Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30155 del 20/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 20/11/2019, (ud. 12/09/2019, dep. 20/11/2019), n.30155

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17029-2017 proposto da:

R.E., G.G. elettivamente domiciliata in ROMA

VIALE G. MAZZINI 6, presso lo si dell’avvocato ELIO VITALE, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato DOMENICO PATERNOSTRO;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE EN2RATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9714/2016 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata 29/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/09/2019 dal Consigliere Dott. STALLA GIACOMO MARIA.

Fatto

RILEVATO

che:

p. 1. G.G. ed R.E. propongono un motivo di ricorso per la cassazione della sentenza n. 9714/16 del 29 dicembre 2016, con la quale la commissione tributaria regionale del Lazio, a conferma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento catastale loro notificato dall’Agenzia delle Entrate-Ufficio Territorio in relazione ad un immobile sito in Roma, microzona residenziale n. 19 (Parioli-Isonzo), e fatto oggetto di revisione parziale di classamento e rendita ai sensi del D.P.R. n. 138 del 1998 e della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335.

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che l’avviso di accertamento in questione fosse sufficientemente motivato, perchè esso: – indicava il presupposto della revisione citata L. n. 311 del 2004, ex art. 1, comma 335 (scostamento di oltre il 35% nel rapporto tra il valore medio di mercato ed il corrispondente valore medio catastale riscontrabile nella microzona di riferimento rispetto all’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali); – si basava non su specifiche e riscontrate modifiche apportate all’immobile, bensì sul solo fatto che questo si trovasse inserito in una microzona comunale notoriamente contrassegnata, rispetto all’originario classamento catastale, da mutato contesto territoriale, riqualificazione urbana e notevole aumento di redditività; – faceva corretto riferimento comparativo ad altri immobili, così da porre i contribuenti in condizione di validamente difendersi, vista anche la natura di “provocatici ad opponendum” ad esso attribuibile.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

I ricorrenti hanno depositato memoria.

p. 2.1 Con l’unico motivo di ricorso si deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione della normativa sulla motivazione dell’avviso di riclassamento e sull’estimo catastale. Per avere la Commissione Tributaria Regionale affermato la legittimità dell’avviso di accertamento in oggetto nonostante che quest’ultimo: – facesse riferimento alle caratteristiche della microzona comunale, e non alla valutazione mirata, caso per caso, dei singoli immobili; – non tenesse conseguentemente conto del fatto che l’immobile in questione era costituito da un locale, posto a livello sub stradale, di 24 mq. ed adibito a ricovero di mobilio; – si basasse su un riscontro massivo ed indiscriminato (con mero richiamo ai valori OMI di zona), comportante disparità di trattamento tra i proprietari di immobili che, pur rientrando tutti nella stessa microzona, presentavano tuttavia caratteristiche molto diverse tra loro.

p. 2.2 Il ricorso è inammissibile.

Esso è interamente basato sull’affermata carenza di motivazione dell’avviso di riclassamento dedotto in giudizio, ma quest’ultimo atto non viene trascritto nel ricorso per cassazione (quantomeno nelle parti essenziali ai fini della decisione), e neppure risulta a questo allegato. Non risulta depositato agli atti del giudizio di cassazione alcun fascicolo dedicato ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), contenente l’atto impositivo della cui motivazione dovrebbe ragionarsi.

Ciò preclude la disamina della questione nell’ambito di un procedimento come quello di legittimità – per sua natura improntato a concentrazione, specificità ed autosufficienza.

Particolarmente evidente è il difetto del requisito ex art. 366 c.p.c., n. 6); requisito di ordine generale (tra le molte: Cass. S.U. n. 7161 del 25/03/2010; S.U. n. 28547/2008; Cass. n. 124 del 04/01/2013; Cass. n. 7455 del 25/03/2013 ed innumerevoli altre) che deve sussistere, in quanto tale, anche in materia tributaria.

Si è, a quest’ultimo proposito, affermato – proprio con particolare riguardo alla correlazione tra il requisito di autosufficienza del ricorso per cassazione e la doglianza sulla idoneità contenutistica e di motivazione dell’atto tributario impugnato – che: “in tema di contenzioso tributario, è inammissibile, per difetto di autosufficienza, il ricorso per cassazione avverso la sentenza che abbia ritenuto legittima una cartella di pagamento ove sia stata omessa la trascrizione del contenuto dell’atto impugnato, restando precluso al giudice di legittimità la verifica della corrispondenza tra contenuto del provvedimento impugnato e quanto asserito dal contribuente. (Cass. n. 16010 del 29/07/2015); e, inoltre, che: “nel giudizio tributario, in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento (nella specie, risultante “per relationem” ad un processo verbale di constatazione) è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso ne riporti testualmente i passi che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentirne la verifica esclusivamente in base al ricorso medesimo, essendo il predetto avviso non un atto processuale, bensì amministrativo, la cui legittimità è necessariamente integrata dalla motivazione dei presupposti di fatto e dalle ragioni giuridiche poste a suo fondamento” (Cass. n. 9536 del 19/04/2013).

Come detto, nel caso di specie l’avviso di classamento (che ha natura amministrativa e non processuale) non solo non risulta trascritto nel ricorso, ma (pur volendosi accedere al meno rigoroso criterio di “localizzazione” dell’atto) neppure risulta a questo allegato o quantomeno in esso indicato negli estremi della sua produzione in giudizio e nelle condizioni di sua immediata reperibilità all’interno del fascicolo di legittimità.

Le spese vengono poste a carico di parte ricorrente.

P.Q.M.

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso;

– condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2050,00 oltre spese prenotate a debito;

– v.to il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

– dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 12 settembre 2019.

Depositato in cancelleria il 20 novembre 2019

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