Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30164 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. I, 30/12/2011, (ud. 07/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30164

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.B.A., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la

cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difesa

dall’avv. Leonardi Riccardo, del foro di Ancona, per procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Cort di appello dell’Aquila in data 11

gennaio 2007, nel procedimento n. 247/06;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio in

data 7 dicembre 2011 dal relatore, cons. Stefano Schirò;

alla presenza del Pubblico ministero, in persona del sostituto

procuratore generale, dott. APICE Umberto.

Fatto

FATTO E DIRITTO

LA CORTE:

A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti:

“IL CONSIGLIERE RELATORE, letti gli atti depositati;

RITENUTO CHE:

1. D.B.A. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto in data 11 gennaio 2007, con il quale la Corte di appello dell’Aquila ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento in favore della menzionata ricorrente della somma di Euro 2.000,00, a titolo di indennizzo per il superamento del termine di ragionevole durata di un processo penale per lesioni volontarie in suo danno, promosso dal Procuratore della Repubblica di Ancona il 30 luglio 1999 e definito in grado di appello con sentenza del 14 marzo 2006;

1.1. il Ministero intimato ha resistito con controricorso;

OSSERVA:

2. la Corte di appello dell’Aquila ha accolto la domanda nella misura di Euro 2.000,00, a titolo di indennizzo del solo danno non patrimoniale, avendo accertato una durata del processo superiore di due anni al termine ragionevole;

3. la ricorrente censura il decreto impugnato, proponendo tre motivi di ricorso, con i quali lamenta:

3.1. il calcolo dell’equo indennizzo solo con riferimento, con insufficiente e/o omessa motivazione, al periodo eccedente la ragionevole durata della causa e non all’intera durata del giudizio (primo motivo);

3.2. il mancato rispetto, con carente motivazione, dei parametri europei in ordine alla quantificazione per anno del danno non patrimoniale (secondo motivo);

3.3. la liquidazione delle spese processuali in misura inferiore ai minimi tariffari e senza distinzione tra spese, diritti ed onorari di avvocato;

4. il morivo di cui al punto 3.1., appare manifestamente infondato, in quanto la Corte di appello, ai fini della determinazione del termine ragionevole di durata, si è attenuta ai criteri di valutazione indicati dalla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 in conformità ai parametri fissati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo un ragionevole criterio di valutazione che resiste alle infondate critiche del ricorrente, considerato comunque che è vincolante per il giudice nazionale il disposto della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a ai sensi del quale è influente solo il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole di durata del processo (Cass. 2005/21597; 2008/14);

4.1. appare manifestamente infondata anche la doglianza di cui al punto 3.2.; infatti, in tema di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2 nella liquidazione del danno non patrimoniale, il giudice nazionale, pur non potendo ignorare i criteri applicati in casi simili dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, ha pur sempre facoltà di apportare, motivatamente e non irragionevolmente, le deroghe giustificate dalle circostanze concrete della singola vicenda, le quali, peraltro, non possono fondare la decisione di liquidare somme che non siano in relazione ragionevole con quella – tra i 1000,00 e i 1500,00 Euro – accordata dalla predetta. Corte negli affari consimili (Cass. 2006/24356; 2007/2254); nella specie, la Corte di appello si è attenuta a tali principi, facendo riferimento ai parametri CEDU, sia pure nella misura minima;

4.2. appare invece manifestamente fondata la censura di cui al punto 3.3., atteso che trova applicazione la tariffa relativa al giudizio di cognizione anzichè quella riguardante la volontaria giurisdizione (Cass. 2008/25352) e che la liquidazione delle spese processuali non può essere compiuta in modo globale per spese competenze ed onorari, ma deve essere eseguita in modo da mettere la parte interessata in grado di controllare se il giudice abbia rispettato 1 limiti delle relative tabelle e di darle la possibilità di denunciare le specifiche violazioni della legge o delle tariffe (Cass. 1993/3989;

1995/12880; 2002/11006).

5. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilevi formulati ai punti 4., 4.1.e 4.2. si ritiene che il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;

B) osservato che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione in atti;

rilevato che, in base alle considerazioni che precedono, devono essere rigettati i primi due motivi del ricorso, mentre merita accoglimento il terzo motivo (di cui al punto 3.3. della relazione che precede), e che pertanto il decreto impugnato deve essere annullato in ordine alla censura accolta;

ritenuto che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con la condanna del Ministero controricorrente al pagamento in favore della ricorrente delle spese del giudizio di merito, da liquidarsi come in dispositivo, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397; 2008/25352);

considerato che le spese del giudizio di cassazione, compensate per la metà tenuto conto dell’accoglimento solo parziale del ricorso, seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta i pruni due motivi di ricorso e accoglie il terzo.

Cassa il decreto impugnato in ordine alla censura accolta e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della giustizia al pagamento in favore della ricorrente delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 806,00, di cui Euro 445,00 per diritti ed Euro 50,00 per spese, oltre a spese generali e accessori di legge. Condanna inoltre il Ministero soccombente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, compensate per la metà, che si liquidano per l’intero in Euro 595,00, di cui Euro 495,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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