Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30136 del 21/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 21/11/2018, (ud. 02/10/2018, dep. 21/11/2018), n.30136

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20240/2016 proposto da:

K.M.D., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANTONIO CARBONELLI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

CROMODORA WHEELS SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LIVIO

ANDRONICO 24, presso lo studio dell’avvocato MARIA TERESA LOIACONO

ROMAGNOLI, rappresentata e difesa dall’avvocato CLAUDIO LA GIOIA,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 140/2016 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 12/05/2016 R.G.N. 443/2015.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. la Corte d’appello di Brescia, con sentenza n. 140 del 12.5.2016, ha confermato la pronuncia del Tribunale della stessa sede, ed ha rigettato le domande proposte da K.M.D. nei confronti della Cromodora Wheels s.p.a. volte ad ottenere la declaratoria di illegittimità dei contratti di somministrazione (plurimi contratti a tempo determinato) svolti fra le parti nel periodo maggio 2010 – 21.12.2013;

2. la Corte distrettuale, ritenuta la parte decaduta dall’impugnazione dei rapporti di lavoro già cessati all’entrata in vigore della L. n. 183 del 2010, art. 32 (e non impugnati entro 60 giorni successivi al 31.12.2011, come previsto dal comma 1 bis introdotto dal D.L. n. 225 del 2010, conv. con mod. dalla L. n. 10 del 2011), ha rilevato che il residuale contratto di somministrazione risultava legittimo in quanto stipulato ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20, comma 5-ter, lett. c), che (come previsto dal decreto ministeriale delegato, adottato sulla falsariga del regolamento CE n. 800/2008) consentiva di stipulare contratti di somministrazione privi di causale organizzativa o produttiva per l’assunzione di lavoratori senza diploma di scuola media superiore o professionale;

3. avverso tale sentenza, il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi e la società ha resistito con controricorso;

4. entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. con il primo motivo il ricorrente denunzia violazione degli artt. 1,3,4,35 Cost., anche in relazione alla direttiva 2000/78/CE (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte distrettuale, trascurato che l’agevolazione all’assunzione prevista dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20, comma 5-ter, lett. c), per i lavoratori privi di un diploma di scuola media superiore o professionale dispone in realtà una discriminazione nei confronti dei lavoratori privi di istruzione superiore;

6. con il secondo motivo il ricorrente denunzia falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 6, come modificato dalla L. n. 183 del 2010, art. 32 (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte distrettuale, applicato la decadenza ai contratti di somministrazione non impugnati entro il termine di 60 giorni pur trattandosi di plurimi rapporti di lavoro succeduti con “sostanziale” continuità;

7. il primo motivo è inammissibile in quanto ripropone lo stesso motivo di gravame senza una specifica critica delle ragioni che sorreggono l’articolata decisione impugnata, avendo la Corte distrettuale correttamente ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale proposta dal ricorrente in considerazione dell’agevolazione, posta a favore di una categoria di lavoratori con maggiori difficoltà a reperire un’occupazione, rappresentata dalla possibilità di omettere la specifica esigenza organizzativa o produttiva nei contratti di somministrazione, ed avendo sottolineato la ratio della disposizione normativa volta a “liberalizzare” le somministrazioni a termine a favore di soggetti più svantaggiati;

8. la Corte distrettuale ha rinvenuto la ragionevolezza del differente criterio di stipulazione di un contratto di somministrazione con riguardo a lavoratori privi di diploma di scuola media superiore o professionale e la conformità della norma al principio costituzionale di uguaglianza, principio che non impedisce al legislatore di operare distinguo tra diverse categorie di persone bensì vieta di introdurre arbitrarie assimilazioni fra soggetti che si trovino in situazioni diverse o arbitrarie discriminazioni fra soggetti che si trovino in situazioni identiche o affini; si tratta invero di lavoratori che non hanno qualificazioni professionali derivanti da titoli di studio e per i quali il mercato del lavoro può risultare meno facilmente accessibile e per i quali il legislatore comunitario prima (Regolamento CE 800/2008) e poi il legislatore italiano in sede di attuazione, ha legato la possibilità di assunzione con somministrazione alla sola condizione personale (svantaggiata) del lavoratore;

