Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3017 del 10/02/2010

Cassazione civile sez. II, 10/02/2010, (ud. 12/01/2010, dep. 10/02/2010), n.3017

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24423/2004 proposto da:

A.M.R.G. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, V. AUGUSTO RIBOTY 23, presso lo studio

dell’avvocato PETRONCINI CATERINA, rappresentata e difesa

dall’avvocato DI BARTOLO Andrea;

– ricorrente –

e contro

G.F.P.E. (OMISSIS), S.

A. (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 812/2003 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 22/09/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

12/01/2010 dal Consigliere Dott. LUIGI PICCIALLI;

udito l’Avvocato DI BARTOLO Andrea, difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 28.5.96 G.F.P.E. e S.A. citarono al giudizio del Tribunale di A.M. M., quale erede di F.A., esponendo che con quest’ultima avevano stipulato il (OMISSIS) un contratto preliminare, prevedente la vendita ad essi attori di un immobile (casa e terreno) sito in Pantelleria,per il prezzo di L. 100.000.000 di cui L. 20.000.000 versate a titolo di caparra confirmatoria, convenendo altri due acconti, in misura da stabilirsi, per i successivi (OMISSIS), ed il saldo alla stipula del definitivo, entro il (OMISSIS), dichiarando la promittente venditrice ai fini della L. n. 47 del 1985, art. 40, che il fabbricato era stato costruito prima del (OMISSIS) e che nessuna ulteriore opera,necessitante di licenza o concessione edilizia era stata successivamente realizzata. Ascrivendo alla convenuta l’ingiustificato rifiuto di addivenire alla stipula della compravendita, chiesero la pronunzia di sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., o, in subordine, l’accertamento del loro diritto di recesso, con condanna della medesima al pagamento della somma di L. 70.000.000, comprensiva della doppia caparra e degli ulteriori acconti per L. 30.000.000, oltre rivalutazione ed interessi legali.

A tale domanda si oppose, nel costituirsi, la convenuta, chiedendo in via riconvenzionale dichiararsi la legittimità del proprio recesso e del diritto a trattenere la caparra, con condanna dei promissari acquirenti alla restituzione dell’immobile ed al pagamento di un’ indennità per la relativa occupazione.

All’esito di istruttoria documentale, con sentenza dell’8.9.99 il Tribunale dispose il trasferimento dell’immobile in proprietà degli attori, previo versamento della somma di L. 50.000.000.

Proposto appello dalla soccombente, nella contumacia dei non costituiti appellati la Corte di Palermo con sentenza del 28.3- 22.9.03 rigettò il gravame.

La conferma della decisione di primo grado veniva motivata nei seguenti essenziali termini:

a) inapplicabilità alla fattispecie della L. n. 47 del 1985, art. 18, non vertendosi in ipotesi di lottizzazione di terreni a scopo edificatorio;

b) inapplicabilità degli artt. 17 e 40 L. cit., vertendosi in ipotesi di immobile costruito anteriormente al (OMISSIS) e non successivamente modificato da opere richiedenti licenza o concessione, come attestato in seno al contratto dalla parte prominente;

c) ascrivibilità alla A. della mancata esecuzione del preliminare, poichè, dopo la scadenza convenzionale del 31.8.94 e la morte della F. la convenuta, invitata con atto stragiudiziale notificato il 25.1.95 a stipulare il contratto definitivo, previa riscossione di quanto ancora dovutole, e a recarsi presso un notaio di (OMISSIS) per consegnargli la documentazione necessaria al convenuto trasferimento, era rimasta inottemperante, con conseguente fondatezza della successiva domanda giudiziale accompagnata dall’offerta, del saldo.

Avverso tale sentenza la A. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrati da successiva memoria.

La S. ed il G. (nei confronti del quale,a seguito di ordinanza interlocutoria, ottemperata dalla ricorrente, è stata rinnovata la notificazione del ricorso), non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso vengono dedotte “nullità ed inefficacia …della decisione, costitutiva, di trasferimento, ex art. 2932 c.c., del compendio immobiliare, consistente in fabbricati, abitativo e con diversa destinazione…nonchè lotto di terreno..”, sotto tre distinti profili: a) per mancata esibizione ed allegazione del certificato di destinazione urbanistica,prevista dalla L. n. 47 del 1985, art. 18, “particolarmente, in punto di lotto di terreno costituente unità immobiliare a sè stante”; b) per mancato deposito della residua somma nei modi e termini previsti dalla sentenza di primo grado, inadempimento dei contumaci appellati che avrebbe dovuto essere rilevato di ufficio dai giudici di appello; c) per mancanza di serietà dell’offerta della “controprestazione numeraria, manifestata tramite dichiarazione di disponibilità dei promissori acquirenti al deposito del corrispettivo residuo”, desumibile dalla persistenza dell’inadempimento.

