Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3016 del 11/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 3016 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: VINCENTI ENZO

SENTENZA
sul ricorso 32187-2007 proposto da:
EQUITALIA POLIS S.P.A. (già GEST LIME S.P.A.) – 07244730961 società soggetta alla direzione ed il coordinamento di
EQUITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante PIER
GIORGIO IODICE responsabile dell’Agenzia di Genova,
domiciliata ex lege in ROMA presso la CANCELLERIA DELLA CORTE
DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati GAVINO
ERSILIO e GIOVANNI CALISI con studio in GENOVA, VIA
MARAGLIANO 10 int. 6, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

Ut g)
ot

331-

QUACQUARO EMANUELE (QCQMNL55B08I225S), rappresentato e difeso
da sè medesimo in qualità di avvocato cassazionista ed
elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato
LEONARDO LENER, in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 53;
– controricorrente –

1

Data pubblicazione: 11/02/2014

avverso la sentenza n. 557/2007 del TRIBUNALE di CHIAVARI,
depositata il 05/10/2007, R.G.N. 2874/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
del 09/12/2013 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. AURELIO GOLIA, che ha concluso per l’inammissibilità
del ricorso.

l. – Emanuele Quacquaro conveniva in giudizio il
concessionario del servizio di riscossione dei tributi per la
Provincia di Genova – Gest Line S.p.A. (successivamente
Equitalia Polis S.p.A.) chiedendo che fosse dichiarata
illegittima – e di conseguenza cancellata – l’iscrizione
ipotecaria apposta, ai sensi dell’art. 77 del d.P.R. n. 602
del 1973, su un proprio immobile in Santa Margherita Ligure,
in data 14 ottobre 2005, per la somma di euro 3.181,20 a
fronte di un presunto credito di detto concessionario pari ad
euro 1.590,60, oltre spese di iscrizione, derivante da
cartelle esattoriali asseritamente non pagate.
2. – Nell’effettivo contraddittorio delle parti, l’adito
Tribunale di Chiavari, con sentenza resa pubblica il 5
ottobre 2007, per quanto interesse in questa sede, accoglieva
la domanda attorea, dichiarando l’illegittimità
dell’anzidetta iscrizione ipotecaria, della quale ordinava la
cancellazione.
Il Tribunale, qualificata l’azione del Quacquaro ai
sensi dell’art. 615 cod. proc. civ. – sul presupposto del
nesso funzionale tra iscrizione di ipoteca e realizzazione
del credito tramite espropriazione forzata immobiliare – e
ritenuto passivamente legittimato il convenuto
concessionario, osservava: l) quanto alla cartella n.
048/2002/00031141/89/000, sussisteva sentenza passata in
giudicato dello stesso Tribunale di Chiavari, n. 118/2005,
che aveva dichiarato detta cartella attinente a versamenti
oggetto di parziale annullamento della relativa iscrizione a
2

RITENUTO IN FATTO

ruolo; 2) quanto alle cartelle n. 048/1998/10004999/68/000 e
n. 048/1998/40000392/75/000, notificate rispettivamente il 20
aprile 1998 e il 26 ottobre 2000, rientravano nell’ambito di
applicazione dell’art. 12 della legge n. 289 del 2002 e il
concessionario non aveva adempiuto all’onere, ivi previsto,
di informare i debitori, entro il 16 aprile 2003, di poter
estinguere il debito pagando il 25% di esso oltre le spese;

