia del deflusso minimo vitale, fattori entrambi operanti in sede di autorizzazione dei singoli progetti. La giurisprudenza della Corte Costituzionale formatasi sul punto avrebbe poi dato conferma della correttezza di tale assunto, come analogamente avrebbe deposto nel senso indicato l’emanazione di direttive entrate in vigore anche dopo la pronuncia dell’impugnata sentenza, dalle quali sarebbe emerso un “favor” del diritto europeo nei confronti di progetti di investimento per la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili.

Infine il giudice del merito avrebbe omesso di considerare due circostanze di significativo rilievo, vale a dire: a) che la Corte Costituzionale si sarebbe espressa negativamente circa la legittimità di moratorie sulle domande di autorizzazione alla realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili; b) che 1’interpretazione data alla normativa vigente si sarebbe posta in contrasto con l’effetto utile delle direttive comunitarie, individuabile nello sviluppo costante di tecnologie capaci di generare energie;

3) violazione della L. n. 10 del 1991, art. 5, L.R. n. 23 del 2002, artt. 3, 5, 6, L.R. n. 44 del 2000, artt. 36, 52, D.Lgs. n. 267 del 2000, artt. 19 e 20, D.Lgs. n. 112 del 1998, art. 57 in quanto il legislatore avrebbe conferito alla Regione la funzione di pianificazione energetica, sicchè l’avvenuto riconoscimento di una competenza della Provincia in proposito in ragione dei compiti di attuazione del piano energetico ambientale regionale, “attraverso l’adozione coordinata dei piani e dei programmi di loro competenza” ad essa assegnati, si porrebbe in contrasto con la normativa vigente;

4) violazione delle norme indicate sub 1) e 2) poichè, a fronte di censura avente ad oggetto l’arbitrarietà della misura impugnata, in quanto emanata in base al generico rilievo dello sfruttamento della risorsa idrica e delle domande di nuove derivazioni, il Tribunale Superiore delle Acque avrebbe posto a fondamento della propria decisione la primarietà dell’esigenza di salvaguardia ambientale e la transitorietà della moratoria, così omettendo di rilevare che la Provincia “non possiede alcun potere di limitare con prescrizioni pianificatorie di carattere generale lo sviluppo delle fonti rinnovabili” e che la moratoria disposta dalla Provincia contrasta “con la disciplina europea di promozione di tali fonti di energia”;

5) vizio di motivazione in relazione all’omessa considerazione della correlazione, peraltro delineata dallo stesso atto pianificatorio, “tra il sacrificio imposto dalla Provincia ai nuovi richiedenti e l’inefficienza delle derivazioni preesistenti”;

6) nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., per la mancata rilevazione della circostanza che i motivi aggiunti avrebbero introdotto un nuovo “thema decidendum”, sul quale quindi il giudice del merito non si sarebbe pronunciato;

7) nullità della sentenza per violazione del medesimo art. 112, atteso che il Tribunale Superiore avrebbe considerato la questione relativa al minimo deflusso vitale, in realtà non proposta, e non avrebbe viceversa esaminato quella concernente l’illegittimità della moratoria, che al contrario era stata prospettata.

Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente ha denunciato violazione di legge sostenendo che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale Superiore delle Acque, la Provincia non avrebbe avuto nella specie “il potere di incidere con prescrizioni di carattere generale sul rilascio delle concessioni di derivazione ad uso idroelettrico”.

La censura è fondata.

Al riguardo giova innanzitutto premettere che nel nostro ordinamento non vi sono disposizioni normative che attribuiscano alle Province il detto potere, mentre è altrettanto certo che a tale ente, unitamente alle Regioni ed ai Comuni, sono attribuite le funzioni di pianificazione del territorio (L.R. Piemonte n. 56 del 1977, artt. 2 e 3 e successive modifiche), di concorso con la Regione nella definizione della programmazione in campo territoriale, ambientale ed energetico (L.R. Piemonte n. 44 del 2000, attuativa del D.Lgs. n. 112 del 1998), di tutela e valorizzazione dell’ambiente naturale nella sua integrità, anche mediante la promozione dell’uso corretto delle risorse ambientali (L.R. n. 56 citata, artt. 4 e 5).

