Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30144 del 15/12/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 15/12/2017, (ud. 16/05/2017, dep.15/12/2017),  n. 30144

Fatto

RITENUTO CHE:

L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza della C.T.R. della Campania, n. 264/5/09 dep. 13.7.2009, che ha accolto l’appello di S.S., amministratore della ASSOLO s.r.l., in riforma della sentenza di primo grado, che aveva rigettato il ricorso proposto dal contribuente contro l’avviso di accertamento induttivo del maggior reddito d’impresa (per Iva, Irpeg e IVA anno 2003), determinato, previa notifica di questionario, in applicazione di una maggiore percentuale di ricarico. La C.T.R., premessa la possibilità, in caso di accertamento analitico induttivo, di determinare il reddito d’impresa sulla scorta di presunzioni semplici, in presenza di scritture contabili complessivamente inattendibili, gravando sull’Ufficio l’onere di provare i fatti costitutivi della maggior pretesa tributaria, ha ritenuto priva di idonea giustificazione l’applicazione della percentuale di ricarico del 35% senza tener conto degli elementi offerti dalla società (prova fornita sullo sconto praticato sulla vendita di capi di abbigliamento acquistati in blocco presso aziende che a loro volta acquistavano da aste fallimentari); coperte da condono e non contestate le altre riprese contenute nell’accertamento.

S.S. si costituisce con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Col primo motivo del ricorso si deduce insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d), quanto alla determinazione della percentuale di ricarico, ritenuta ingiustificata.

Il motivo è inammissibile, limitandosi l’Agenzia ricorrente a riportare il verbale di contraddittorio e l’avviso di accertamento, senza alcuna argomentazione atta a sostenere quanto apoditticamente dedotto. Infatti, qualora, con il ricorso per Cassazione venga dedotta l’omessa, contraddittoria o insufficiente motivazione della sentenza impugnata per l’asserita mancata erronea o insufficiente valutazione di risultanze processuali, è necessario, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività della risultanza non valutata (o insufficientemente valutata), che il ricorrente specifichi il contenuto di ciascuna delle predette risultanze, evidenziando, in relazione ad esse, il vizio omissivo o logico nel quale sia incorso il giudice del merito e la diversa conclusione a cui sarebbe stato altrimenti possibile pervenire sulla questione decisa. Ciò in quanto, il ricorso per Cassazione, stante la previsione di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4, deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed altresì a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere ad elementi o atti concernenti il pregresso giudizio di merito (cfr., ex plurimis, Cass. nn. 18740/2004, 12905/2002, 12596/2002, 8388/2002, 88/2001). Viola pertanto il principio dell’autosufficienza del ricorso ogni denuncia di omessa motivazione che non consenta (come nella specie) di rilevare con assoluta chiarezza e precisione, sulla base delle sole deduzioni ritualmente esposte nel ricorso stesso e con riferimento a tutti i punti rilevanti in fatto e in diritto, la natura e il contenuto delle doglianze medesime.

2. Col secondo motivo si deduce vizio di ultrapetizione, ex art. 112 c.p.c., in ordine alle altre violazioni oggetto di condono, non indicate nell’atto di appello del contribuente, che si è limitato a contestare la percentuale di ricarico per la ricostruzione dei maggiori ricavi.

Questo motivo è fondato. La C.T.R. ha infatti annullato in toto l’accertamento nonostante il contribuente, sia nel ricorso introduttivo sia in sede di appello, si sia limitato a contestare la percentuale di ricarico applicata, affermando che in relazione alle “altre variazioni in diminuzione non documentate, l’Ufficio non ha sollevato alcuna contestazione all’affermazione del contribuente di essersi avvalso del condono, per cui si ritengono giustificate”. Ciò si pone in contrasto con le risultanze processuali, in particolare il ricorso introduttivo e l’atto di appello, riportate in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, in cui non vi è traccia di ulteriori contestazioni.

Va pertanto data continuità alla giurisprudenza di questa Corte che ha più volte ribadito, in tema di contenzioso tributario, che i motivi dell’opposizione al provvedimento impositivo si configurano come “causae petendi” della correlata domanda di annullamento, con la conseguenza che incorre nel vizio di extra o ultrapetizione il giudice adito che fondi la propria decisione su motivi non dedotti o – il che è lo stesso – dedotti sotto profili diversi da quelli che costituiscono la “ratio decidendi” (Cass. 8387/1996; n. 20393/2007; n. 9020/2017). Nel procedimento tributario, l’esame, da parte della Commissione, di un motivo di nullità dell’avviso di accertamento, non dedotto dalla parte interessata, dà luogo ad un vizio di extrapetizione che, per essere corretto dal giudice del gravame, deve formare oggetto specifico di impugnazione (Cass. 20393/2007).

3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del secondo motivo del ricorso, dichiarato inammissibile il primo, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. della Campania, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

Dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso, accoglie il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla C.T.R. della Campania, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2017

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