048/2005/00073171/32/000, notificate rispettivamente il 3
febbraio 2004 ed il 23 marzo 2005 in relazione ad atti di
accertamento risalenti al 2000 ed al 2001, era stato violato
il termine di decadenza di cui all’art. 25, comma secondo,
lett. c) del d. P.R. n. 602 del 1973, che fissava la
notificazione entro il 31 dicembre del “secondo anno
successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto
definitivo”; 4) quanto a tutte le cartelle, non era stato
notificato al debitore l’intimazione ad adempiere prevista
dall’art. 50 del d.P.R. n. 602 del 1973, richiamato
espressamente dall’art. 77 dello stesso d.P.R.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre
Equitalia Polis S.p.A. sulla base di cinque motivi,
illustrati da memoria.
Resiste con controricorso Emanuele Quacquaro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
l. – Con il primo mezzo è denunciata “violazione e/o
falsa applicazione delle norme di diritto in particolare
degli artt. 49 d.p.r. 602/73 (e specificamente della aggiunta
al primo comma a seguito dell’art. l comma 415 della L. 30
dicembre 2004, n. 311), dell’art. 77 del d.p.r. 602/73,
dell’art. 615 c.p.c. Errata qualificazione della domanda
attorea. Ultrapetizione. Omessa e/o insufficiente e/o
contraddittoria motivazione su un punto decisivo della
controversia. In relazione all’art. 360 n. 3, 4 e 5 c.p.c.”.
Il Tribunale avrebbe errato a ritenere l’iscrizione
ipotecaria da parte della esattoria un atto funzionale alla
3

3) quanto alle cartelle n. 048/2002/00220444/44/000 e n.

realizzazione del credito in sede di espropriazione forzata
e, conseguentemente, a qualificare l’azione del Quacquaro
come opposizione all’esecuzione ex art. 615 cod. proc. civ.,
rispetto alla quale non sarebbe stato neppure competente per
valore, essendo il debito pari a euro 1590,60. Anzitutto
perché l’iscrizione ipotecaria anzidetta potrebbe pur essere
misura cautelare ai sensi dell’art. l, comma 415, della legge

“competenza esclusiva” del giudice tributario ai sensi
dell’art. 19, lett.

e-bis,

del d.lgs. n. 546 del 1992, come

novellato dall’art. 35, comma 26-quinquies, del d.l. n. 223
del 2006, convertito, con modificazione, dalla legge n. 248
del 2006. Inoltre, la qualificazione della domanda nei
termini suddetti violerebbe il principio di corrispondenza
tra chiesto e pronunciato, giacché il Quacquaro aveva
soltanto domandato la cancellazione dell’ipoteca, così
svolgendo una “azione ordinaria”.
Viene formulato il “seguente quesito e/o fatto
controverso ex art.

366-bis c.p.c.”: “Dica la Suprema Corte

a) se, in base alle seguenti norme: art. 77 ed art. 49 d.p.r.
602/73 (come integrato dall’art. l comma 415 della L. 30
dicembre 2004, n. 311), e comma uno art. 2 d.lvo 546/92, la
ipoteca esattoriale sia o meno, esclusivamente parte della
esecuzione ovvero sia anche una misura cautelare; b) se in
base alle seguenti norme, art. 112, 615, 617 c.p.c. sia
consentito ritenere l’azione ordinaria di cancellazione della
ipoteca promossa dal Quacquaro con atto di citazione
contenente anche domanda di tutela ex art. 700 c.p.c., quale
opposizione all’esecuzione

ex

art. 615 c.p.c., c) se il

Giudice adito, dopo aver ritenuto la domanda proposta dal
Quacquaro opposizione alla esecuzione, avesse facoltà di
decidere, considerato il limite di valore stabilito alla
propria competenza

ex art.

7 ed art. 17 c.p.c. ovvero,

ritenuta la causa una opposizione alla esecuzione, avrebbe

4

n. 311 del 2004 e, inoltre, su di essa sussiste la

dovuto rimettere la stessa sul ruolo, per consentire alle
parti le eccezioni ex art. 38 c.p.c.”.
2.

– Con il secondo mezzo è dedotta “violazione e/o

falsa applicazione delle norme di diritto in particolare
dell’art. 615 c.p.c. in relazione ad un precedente giudicato.
Omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione su
un punto decisivo della controversia. In relazione all’art.

