Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30134 del 14/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 30134 Anno 2017
Presidente: CAMPANILE PIETRO
Relatore: DI VIRGILIO ROSA MARIA

ORDINANZA
sul ricorso 16608-2017 proposto da:
JALLOW MOUHAMED, elettivamente domiciliato in ROMA,
CIRCONVALLAZIONE CLODIA n. 88, presso lo studio
dell’avvocato GIOVANNI ARILLI, rappresentato e difeso
dall’avvocato CARLA PENNETTA;

– ricorrente contro
MINISTERO DELL’INTERNO (c.f. 80014130928), elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELL() STATO, che lo rappresenta
e difende ope-legis;

– controricorrente avverso la sentenza n. 13/2017 della CORTE D’APPELLO di
ANCONA, emessa 11 30/11/2016;

Data pubblicazione: 14/12/2017

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 14/11/2017 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI

VIRGILIO.

Ric. 2017 n. 16608 sez. M1 – ud. 14-11-2017
-2-

R.G. n. 16608/2017
Ordinanza
Rilevato che:
La Corte d’appello di Ancona, con pronuncia depositata il 9/1/2017, ha respinto
l’appello proposto da Jallow Mouhamed avverso l’ordinanza del Tribunale di
Ancona, di reiezione del ricorso volto ad ottenere l’annullamento del
provvedimento della Commissione territoriale, per il riconoscimento della

ulteriore subordine, l’accertamento del diritto al rilascio di permesso di
soggiorno per motivi umanitari, ex art.5, comma 6, d.lgs. 286/1998 ed in via
ulteriormente gradata, la concessione dell’asilo internazionale.
Secondo la Corte d’appello, non ricorrevano i presupposti per il riconoscimento
della protezione internazionale, della protezione sussidiaria né della protezione
umanitaria, rilevando che l’istruttoria amministrativa si era svolta nel pieno
rispetto di quanto stabilito nel d.lgs.25/08 e delle raccomandazioni in materia
dell’UNCHR, che l’omessa traduzione del provvedimento della Commissione non
lo rendeva improduttivo di effetto, potendo al più giustificare la remissione in
termini, né la parte aveva subito alcun vulnus al diritto di difesa .
Nel merito, ha ritenuto che l’appellante non aveva riferito neanche davanti al
Tribunale di minacce, persecuzioni, situazioni di pericolo; il racconto dello
stesso era palesemente generico e carente di informazioni di dettaglio, con
contraddizioni intrinseche, tale da ritenersi inattendibile, né la parte aveva
supplito nell’ulteriore fase processuale a detta genericità.
Secondo la Corte del merito, le contraddizioni erano insanabili e tali da minare
in radice la possibilità di attribuire veridicità al racconto, per il resto generico,
ed il mero riferimento al contesto storico-fattuale in cui era inserita la vicenda
personale dell’appellante non consentiva di operare un ragionevole
collegamento con le vicende personali del richiedente.
Non erano infine riscontrabili, nel caso specifico e nella situazione oggettiva del
paese di provenienza, elementi idonei a ritenere il rischio effettivo che la parte
potesse subire un grave danno in caso di rimpatrio ex art.14 dlgs. 251/07,
essendo la vicenda di Jallow legata all’ambito familiare per ragioni ereditarie,
né la parte aveva dedotto di essersi rivolto alle autorità di polizia per

protezione internazionale, in subordine, la protezione sussidiaria, ed in

denunciare i fatti e di non avere avuto protezione; né si riscontravano seri
motivi di carattere umanitario per ritenere un concreto pericolo di subire atti di
persecuzione o violenze in caso di rimpatrio.
Infine, secondo la Corte d’appello, il diritto d’asilo è compiutamente attuato e
regolato dai tre istituti esaminati, sì da non residuare alcuno spazio ulteriore
per l’applicazione diretta della norma costituzionale.

Il Ministero si difende con controricorso.
Il Collegio ha disposto la redazione della

■i’■Aoau(4__v,___

nella forma della

motivazione semplificata.

4

•,

Considerato che:
Diversamente da quanto indicato nella proposta dal Relatore, il primo motivo
deve ritenersi infondato.
il ricorrente col motivo si duole della violazione della Convenziona ei Ginevra
del 1951 e del Protocollo di New York, che esigono che in materia di
accertamento dei fatti rilevanti per lo status di rifugiato, si debba tenere conto
dei principi e metodi dettati dall’UNCHR nei par.195-205 e segnatamente del
par. 196 del manuale sulle procedure ed i criteri per la determinazione dello
status di rifugiato, secondo cui l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti
fanno carico congiuntamente al richiedente ed all’esaminatore.
La parte si duole del tutto apoditticamente del non avere la Corte utilizzato
tutti i mezzi a disposizione per raccogliere le prove necessarie alla domanda.
A riguardo, deve rilevarsi che la Corte del merito ha dato atto della mancanza
di elementi di dettaglio, delle contraddizioni intrinseche e lacune della
narrazione della parte, oltre che della riconducibilità a storie stereotipate e
ripetute, da cui la non credibilità del racconto in sé, oltre che della genericità.
La Corte del merito pertanto ha dato conto della impossibilità di valutare il
racconto della parte, del tutto non credibile, nel contesto socio culturale del
paese di provenienza e della carenza di elementi di maggiore dettaglio e di
riscontri

individualizzanti,

Ricorre sulla base di due motivi lo Jallow.

che

potessero

consentire

un

ragionevole

collegamento con le vicende personali.
In questa valutazione, basata sulla sostanziale non credibilità della narrazione
dello straniero, è del tutto incongrua la doglianza del mancato ricorso ad

approfondimenti istruttori d’ufficio.
Anche il secondo mezzo è manifestamente infondato, tendendo a prospettare il
diritto all’asilo politico,derivante dall’art.10 Cost., come avulso dalla normativa
statale, mentre, come affermato nella pronuncia 16362/2016, il diritto di asilo
è interamente attuato e regolato attraverso la previsione delle situazioni finali
previste nei tre istituti costituiti dallo “status” di rifugiato, dalla protezione
sussidiaria e dal diritto al rilascio di un permesso umanitario, ad opera della

d.lgs. n. 286 del 1998, cosicché non v’è più alcun margine di residuale diretta
applicazione del disposto di cui all’art. 10, comma 3, Cost.
Le spese seguono la soccombenza; l’ammissione al patrocinio a spese dello
Stato esclude l’applicazione dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso; condanna il ricorrente alle spese, liquidate in euro
2200,00, di cui euro 100,00 per esborsi; oltre spese forfettarie ed accessori di
legge.
Così deciso in Roma, il 14/11/2017

f.7)*:PC5:31TATO IN CANGEWSFM

esaustiva normativa di cui al d.lgs. n. 251 del 2007, ed all’art. 5, comma 6, del

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