Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3017 del 11/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 3017 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: VINCENTI ENZO

SENTENZA
sul ricorso 23245-2008 proposto da:
ENRICO MEIERHOFER S.R.L. (01059080034), in persona del Legale
Rappresentante pro tempore ENRICO MEIERHOFER, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DI PIETRALATA 320, presso lo studio
dell’avvocato MAZZA RICCI GIGLIOLA, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato PIERO OLDRINI, giusta delega
in atti;
– ricorrente contro
OLTOLINA S.P.A.

(00223450131), in persona del legale

rappresentante pro tempore dott. MASSIMO TRABATTONI,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARCELLO PRESTINARI
15, presso lo studio dell’avvocato PATRIZIA MARINO, che lo
rappresenta e difende unitamente agli avvocati DANIELE GIUSTO
e MARCO BASSOLI, giusta delega in atti;
– controrícorrente –

Data pubblicazione: 11/02/2014

avverso la sentenza n. 631/2008 della CORTE D’APPELLO di
TORINO, depositata il 06/05/2008, R.G.N. 532/07;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
del 09/12/2013 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;
udito l’Avvocato PATRIZIA MARINO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. AURELIO GOLIA, che ha concluso per l’inammissibilità o

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza resa pubblica il 6 maggio 2008, la
Corte di appello di Torino, in parziale riforma della
sentenza del Tribunale di Verbania del 20 febbraio 2007,
dichiarava che la Oltolina S.p.A. era tenuta nei confronti
della Meierhofer Enrico s.r.l. al pagamento di interessi
“unicamente nella misura legale”, con conseguente condanna
della seconda società a restituire alla prima quanto pagato
in eccesso per tale titolo.
1.1. – La Corte territoriale – per ciò che ancora
interessa in questa sede – escludeva che potesse riconoscersi
la forma scritta di cui all’art. 1284 cod. civ., necessaria
per la determinazione degli interessi al tasso ultralegale
(nella specie, nella misura di sei punti oltre il tasso BCE
sui crediti scaduti), nelle conferme degli ordini di acquisto
(denominate “contratti tipo per filati cotonieri”), inviati
dalla Méierhofer s.r.l. alla Oltolina S.p.A., contenenti una
nota, “formalizzata addirittura dopo la firma del venditore”,
con la dizione: “in
addebitati

gli

caso

di ritardato pagamento verranno

interessi di acontc, dl 6% oltre il tasso

ufficiale di sconto vigente”. Conferme di ordini
sottoscritte, per l’appunto, dal venditore ma non
dall’acquirente, là dove, come detto, il primo non aveva
neppure apposto la firma in calce alla nota indicante gli
interessi ultralegali.
Sicché, osservava il giudice del gravame, non si era
concluso alcun patto relativo agli interessi convenzionali in
2

il rigetto del ricorso.

misura superiore a quella legale, che, in ragione della
necessaria forma scritta ad substantiam, non poteva ritenersi
definito per “fatti concludenti”, come invece erroneamente
opinato dal primo giudice.
2. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre la
Méierhofer Enrico s.r.l. sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso la Oltolina S.p.A.

l. – Con il primo mezzo è denunciata violazione e/o
falsa applicazione degli artt. 1326, ultimo comma, 1175,
1176, 1337 cod. civ. in relazione all’art. 1284, ultimo
coma, cod. civ.
La Corte territoriale avrebbe errato ad escludere la
débenza in capo alla Oltolina S.p.A. di interessi ultralegali
siccome precisamente determinati nelle conferme di ordine
che, per “ben undici volte”, essa Meierhofer s.r.l. aveva ad
essa inviato, posto che, una volta determinata per iscritto
la misura di detti interessi, non era necessaria una apposita
sottoscrizione, non trattandosi neppure di clausola
vessatoria ex art. 1341 cod. civ.
Peraltro, il giudice di appello avrebbe dovuto
considerare anche il particolare sviluppo della vicenda
contrattuale, per cui la Oltolina S.p.A. per ben undici volte
aveva dato seguito alle conferme degli ordini, contravvenendo
poi agli obblighi di buona fede e correttezza nel negare di
essere debitrice degli interessi ultralegali.
Infine, la Corte territoriale non avrebbe “letto con
attenzione i documenti prodotti” in giudizio, ritenendo
“riduttivamente, ma ingiustificatamente” che essi
riguardassero “mere conferme d’ordine”, mentre si trattava di
“contratti-tipo per filati cotonieri”; così come sarebbe
contraddittoria la lettura fatta della sentenza di primo
grado, non avendo attribuito il Tribunale “uguale rilevanza
ai fatti concludenti che connotavano il perfezionamento della

3

CONSIDERATO IN DIRITTO

transazione” ed a quelli sulla pattuizione relativa agli
interessi convenzionali.
Viene, quindi, formulato il seguente quesito ex art.
366-bis cod. proc. civ.: «Si chiede all’Ecc.ma Corte di
Cassazione se la “determinazione” per iscritto degli
interessi ultralegali ex art. 1284 u.c.

c.c.