La sentenza del Tribunale di Chiavari n. 118/2005
richiamata nella sentenza impugnata in relazione alla
cartella n. 048/2002/00031141/89/000, non inciderebbe sul
ruolo esattoriale, attenendo soltanto alla nullità del fermo
amministrativo. Inoltre, essa riguardava soltanto un parziale
(per euro 12,30) annullamento del debito (pari a complessivi
euro 110,12), che, pertanto residuava per euro 87,82.
Viene formulato il “seguente quesito e/o fatto
controverso ex art. 366-bis c.p.c.”: «Dica la Suprema Corte
a) se, in base alle seguenti norme: art. 615 c.p.c., art.
2990 c.c. la sentenza del Tribunale di Chiavari che conferma
la nullità di un fermo amministrativo, sia applicabile, quale
giudicato esterno al presente caso, con riferimento alla
cartella 048/2002/00031141/89; b) in subordine ed ove
ritenuta la valenza di tale giudicato esterno si individua
come fatto controverso in relazione al quale la motivazione è
omessa o contraddittoria e comunque insufficiente, la
circostanza che tale giudicato esterno (Trib. Chiavari
118/05) afferma nelle proprie motivazioni “che essa attiene a
versamenti oggetto di parziale annullamento” e quindi il
Tribunale di Chiavari avrebbe dovuto tenere che vi era una
parte ancora a debito e non ritenere la cartella saldata
interamente».
3. – Con il terzo mezzo è prospettata “violazione e/o
falsa applicazione delle norme di diritto in particolare
degli artt. 12 e 23 L. 289/02. Omessa e/o insufficiente e/o

5

360 n. 3, 4 e 5 c.p.c.”.

contraddittoria motivazione su un punto decisivo della
controversia. In relazione all’art. 360 n. 3, 4 e 5 c.p.c.”.
Il

Tribunale,

in relazione alle cartelle n.

048/1998/10004999/68/000 e n. 048/1998/40000392/75/000
(invero da identificarsi più correttamente nelle cartelle
B.8034540.85772359 e B.8034720.8795874), avrebbe errato a
ritenere che, in forza dell’art. 12 della legge n. 289 del

della agevolazione del pagamento 25% del debito, quest’ultimo
sarebbe del tutto cancellato, giacché alla predetta omissione
potrebbe conseguire solo una rimessione in termini per
aderire all’agevolazione stessa. Inoltre, il citato art. 12,
in quanto relativo “solo alle entrate dello Stato”, non
troverebbe applicazione in riferimento alla seconda delle
suindicate cartelle, concernente una sanzione amministrativa
pecuniaria per violazione del codice della strada.
Viene formulato il “seguente quesito e/o fatto
controverso ex art. 366-bis c.p.c.”: “Dica la Suprema Corte
a) se, in base alle seguenti norme: artt. 12 e 13 L. 289/02
(integrata dal D.L. 143/2003 e specificamente dagli artt. l
commi 2 e 2 decies),

il condono sia applicabile anche per le

entrate degli enti locali; b) Dica la Suprema Corte se, in
base alle seguenti norme: artt. 12 e 13 L. 289/02 (integrata
dal D.L. 143/2003 e specificamente dagli artt. l commi 2 e 2
decies),

al

mancato invio (ovvero alla mancata prova

dell’invio) della informazione prevista dal secondo comma
dell’art. 12 della L. 289/02 da parte dei concessionari, sia
ricollegabile la conseguenza della cancellazione totale
(rectius non debenza) delle somme iscritte a ruolo”.
4. – Con il quanto mezzo è denunciata “violazione e/o
falsa applicazione delle norme di diritto in particolare
dell’art. 25 d.p.r. 602/73, art. 209 Codice Strada e art. 28
legge 689/81. Omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria
motivazione su un punto decisivo della controversia. In
relazione all’art. 360 n. 3, 4 e 5 c.p.c.”.
6

2002, in caso di mancato invito al contribuente di usufruire

Il

Tribunale,

in relazione alle cartelle n.