La questione che ne discende, dunque, è quella di stabilire se, mancando da un lato una specifica disposizione normativa conferente alla Provincia, la facoltà di adottare misure di carattere generale sulle condizioni per il rilascio delle concessioni di derivazione di acque pubbliche (e di quelle idroelettriche in particolare) e, risultando da un altro l’avvenuta attribuzione al detto ente di un potere pianificatorio sul territorio a tutela dei profili ambientali ed energetici, la contestata delibera n. 25 del 2009 della Provincia del Verbano, Cusio, Ossola, sia stata validamente emessa per la parte che rileva in questa sede.

A tale questione il Collegio ritiene si debba dare risposta negativa.

Ed infatti dall’esame del sistema normativo regionale si evince che la tutela del sistema ambientale è affidato in via principale alla Regione, che opera al fine indicato con l’adozione di piani e di programmi settoriali (L.R. n. 44 del 2000, art. 35), alla cui specificazione ed attuazione le Province concorrono per quanto concerne l’incidenza sul loro territorio (L.R. n. 44 del 2000, art. 36).

Per i programmi di settore è poi previsto che spetti al Piano Territoriale Regionale di definire gli indirizzi generali e settoriali di pianificazione del territorio, mentre è rimesso al Piano Territoriale Provinciale il compito di configurare nel concreto gli assetti conseguenti, in conformità delle indicazioni contenute nel Piano Territoriale Regionale (L.R. n. 56 del 1977, artt. 4 e 5).

Analogamente, in aggiunta alle funzioni amministrative di interesse provinciale nei settori della difesa del suolo, della tutela dell’ambiente, della valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche attribuite alla Provincia, a tale ente è stato anche richiesto di concorrere alla determinazione del piano territoriale di coordinamento che determina gli indirizzi generali di assetto del territorio, demandato alla Regione (D.Lgs. n. 267 del 2000, artt. 19, 20).

Anche con riferimento al potere pianificatorio della Provincia in campo energetico, infine, lo stesso si modella quale concorrente con quello della Regione, nell’ambito della programmazione di competenza (L.R. n. 44 del 2000, art. 36), e trova attuazione attraverso l’adozione coordinata di piani e programmi che consentano la realizzazione delle prescrizioni indicate nel piano regionale energetico ambientale (L.R. n. 23 del 2002, art. 3).

Deve dunque desumersi, alla luce di quanto sinora esposto, che la competenza attribuita dal legislatore alla Provincia sul proprio territorio, in tema ambientale ed energetico, si esplica attraverso la concertazione con la Regione, per quanto concerne la programmazione delle iniziative da adottare nei rispettivi settori, e mediante l’approvazione di piani territoriali, da realizzare in conformità e in sintonia con le indicazioni contenute nel Piano Territoriale Regionale.

Orbene, nel caso in esame non risulta che le misure di salvaguardia finalizzate ad arrestare le iniziative nel campo della produzione idroelettrica introdotte con l’approvazione del Piano della Provincia del Verbano siano aderenti alle prescrizioni contenute nel Piano Territoriale Regionale, nè per vero il giudice del merito ha compiuto alcun esame in proposito. Da ciò conseguentemente discende che il primo motivo di ricorso deve essere accolto, restando assorbiti gli altri, e la sentenza impugnata deve essere conseguentemente cassata con rinvio al Tribunale Superiore delle Acque in diversa composizione, per una nuova delibazione in ordine alla legittimità della Delib. Consiglio Provinciale della Provincia del Verbano Cusio Ossola 2 marzo 2009, n. 25 per la parte di interesse nel presente giudizio. Tale valutazione sarà in particolare effettuata verificando se vi sia o meno sintonia fra le misure attuative adottate sul punto con il Piano Provinciale e gli indirizzi generali e settoriali di pianificazione del territorio contenuti nel Piano Territoriale Regionale, ed accertando inoltre se le contestate prescrizioni siano riconducibili o meno ad autonome iniziative della Provincia, prive di riscontro nel Piano generale della Regione e negli indirizzi ivi delineati.

Il giudice del rinvio provvederà infine anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale superiore delle Acque Pubbliche in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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