Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30166 del 20/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 20/11/2019, (ud. 12/09/2019, dep. 20/11/2019), n.30166

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sui ricorso 3501-2017 proposto da:

TEORA 2005 SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUDOVISI 35,

presso lo studio dell’avvocato MASSIMO LAURO, rappresentato e difeso

dall’avvocato DAVID BACECCI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DEL TERRITORIO, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso sentenza n. 4179/2016 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 27/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

l2/09/2019 dal Consigliere Dott. RITA RUSSO.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. – La società TEORA propone ricorso avverso l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia di Roma con il quale è stata rettificata la rendita catastale in cinque unità immobiliari di sua proprietà in Tivoli. Gli immobili fanno parte di un fabbricato di nuova costruzione e con procedura DOCFA era stato proposto il classamento in categoria A/2 classe 1; l’Ufficio lo ha rettificato in categoria A/2 classe 2. La ricorrente eccepisce il difetto di motivazione dell’avviso. La CTP respinge il ricorso, e la CTR adita in appello, con sentenza depositata in data 27 giugno 2016, conferma il rigetto, osservando che la rettifica è stata fatta rispetto alla rendita proposta con procedura DOCFA.

2) Ricorre per cassazione la società affidandosi a tre motivi. Si costituisce l’Agenzia presentando controricorso.

Diritto

RITENUTO

Che:

3. – Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 4 e dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, nonchè l’omessa motivazione. Si tratta di un motivo estremamente sintetico con il quale la parte lamenta che la CTR è venuta meno all’obbligo motivazionale non avendo enunciato neanche in maniera concisa e per relationem le ragioni di fatto e diritto in forza delle quali non ha accolto l’appello. La parte specifica altresì che ai fini del requisito dell’autosufficienza del ricorso null’altro può dire poichè nella sentenza impugnata “non vi è un passo, una parola, che possa essere riconducibile alla censura di omessa motivazione dell’avviso di accertamento”. Il motivo è infondato: La CTR ha espresso le ragioni del rigetto chiarendo che nella specie si è in presenza di una procedura DOCFA caratterizzata dalla collaborazione con il contribuente, e facendo riferimento altresì alla giurisprudenza di questa Corte, ha citato la sentenza n. 21505/2010, al cui orientamento la CTR dichiara di uniformarsi. Inoltre la CTR ha specificato che la questione posta dalla parte relativa alla “menzione dei rapporti tra valore di mercato e catastale nella zona di riferimento” non è pertinente trattandosi un immobile a “categoria ordinaria” cui non si applica la metodologia di classificazione indicata dalla parte. La motivazione sulle censure della parte è stata quindi resa.

2. – Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 6 e art. 7, comma 1, in relazione alla L. n. 241 del 1990, art. 3 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Il ricorrente deduce che erroneamente il giudice di appello ha ritenuto che fosse adeguatamente motivato l’avviso di accertamento, posto che la giurisprudenza più recente della Suprema Corte richiede che gli accertamenti che comportano un diverso classamento dell’unità immobiliare se non adeguatamente motivati sono nulli. Cita all’uopo le sentenze di questa Corte n. 3156, 4712 e 6593 dell’anno 2015. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 61, del D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335 e 336, della L. n. 662 del 1996, art. 3 e del D.M. n. 701 del 1994, art. 1. Il ricorrente deduce che i giudici di merito hanno violato l’art. 116 c.p.c. nel ritenere che la parte non abbia fornito elementi probatori idonei alla riforma della sentenza impugnata, perchè invece la società ha depositato una perizia corredata da documentazione fotografica e dai certificati catastali relativi agli immobili adiacenti e facenti parte della microzona. Ciò al fine di dimostrare la correttezza della classificazione proposta dalla società, mentre l’Agenzia avrebbe invece totalmente omesso di porre come termini di comparazione gli immobili esistenti nella microzona.

I motivi possono esaminarsi congiuntamente, perchè collegati e sono infondati.

I precedenti di giurisprudenza citati dalla parte sono tutti relativi a procedure di mutamento del classamento ai sensi della L. n. 211 del 2004, art. 1, comma 335, che è una ipotesi ben diversa dal classamento mediante DOCFA. La parte incorre nell’errore di non distinguere tra le due ipotesi, e tralasciando di considerare che nell’uno e nell’altro caso sono richiesti standard motivazionali diversi; la CTR ha già chiarito alla parte che vi è differenza tra il classamento con procedura DOCFA, qual è quello di cui si tratta nel caso di specie, e il riclassamento che muove dall’iniziativa dell’Ufficio, con il quale si muta un classamento già attribuito. Il giudice di appello ha fatto riferimento nella sua motivazione ad un precedente di questa Corte che enuncia un principio consolidato e cioè che nella procedura DOCFA l’obbligo di motivazione è assolto facendo riferimento agli stessi dati proposti dal contribuente, anche diversamente valutati, perchè è una procedura collaborativa (Cass. 21505/2010). E’ stato inoltre affermato da questa Corte che nella procedura DOCFA l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni (Cass. 31809/2018; Cass. 12777/2018). Di contro, nel procedimento di riclassamento ai sensi dell’art. 1, comma 335 cit., l’Ufficio ha un obbligo di motivazione più rigoroso, in tal caso la dilatazione della componente motivazionale si giustifica per il fatto che, andando ad incidere su valutazioni che si presumono già verificate in termini di congruità, è necessario mettere in evidenza gli elementi di discontinuità che ne legittimano la variazione (Cass. 19990/2019).

Ciò è stato già esplicitato dalla CTR nella sua sentenza che si è correttamente attenuta a questi principi; il giudice d’appello ha peraltro anche motivato sulla ragione per la quale ritiene inconferente il riferimento ai valori nella microzona, fatto dalla parte, affermando che l’immobile va classificato con diversa metodologia. Infondato è quindi anche il rilievo contenuto nel terzo motivo, ove si richiama l’art. 1, comma 335 cit. e si lamenta l’omessa valutazione di una perizia che fa riferimento i valori rilevati nella microzona, dato ritenuto irrilevante dalla CTR. Nel richiamarsi all’art. 1, comma 335 cit., la parte imposta erroneamente la questione, perchè pacificamente emerge dagli atti che non è questa una ipotesi di modifica del classamento ai sensi dell’art. 1, comma 335 cit., ma la diversa ipotesi di (primo) classamento con procedura DOCFA, cui si applica i principi sopra emarginati ai quali la CTR si è attenuta. Quanto poi alla valutazione nel merito delle prove, si tratta di un giudizio di fatto incensurabile in questa sede.

Ne consegue il rigetto del ricorso.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.050,00 oltre rimborso spese forfetarie ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2019

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