Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30168 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. un., 30/12/2011, (ud. 14/06/2011, dep. 30/12/2011), n.30168

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Primo Presidente f.f. –

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente di sezione –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.G., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DEI

NAVIGATORI 7/L, presso lo studio dell’avvocato RECCHIA CARLO,

rappresentata e difesa dall’avvocato POLIDORI CARLO, per delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE (A.U.S.L.) (OMISSIS), in persona

del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA COSTANTINO MORIN 1, presso lo studio dell’avvocato MAGGISANO

ANDREA C, che la rappresenta e difende, per delega in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8670/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 12/09/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2011 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA SAN GIORGIO;

uditi gli avvocati Giulio MUNDULA per delega dell’avvocato Carlo

Polidori, Raffaele VERSACE per delega dell’avvocato Andrea C.

Maggisano;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. CENICCOLA

Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Con ricorso ex art. 414 cod. proc. civ. al Tribunale di Tivoli, D.G., dipendente della ASL RM (OMISSIS) di Tivoli quale infermiera di sala operatoria, premesso di essere stata classificata tra il personale professionalmente esposto al rischio radiologico e di aver percepito il beneficio dell’indennità mensile e del congedo suppletivo fino al mese di ottobre 1989, espose che a partire da quella data la USL locale aveva cessato di erogarle detti benefici, e che per tale ragione ella aveva ripetutamente intimato alla predetta ASL e alla Regione Lazio, senza esito, di riprendere la erogazione, sicchè aveva adito il TAR del Lazio, che, con sentenza del 12 dicembre 2001, aveva dichiarato la illegittimità del silenzio rifiuto serbato dall’Azienda USL Roma (OMISSIS) sulla istanza diffida dell’11 giugno 1997. Tuttavia, l’Amministrazione non aveva ottemperato a tale decisum, e solo dopo una successiva diffida del 2002 ad adempiere, con nota del 13 febbraio 2003 aveva chiarito la propria posizione sulla vicenda, rigettando la domanda. Pertanto, la ricorrente chiese l’accertamento del proprio diritto a percepire le indennità richieste, e, per l’effetto, la condanna della Azienda al pagamento in suo favore della somma di Euro 20.184,26, oltre accessori.

2. – Il Tribunale adito, in accoglimento della eccezione pregiudiziale sollevata dall’Azienda USL RM (OMISSIS), dichiarò il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, essendo la fattispecie costitutiva del diritto anteriore al giugno 1998, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo.

Avverso tale sentenza propose appello la D., deducendo che si trattava, nella specie, di una ipotesi di prolungato inadempimento della ASL, e, quindi, di comportamento illecito permanente del datore di lavoro, e che, pertanto, ai fini del discrimine temporale tra giurisdizione ordinaria e amministrativa, occorreva aver riguardo al momento della cessazione della permanenza. Nella specie, essendosi l’azione lesiva protratta oltre il giugno 1998, sussisteva, ad avviso dell’appellante, la giurisdizione del giudice ordinario.

3. – La Corte d’appello di Roma, Sez. lavoro e previdenza, con sentenza depositata il 12 settembre 2009, respinse l’appello, osservando che la pretesa azionata era limitata alla mancata erogazione delle indennità non percepite fino al giugno 1994. La inottemperanza alla sentenza del TAR del Lazio del 2001, peraltro non prodotta in giudizio, avrebbe dovuto costituire oggetto di un giudizio di ottemperanza dinanzi al giudice amministrativo. Il giudice ordinario – osservò la Corte di merito – può essere adito in alternativa al ricorso per ottemperanza innanzi al giudice amministrativo in tema di crediti nascenti da un rapporto di impiego pubblico giudizialmente riconosciuto, ai fini dell’attuazione di un giudicato amministrativo, solo in sede esecutiva, nell’ipotesi in cui sia possibile procedere ad esecuzione forzata per la presenza di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile, e non ove sia necessario un ulteriore giudizio di cognizione al fine di determinare esattamente il credito. Nella specie, non solo non si conosceva il contenuto della sentenza del TAR del Lazio, nè il suo eventuale passaggio in giudicato, ma non risultava che essa avesse già determinato il credito della lavoratrice, la quale, infatti, nel giudizio in corso, ne aveva chiesto l’accertamento e la liquidazione.