Il motivo non merita accoglimento.

Il primo profilo di censura è inammissibile, deducendo una questione nuova, secondo la quale oggetto del contratto preliminare di compravendita sarebbero state due distinte unità immobiliari. Detta questione, infatti, non risulta proposta anche nei giudizi di merito, nei quali la controversia,come si desume dalla sentenza impugnata (v.

conclusioni dell’appellante trascritte in epigrafe e “svolgimento del processo” a pag. 4), nonchè dalla narrativa dello stesso ricorsola avuto ad oggetto il “compendio immobiliare urbano …costituito da fabbricato abitativo, con annesso terreno pertinenziale” (pag. 2 del ricorso).

Tale essendo, secondo la prospettazione di ambo le parti ai giudici di merito, la natura del bene oggetto del controverso trasferimento, correttamente la corte territoriale ha ritenuto non pertinente il richiamo alla L. n. 47 del 1985, art. 18, disposizione che, finalizzata ad evitare lottizzazioni abusive, non trova applicazione nei casi in cui i beni da trasferire siano costituiti da unità immobiliari urbane, ancorchè comprensive di terreni pertinenziali annessi, il cui regime giuridico segue quello del bene principale, costituito dal fabbricato.

E’ appena il caso, a tal proposito, di evidenziare come l’accertamento dell’autonomia del terreno rispetto al fabbricato implicherebbe un’indagine di fatto che, non compiuta in sede di merito in mancanza della relativa deduzione, non può essere compiuta in quella di legittimità, neppure in funzione di una nullità, il cui rilievo di ufficio da parte di questa Corte potrebbe, se del caso, avvenire solo sulla base delle risultanze emergenti dalla sentenza di merito o di incontroverse deduzioni fattuali delle parti.

Non miglior sorte meritano i rimanenti, strettamente connessi, profili di censura, anch’essi basati su una doglianza, quella secondo cui i promissari acquirenti non avrebbero provveduto al pagamento o alla formale offerta del residuo prezzo entro il termine stabilito dalla sentenza di primo grado, che non risulta esseri; stata esposta nel corso del giudizio di secondo grado.

Di tale deduzione non vi è traccia nella sentenza impugnata (in particolare nelle conclusioni trascritte in epigrafe, sub 2, la richiesta di dichiarare inadempienti gli appellati per mancato pagamento del saldo risulta riferita esclusivamente al termine contrattuale del 31.8.94), nè nella narrativa del ricorso; sicchè non si vede come i giudici di appello avrebbero potuto occuparsene, non essendo stata la stessa ai medesimi sottoposta ed in assenza di alcun obbligo di rilievo di ufficio al riguardo, tanto più ove si consideri che l’inottemperanza all’onere sinallagmatico prescritto dal primo giudice non poteva tradursi in un motivo di gravame avverso la decisione dello stesso, ma soltanto comportasse del caso, l’inefficacia del relativo titolo esecutivo.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce “insussistenza dei presupposti di legge posti a fondamento delle sentenze in grado di merito ed omessa,insufficiente e/o errata valutazione di elementi essenziali ai fini della decisione”, per avere i giudici di merito,incorrendo in “distorte interpretazioni valutative”, omesso di rilevare che la mancata stipulazione dell’atto di compravendita era imputabile alla promittente venditrice, e per essa alla sua avente causa a titolo ereditario, bensì agli attori promissari acquirenti, non essendo risultata la disponibilità di questi ultimi alla stipula entro il termine convenzionale del 31.8.94, nè potendo tenersi conto del termine al riguardo intimato nella successiva diffida ad adempiere, che non era stata preceduta o accompagnata dal pagamento del residuo prezzo, nè conteneva una seria manifestazione di adempiere la relativa obbligazione, già da tempo scaduta. Sarebbe anche mancataci fini della valutazione dell’eccezione d’inadempimento sollevata dalla parte convenuta, ogni considerazione in ordine all’essenzialità del termine ed al comportamento, non in buona fede, dei promissari acquirenti, che pur immessi nel godimento del bene, avevano persistito nel mancato pagamento suddetto.