richieda anche

una approvazione scritta oppure se sia sufficiente

e se la loro approvazione possa ritenersi raggiunta per fatti
concludenti inequivocabili e reiterati ricavabili dal
comportamento della controparte che non abbia agito secondo
la buona fede nella contrattazione (art. 1337 c.c.) e secondo
le regole della correttezza (artt. 1175, 1176 c.c.)».
1.1. – Il motivo è infondato, per la parte in cui non è
inammissibile.
Esso è infondato là dove censura la decisione della
Corte territoriale che ha escluso che la convenzione sugli
interessi determinati in misura superiore al tasso legale, ex
art. 1284, terzo comma, cod. civ., possa concludersi anche
per

facta

concludentia,

ove sia mancata – come accertato

dallo stesso giudice di gravame – la sottoscrizione di
entrambe le parti della relativa clausola.
E’ difatti principio consolidato quello che interpreta
il terzo comma dell’art. 1284 cod. civ. nel senso che per la
costituzione dell’obbligo di pagare interessi in misura
superiore a quella legale è necessaria la forma scritta ad
substantiam (tra le tante, Cass., 21 giugno 2002, n. 9080;
Cass., 20 ottobre 2003, n. 15643; Cass., 11 gennaio 2006, n.
266). Con la conseguenza che, in assenza di accordo sul
punto, per mancata sottoscrizione del relativo patto da parte
di entrambi i contraenti, non può ritenersi che lo stesso
possa validamente spiegare effetto in ragione di una sua
conclusione per facta concludentia, che non è ammissibile in
ipotesi, come quella di specie, di forma imposta a pena di
nullità del negozio (solo per la parte corrispondente alla
4

l’indicazione scritta del criterio di calcolo degli interessi

differenza tra il tasso legale e quello convenuto), in
considerazione della natura imperativa della norma che lo
contempla.
Per il resto il motivo censura l’accertamento compiuto
dalla Corte territoriale in ordine alla mancata conclusione
della convenzione sugli interessi ultralegali, sicché, non
essendo la doglianza veicolata ai sensi dell’art. 360, primo

quesito “di fatto” (o, altrimenti, detto “di sintesi”) ai
sensi del capoverso dell’art. 366-bis cod. proc. civ.
(secondo l’interpretazione del “diritto vivente”: tra le
altre, Cass., 16 luglio 2007, n. 16002; Cass., sez. un., 1 0
ottobre 2007, n. 20603; Cass., 30 dicembre 2009, n. 27680;
Cass., 18 novembre 2011, n. 24255), essa è

in parte qua

inammissibile, come, peraltro, lo è anche in ragione della
non consentita rivalutazione, alternativa a quella espressa
dal giudice del merito, delle emergenze probatorie in
funzione esegetica della disciplina convenzionale intercorsa
tre le parti.
2. – Con il secondo mezzo è dedotta violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 1326, ultimo comma, cod. civ.,
“neppure preso in considerazione dalla C.d.A.”.
La Corte territoriale non avrebbe in alcun modo
considerato, alla luce dell’ignorato ultimo comma dell’art.
1326 cod. civ., che, a fronte della circostanza, ripetutasi
per ben undici volte, per cui la Meierhofer s.r.l. aveva
inviato la merce alla Oltolina S.p.A. e quest’ultima “la
tratteneva senza obiezione alcuna”, che si era verificata
l’accettazione del contratto di vendita, che comprendeva
anche la clausola relativa agli interessi ultralegali.
Viene, quindi, formulato il seguente quesito ex art.
366-bis cod. proc. civ.: “Si chiede all’Ecc.ma Corte di
Cassazione se nel caso di una proposta non conforme ad una
accettazione mediante l’invio di un contratto contenente
condizioni assenti nella proposta, il comportamento posto in
5

comma, n. 5, cod. proc. civ. e, come tale, corredata da

essere dal primo proponente che nulla abbia obiettato
limitandosi a trattenere la merce in un contesto di plurime
ripetizioni dell’azione, si possa considerare come
accettazione del contratto e delle condizioni in esso
contenute ex art. 1326 u.c. c.c.”.
2.1. – Il motivo non può trovare accoglimento.
La ricorrente, anche in questo caso, come in parte con

violazione di norma di diritto una doglianza che impinge
sostanzialmente sul vizio di motivazione della sentenza
impugnata, proponendo una lettura delle risultanze
istruttorie in punto di conclusione dei contratti di vendita
intercorsi tra le parti alternativa a quella fornita dalla
Corte territoriale nell’esercizio dei suoi poteri di
apprezzamento a fini di esegesi contrattuale. Sicché, oltre
ad essere di per sé inammissibile la surrettizia sostituzione
nei poteri riservati al giudice del merito, la censura
sarebbe comunque priva del necessario corredo del quesito “di
fatto” imposto dall’art. 366-bis cod. proc. civ., non potendo
con esso confondersi quello formulato – e sopra trascritto che è orientato a veicolare un error in indicando.
Peraltro, la doglianza sarebbe in ogni caso priva di
consistenza, posto che con essa si insiste a sostenere la
validità ed efficacia di una conclusione per fatti
concludenti della convenzione sugli interessi ultralegali,
siccome contenuta in un contratto di vendita che in tal modo
sarebbe stato validamente concluso tra le parti, là dove come si è visto in sede di scrutinio del primo motivo – ciò
la Corte territoriale ha esplicitamente negato, in armonia
con le coordinate giuridiche della materia.
3. – Il ricorso va, dunque, rigettato e la società
ricorrente, in quanto soccombente, condannata al pagamento,
in favore della società controricorrente, delle spese del
presente giudizio di legittimità, come liquidate in
dispositivo.

6

la prima censura, ha veicolato sotto il profilo della

PER QUESTI marrvI
LA CORTE
rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità,
che liquida, in favore della

società controricorrente, in

complessivi euro 4.000,00, di cui euro 200,00, per esborsi,
oltre accessori di legge.

Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, in
data 9 dicembre 2013.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della

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