4. – Per fa cassazione di tale sentenza ricorre la signora D. sulla base di un unico motivo, illustrato anche da successiva memoria. Resiste con controricorso l’Azienda Unita sanitaria locale RM (OMISSIS).

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo di ricorso si deduce la erronea declaratoria di carenza di giurisdizione del giudice ordinario, in base al riparto stabilito dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, e dal precedente D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 45, comma 17. Osserva la ricorrente che solo a seguito della sentenza del T.A.R. del Lazio che dichiarava la illegittimità del silenzio rifiuto della p.a. sulla diffida del 1997 volta ad ottenere la corresponsione dell’indennità per rischio radiologico ed il congedo suppletivo a decorrere dal mese di novembre 1989, e dopo una successiva diffida del 2002 ad ottemperare alla citata sentenza, l’Amministrazione, con nota del 13 febbraio 2003, aveva definito la propria posizione sulla vicenda, rigettando la domanda di corresponsione dei richiesti benefici.

Dunque, solo da quella data si era chiarito che l’amministrazione non avrebbe più inserito la ricorrente tra i lavoratori esposti al rischio radiologico, nè, di conseguenza, ad erogare in suo favore le corrispondenti indennità. Pertanto, la fattispecie non era riconducibile ad una mera questione retributiva esaurita nel 1998, trattandosi, invece, di una vexata quaestio circa il diritto della ricorrente, come di altri lavoratori, ad ottenere determinati benefici economici, connessi alla tutela della salute, all’esito di verifiche, ai sensi della normativa concernente la sicurezza sul lavoro, circa l’esposizione al c.d. rischio radiologico. Si trattava, in definitiva, di accertare il diritto della D. ad ottenere le provvidenze in questione se ed in quanto esposta al rischio di radiazioni. L’Azienda, dal 1997, anno della prima diffida, sino al 2003, anno in cui aveva fornito una risposta, aveva posto in essere un comportamento integrante un illecito permanente. In tale situazione, avrebbe errato la Corte d’appello di Roma, Sez. Lavoro e Previdenza, nel dichiarare la propria carenza di giurisdizione, così fornendo una interpretazione non corretta del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, e del precedente D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 45, comma 17. Essa, infatti, nel verificare se la questione attinente al rapporto di lavoro fosse o meno antecedente alla data del 30 giugno 1998, non si sarebbe dovuta limitare a considerare la data della nascita del diritto e la sua cessazione, ma avrebbe dovuto esaminare le circostanze in relazione alle quali era insorta la controversia, e la permanenza dell’illecito comportamento dell’amministrazione.

2.1. – La censura è infondata.

2.2. – Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, che trasferisce al giudice ordinario le controversie in materie di pubblico impiego privatizzato, fissa il discrimine temporale per il passaggio dalla giurisdizione amministrativa a quella ordinaria, alla data de 30 giugno 1998, con riferimento al momento storico dell’avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze, in relazione alla cui giuridica rilevanza sia insorta controversia.

Dunque, il necessario presupposto di ogni collegamento della lite che abbia ad oggetto obbligazioni nascenti dal rapporto di lavoro alle dipendenze della P.A. con la giurisdizione del giudice ordinario che abbia ad oggetto obbligazioni è la sussistenza di un segmento di detto rapporto collocabile dopo il 30 giugno 1998 (v., tra le altre, Cass. S.U., sent. 4/8/2010, n. 18049, ordd. 27/1/2011, n. 1877 e 9/9/2010, n. 19252).

2.3. – La decisione impugnata ha fatto corretta applicazione di tale principio, escludendo la rilevanza della permanenza degli effetti o della formazione di un provvedimento amministrativo certo di esclusione da un beneficio in data successiva al 30 giugno 1998.

3. – Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato. Le spese del giudizio, che vengono liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza, e vanno, pertanto, poste a carico della ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 3200,00, di cui Euro 3000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite civili, il 14 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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