048/2002/00220444/44/000 e n. 048/2005/00073171/32/000,
avrebbe errato a ritenere applicabile l’art. 25, lett.

c),

del d.P.R. n. 602 del 1975, che riguarderebbe soltanto i
ruoli successivi al l ° luglio 2005, mentre per quelli
antecedenti, concernenti sanzioni amministrative per
violazioni al codice della strada, si applicherebbe la legge

cui al suo art. 28 e non, dunque, il termine decadenziale di
cui all’art. 17 del d.P.R. n. 602 del 1973.
Peraltro, anche a voler ritenere applicabile nella
specie l’art. 25 sopra citato, il Tribunale avrebbe errato
nel reputare decorso il biennio ivi considerato, posto che i
ruoli relativi alle cartelle suddette sono stati resi
esecutivi, rispettivamente, nell’aprile del 2002 e nel
dicembre 2004, con conseguente tempestività delle notifiche
avvenute il 3 febbraio 2004 ed il 23 marzo 2005.
Viene formulato il “seguente quesito e/o fatto
controverso ex art. 366-bis c.p.c.”: “Dica la Suprema Corte
a) se, in base alle seguenti norme: art. 25 del dpr 602/73,
art. 209 del Codice delle Strada, art. 28 L. 689/81, art. l
D.L. 106/05, sia applicabile alle cartelle di pagamento
emesse per sanzioni amministrative al codice della strada, la
normativa dei termini per la notifica delle cartelle
tributarie, ovvero la normativa speciale del Codice della
Strada e quella della L. 689/81 sui termini prescrizionali;
b) in subordine se con riguardo alle lettere “c” dell’art. 25
del dpr 602/73, la notifica delle cartelle sia tempestiva”.
5. – Con il quinto mezzo è dedotta “violazione e/o falsa
applicazione delle norme di diritto in particolare dell’art.
49, 50 e 77 del d.p.r. 602/73. Omessa e/o insufficiente e/o
contraddittoria motivazione su un punto decisivo della
controversia. In relazione all’art. 360 n. 3, 4 e 5 c.p.c.”.
Il Tribunale avrebbe errato nel ritenere applicabile
l’art. 50 del d.P.R. n. 602 del 1973 all’iscrizione
7

n. 689 del 1981 e, dunque, la prescrizione quinquennale di

ipotecaria, la quale, ai sensi dell’art. 49 dello stesso
d.P.R. n. 602, è comunque consentita anche come misura
cautelare e non già ai fini dell’espropriazione forzata.
Inoltre, le comunicazioni previste dall’art. 77 del medesimo
d.P.R. citato, che richiama l’anzidetto art. 50, sarebbero
state inviate come è dimostrato dalle sentenze n. 298/07 e n.
299/07 del Giudice di pace di Rapallo “a seguito di giudizi

298/07) e contro le intimazioni di pagamento (sentenza
299/07)”.
Viene formulato il “seguente quesito e/o fatto
controverso ex art. 366-bis c.p.c.”: “Dica la Suprema Corte
a) se, in base alle seguenti norme: art. 49, 50 e 77 del
d.p.r. 602/73 per la iscrizione ipotecaria sia necessaria la
previa notificazione dell’avviso previsto dall’art. 50 per
l’inizio dell’esecuzione. b) in subordine si individua quale
fatto controverso in relazione al quale in relazione al quale
la motivazione è omessa o contraddittoria e comunque
insufficiente, la circostanza che le notifiche degli avvisi
di mora e delle intimazioni di pagamento fossero avvenute era
desumibile dalle sentenze 298/07 e 299/07 del giudice di pace
di Rapallo e quindi così dimostrata la osservanza al disposto
dell’art. 50 del d.p.r. 602/73”.
6. – E’ assorbente lo scrutinio del quinto motivo di
ricorso, la cui inammissibilità (per le ragioni di cui si
dirà) rende inammissibili anche le ulteriori doglianze
avverso la sentenza impugnata, giacché viene a consolidarsi
definitivamente la

ratio

rispetto alle altre

decidendi

rationes

distinta ed autonoma

esibite dalla decisione del

Tribunale di Chiavari concernente l’illegittimità
dell’iscrizione ipotecaria in danno del Quacquaro per mancato
avviso ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 77 e
50 del d.P.R. n. 602 del 1973, in quanto carenza ritenuta,
dal giudice di merito, afferente a tutte le cartelle
8

intentati dal Quacquaro contro gli avvisi di mora (sentenza

esattoriali in forza delle quali detta ipoteca è stata, per
l’appunto, iscritta.
Sicché, trova applicazione il consolidato principio per
cui, qualora la decisione di merito si fondi su di una
pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome,
singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e
giuridico, la ritenuta infondatezza e/o inammissibilità delle
rationes decidendi