Neppure tale motivo merita accoglimento, risolvendosi in una serie di doglianze, generiche o in fatto,avverso la ricostruzione della vicenda compiuta dai giudici di merito ed alla conseguente valutazione dei comportamenti delle parti, che, adeguatamente motivata ed esente da vizi logici di sorta, si sottrae ad ogni censura nella presente sede di legittimità.

Premesso che il profilo di censura, deducente l’essenzialità del termine, è inammissibile, sia perchè non risulta, nè viene dedotto, che sia stato anche proposto in sede di meritoria perchè si risolve in una mera asserzione, non corredata dall’indicazione di alcun elemento conferente ai fini della tesi che la scadenza fosse stata, nell’interesse dell’una e/o dell’altra parte, prevista con carattere di essenzialità ai sensi dell’art. 1457 c.c., deve ritenersi che del tutto correttamente i giudici di merito hanno ritenuto che, pur essendo scaduto, alla data del 31.8.94, il termine per la stipulazione del contratto definitivo previsto in quello preliminare, le obbligazioni delle parti previste in tale negozio fossero ancora in piedi (l’eventuale risoluzione di diritto avrebbe potuto far seguito solo ad una vana diffida ad adempiere ex art. 1454 c.c., nella specie non intimata, dall’una o dall’altra parte) e soggette, salvo che per la data del relativo adempimento,alla disciplina convenzionale ivi stabilita.

Prevedendo tale convenzione che il pagamento del saldo del prezzo dovesse avvenire contestualmente alla stipulazione dell’atto pubblico di compravendita, non hanno errato i giudici di merito nel ritenere non dovuto dai promissari acquirenti il pagamento del residuo prezzo prima di tale stipulazione e, pertanto, nel considerare valida ed efficace la successiva intimazione ad adempiere, contenente il formale invito ad addivenire alla stipulazione presso lo studio di un notaio, dai promissari acquirenti notificata alla controparte, per significare il proprio persistente interesse al non ancora avvenuto trasferimento del bene e,nel contempo, la disponibilità ad adempiere la residua controprestazione.

Poichè in quella occasione, e non prima, sarebbe dovuto avvenire, in considerazione dell’abbinamento convenzionalmente previsto ab originerei pagamento, correttamente i giudici territoriali hanno ritenuto di non poter dubitare della serietà della relativa offerta contenuta nella diffida suddetta, posto che al momento della stipula, e solo allora, la promittente venditrice ben avrebbe potuto rifiutarsi se non vi fosse stata la contestuale corresponsione della somma ancora dovutale; coerentemente, pertanto, in conformità a consolidato principio della giurisprudenza di questa Corte l’effetto traslativo della decisione è stato subordinato al pagamento del saldo (in tal senso v. tra le altre Cass. n. 12556/00, 11695/99, 1077/95, 19176/00, 16822/03, 14378/04).

Generico ed in fatto è, infine, il profilo di censura deducente la violazione del principio di buona fede, in un contesto nel quale, come accertata dai giudici di merito, l’immissione anticipata dei promittenti venditori era convenzionalmente prevista e correlata all’avvenuta corresponsione di acconti pari alla metà del prezzo di acquisto, mentre la mancata stipulazione del contratto definitivo nel termine previsto nel preliminare, con contestuale saldo, era stato dovuto ad inerzia di entrambe le parti e non a malizioso comportamento, rilevante ex art. 1375 c.c., dei promissari acquirenti, soli attivatisi, qualche mese dopo e successivamente al decesso della promittente venditrice, per il perfezionamento della vicenda negoziale.

Il terzo motivo, genericamente deducente “violazione ed erronea applicazione delle norme di legge, vigenti in materia”, ripropone mutatis verbis censure, relative alla necessità di preventivo pagamento,alla non serietà della successiva offerta di adempimento ed alla mancata ottemperanza all’obbligazione di versamento del residuo prezzo,prevista nella sentenza di primo grado quale condizione del trasferimento ex art. art. 2932 c.c., già contenute nei precedenti motivi d’impugnazione e, pertanto, non può che condividerne la reiezione per le ragioni rispettivamente esposte.

Il ricorso va, in definitiva, respinto; nulle sulle spese, in assenza di controparti costituite.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2010

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