9. alcuna illegittimità è, dunque, evincibile nella causale apposta all’assunzione in quanto coerente con le finalità di promozione sociale e lavorativa dichiarate e comunque conformi con l’art. 1 Cost.; neppure è riscontrabile l’ipotesi discriminatoria per l’impossibilità del lavoratore svantaggiato di impugnare la ragione giustificativa dell’assunzione posto che la tutela giurisdizionale in materia di assunzioni dettate da esigenze temporanee dell’azienda è diretta a garantire eventuali distonie tra l’assunzione e l’effettiva realtà aziendale e/o abusi nell’effettivo utilizzo dei lavoratori e non può certo riguardare ipotesi nelle quali le ragioni giustificatrici del rapporto di lavoro, perfettamente lecite, si traducano nel corretto utilizzo del lavoratore;

10. il secondo motivo è infondato avendo questa Corte statuito che la decadenza di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32,comma 4 e la conseguente proroga di cui al comma 1 bis del medesimo articolo, si applicano anche ai contratti a termine in somministrazione scaduti alla data di entrata in vigore della legge stessa (24.11.2010), senza la necessità di una specifica previsione di deroga all’art. 11 preleggi, atteso che la nuova norma non ha modificato la disciplina del fatto generatore del diritto ma solo il suo contenuto di poteri e facoltà, suscettibili di nuova regolamentazione perchè ontologicamente e funzionalmente distinti da esso e non ancora consumati, dovendosi pertanto escludere ogni profilo di retroattività (Cass. n. 2420 del 2016; in senso conforme, Cass. n. 7788 del 2017; più in generale, sull’operatività della decadenza nonchè del differimento al 31.12.2011 a tutti i contratti ai quali il regime decadenziale è stato esteso, Cass. S.U. n. 4913 del 2016);

11. questa Corte ha, poi, già affermato che il contratto a termine in somministrazione cessa allo spirare del termine senza alcun onere di comunicazione del recesso, sicchè il termine di decadenza di cui alla L. n. 604 del 1966, art. 6,previsto per l’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27, non può che decorrere dalla data di scadenza originariamente predeterminata, senza che il potenziale rinnovo per un numero indefinito di volte legittimi un corrispondente affidamento del lavoratore e renda indispensabile una comunicazione contraria del somministratore (Cass. n. 2420 del 2016);

12. deve ritenersi, dunque, infondato il motivo inerente la capacità espansiva della impugnazione dell’ultimo contratto (tale da coinvolgere i contratti che lo hanno preceduto), e ciò anche in ipotesi che tra un contratto e l’altro sia decorso un termine inferiore a quello utile per l’impugnazione stragiudiziale, posto che la singolarità dei contratti e la inesistenza di un unico continuativo rapporto di lavoro (che solo ex post, a seguito dell’eventuale accertamento della illegittimità del termine apposto e della ragione dell’assunzione, potrà essere individuato) evidenzia la necessitò che a ciascuno di essi si applichino le regole inerenti la loro impugnabilità, venendo, altrimenti, anticipata in modo non giustificato, una eventuale considerazione unitaria del rapporto lavorativo, estranea al fatto storico allegato il cui rilievo giuridico è oggetto della domanda avanzata; nè appare pertinente il richiamo ai fatti impeditivi della decadenza (art. 2966 c.c.) in quanto specificamente previsti e, dunque, non suscettibili di applicazione estensiva ed analogica;

13. correttamente la Corte d’appello ha ritenuto operante nella specie il termine di decadenza del novellato della L. n. 604 del 1966, art. 6, con riguardo a tutti i contratti di somministrazione con termine scaduto alla data di entrata in vigore della L. n. 183 del 2010, art. 32 (compreso il differimento della decadenza al 31.12.2011 come previsto dal comma 1 bis aggiunto alla suddetta disposizione dalla L. n. 10 del 2011, di conversione del D.L. n. 225 del 2010), avendo, da una parte, verificato la mancata impugnazione entro il (primo) termine di 60 giorni dalla cessazione di ciascun contratto e, dall’altra, escluso la ricorrenza di un unico rapporto di lavoro (in assenza di domanda giudiziale che prospettasse un intento fraudolente del datore di lavoro);

14. in conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c..

15. sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 200,00 per esborsi, nonchè in Euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 2 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2018

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