rende

inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le
censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte
oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero
comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle
altre, alla cassazione della decisione stessa (tra le tante,
Cass., 14 febbraio 2012, n. 2108).
6.1. – Il quinto motivo di ricorso è inammissibile in
quanto non è confezionato (invero, al pari degli altri
motivi) in modo conforme alle prescrizioni di cui all’art.
366-bis cod. proc. civ., che è pienamente operante ratione
temporis nella fattispecie, posto che la sentenza impugnata è
stata pubblicata il 5 ottobre 2007 e, dunque, nella vigenza
della disciplina dettata dalla predetta disposizione
processuale. Infatti, il citato art. 366-bis ha iniziato ad
esplicare i propri effetti in relazione alle sentenze
pubblicate a decorrere dal 2 marzo 2006, data di entrata in
vigore del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, che l’ha
introdotto, e ha cessato di essere applicabile soltanto a
decorrere dal 4 luglio 2009 e cioè dalla sua abrogazione ad
opera dell’art. 47 della legge 18 giugno 2009, n. 69.
6.1.1. – Occorre premettere che, ove i motivi si
articolino in plurime ed autonome censure di vizi diversi, si
richiede
congruente

l’enucleazione di distinti quesiti, ciascuno
rispetto alla dedotta doglianza, così da

soddisfare l’esigenza di chiarezza e specificità, e dunque di
pertinenza al decisum,

che deve guidare la formulazione dei

quesiti ex art. 366-bis cod. proc. civ. (in tale prospettiva,
9

censure mosse ad una delle

Cass., sez. un., 9 marzo 2009, n. 5624; Cass., sez. un., 31
marzo 2009, n. 7770; Cass., 12 settembre 2012, n. 15242). Con
la conseguenza che, “ove il quesito o i quesiti formulati
rispecchino solo parzialmente le censure proposte, devono
qualificarsi come ammissibili solo quelle che abbiano trovato
idoneo riscontro nel quesito o nei quesiti prospettati,
dovendo la decisione della Corte di cassazione essere

formulati, rispetto ai quali il motivo costituisce
l’illustrazione” (così la citata Cass., sez. un., n. 5624 del
2009).
Sicché, quanto alle censure di errores in iudicando e/o
di errores in procedendo,

rispettivamente veicolate ai sensi

dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ.,
giova rammentare che il “diritto vivente” (tra le tante, più
di recente, Cass., 25 marzo 2009, n. 7197 e Cass., 8 novembre
2010, n. 22704; in relazione alla denuncia di
procedendo,

errores in

la necessità del quesito di diritto è stata

ribadita da Cass, sez. un., 18 ottobre 2012, n. 17838) ha
evidenziato che il quesito di diritto imposto dall’art. 366bis cod. proc. civ. va formulato in modo tale da esplicitare
una sintesi logico-giuridica della questione, così da
consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula
luris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi
ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata.
In altri termini, esso deve compendiare: a) la riassuntiva
esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di
merito (siccome da questi ritenuti per veri, altrimenti
mancando la critica di pertinenza alla ratio decidendi della
sentenza impugnata); b) la sintetica indicazione della regola
di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola
di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta
applicare al caso di specie. Sicché, il quesito non deve
risolversi in un’enunciazione di carattere generale e
astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della

lo

limitata all’oggetto del quesito o dei quesiti idoneamente

controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in
esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a
definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non
potendosi altresì desumere il quesito stesso dal contenuto
del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la
sostanziale abrogazione del suddetto articolo (tra le altre,
Cass., sez. un., 11 marzo 2008, n. 6420). Ciò in quanto il

riaffermare la cultura del processo di legittimità, risponde,
al tempo stesso, all’esigenza dello ius litigatoris – e cioè
di soddisfare l’interesse del ricorrente ad una decisione
della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza
impugnata – e della funzione nomofilattica assegnata alla
Corte di Cassazione, così da rappresentare, quindi, il punto
di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e
l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando
altrimenti inadeguata, e quindi non ammissibile,
l’investitura stessa del giudice di legittimità (così Cass.,
9 maggio 2008, n. 11535).
Quanto, poi, alla denuncia di un vizio di motivazione ai
sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., va
rammentato – sulla scorta dell’ormai consolidato orientamento
di questa Corte (tra le altre, Cass., 16 luglio 2007, n.
16002; Cass., sez. un., l ° ottobre 2007, n. 20603; Cass., 30
dicembre 2009, n. 27680; Cass., 18 novembre 2011, n. 24255) che, in base al capoverso dell’art. 366-bis cod. proc. civ.,
il ricorrente è tenuto, nel confezionamento del relativo
motivo, a formulare in riferimento alle anzidette censure un
cd. “quesito di fatto” e cioè ad indicare chiaramente, in
modo sintetico, evidente ed autonomo, il fatto controverso
rispetto al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria, così come le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la rende inidonea a
giustificare la decisione, a tal fine necessitando,
segnatamente, la enucleazione conclusiva e riassuntiva di uno
11

quesito di diritto, congegnato in una prospettiva volta a

specifico passaggio espositivo del ricorso nel quale tutto
ciò risalti in modo in equivoco. Con l’ulteriore precisazione
che tale requisito non può dirsi rispettato allorquando solo
la completa lettura dell’illustrazione del motivo – all’esito
di un’interpretazione svolta dal lettore, anziché su
indicazione della parte ricorrente – consenta di comprendere
il contenuto ed il significato delle censure, posto che la

bis

è associata alle esigenze deflattive del filtro di

accesso alla Suprema Corte, la quale deve essere posta in
condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito di
fatto, quale sia l’errore commesso dal giudice di merito.
6.1.2. – Nella specie, con il motivo di impugnazione si
assume di voler denunciare sia una violazione di legge, che
un vizio di motivazione ed il ricorrente ha corredato il
motivo stesso di un quesito (sopra trascritto) articolato
rispetto alla duplice denuncia. Tuttavia, come reso palese
dal relativo tenore, in nessun caso il formulato quesito
rispetta i necessari criteri di redazione sopra ricordati.
Quanto, alla denuncia di error in indicando,

il quesito

proposto pone un interrogativo tautologico sull’esistenza di
una regola sostanziale, senza però dare conto sia della
fattispecie materiale cui la regola stessa dovrebbe
applicarsi, sia della ratio decidendi specificamente seguita
dal giudice del merito. Si tratta, dunque, di postulazione
avulsa dalla vicenda che ha dato origine alla controversia e,
come tale, dà luogo ad una formulazione astratta del quesito
di diritto, la quale contravviene al criterio di specificità
che, invece, lo deve connotare.
Anche la doglianza attinente al vizio motivazionale non
è assistita da idoneo quesito di “fatto”, essendo del tutto
generico, e come tale non intelligibile, il riferimento alle
sentenze (meramente indicate – “sentenze 298/07 e 299/07 del
giudice di Pace di Rapallo” – senza alcun cenno al loro
contenuto) che dimostrerebbero, secondo la ricorrente,

12

ratio che sottende la disposizione di cui al citato art. 366-

l’osservanza del disposto di cui all’art. 50 del d.P.R. n.
602 del 1973 e delle quali il Tribunale di Chiavari non
avrebbe tenuto conto. Peraltro, nel quesito – oltre, come
detto, a non essere per nulla evidenziate le specifiche
ragioni per cui le predette sentenze, soltanto menzionate,
avrebbero operato nel senso divisato – neppure si fa presente
che trattavasi di deduzione ritualmente effettuata nel

Del resto, siffatte carenze del quesito di “fatto” sono
speculari alle carenze che presenta il motivo nella sua
denuncia ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod.
proc. civ., la quale è assolutamente generica e in palese
contrasto con il principio di autosufficienza del ricorso per
cassazione.
7. – Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile e
la parte ricorrente, in quanto soccombente, condannata al
pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del
presente giudizio di legittimità, come liquidate in
dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società
ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di
legittimità, che liquida, in favore del controricorrente, in
complessivi euro 1.700,00, di cui euro 200,00, per esborsi,
oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, in
data 9 dicembre 2013.

giudizio di merito.

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