Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3013 del 07/02/2018
Civile Ord. Sez. 6 Num. 3013 Anno 2018
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: ROSSETTI MARCO
ORDINANZA
sul ricorso 6541-2016 proposto da:
PAOLINI MARTINA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
CAPO MISENO 21, presso lo studio dell’avvocato GLORIA
NATICCHIONI, che la rappresenta e difende;
– ricorrente contro
FERROVIE DELLO STATO SPA, R F I SPA, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA
AURELIANA 25, presso lo studio dell’avvocato MARIAFEDERICA
DI L1BLRO, che le rappresenta e difel,de;
TRENITALT A SPA 05403151003, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
AURELIANA 25, presso lo studio dell’avvocato MARIFEDERICA
DI LIBERO, che la rappresenta e difende;
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Data pubblicazione: 07/02/2018
- controricorrenti avverso la sentenza n. 1001/2015 della CORTE D’APPELLO di
ROMA, depositata il 11/02/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 14/12/2017 dal Consigliere Dott. MARCO
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nel 2006 Martina Paolini convenne dinanzi alFma le società Ferrovie
Rilevato che:
dello Stato s.p.a., Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. e Trenitalia s.p.a.,
esponendo che:
– il 10.3.2004 era stata investita da un convoglio ferroviario
mentre attraversava i binari della stazione ferroviaria di Lunghezza;
– la stazione di Lunghezza era priva di sottopassaggi e dotata di
strutture e misure di sicurezza inadeguate a fronte del numero di
passeggeri che la frequentavano, e tali circostanz< furono la causa
dell'investimento;
concluse pertanto chiedendo la condanna delle convenute al
risarcimento del danno;
con sentenza 8.1.2010 n. 208 il Tribunale accolse la domanda, ma
attribuì alla vittima un concorso di colpa del 66%;
con sentenza 11.2.2015 n. 1001 la Corte d'appello di Roma,
accogliendo il gravame di Martina Paolini, ridusse la percentuale di
colpa addossata alla vittima al 33%;
la sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione da Martina
Paolini, con ricorso fondato su quattro motivi ed illustrato da
memoria;
hanno resistito con separati controricorsi Rete Ferroviaria Italiana
s.p.a. e Trenitalia s.p.a.; Ric. 2016 n. 06541 sez. M3 - ud. 14-12-2017
-2- ROSSETTI. Considerato che:
col primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 360, n. 3,
c.p.c., la violazione degli artt. 32 e 41 cost.; 38 della Carta dei diritti
fondamentali dell'Unione Europea; 1175, 1176, 1227, 1375, 1681,
2043, 2050 c.c.; 11. 7.10.1977 n. 754; 7 ed 8 d.p.r. 11.7.1980 n. 753; Corte d'appello avrebbe commesso il seguente errore: pur avendo
accertato una condotta colposa del gestore ferroviario, consistito
nell'avere colposamente tollerato che la stazione di Lunghezza fosse
insicura, "non ne ha tratto le corrette conseguene giuridiche", che secondo la
ricorrente sarebbero dovute consistere in ciò: che l'eventuale concorso
di colpa della vittima si sarebbe dovuto valutare con minore rigore;
il motivo è inammissibile;
nella parte in cui critica l'attribuzione alla vittima di un
corresponsabilità del 33% nella causazione del danno, il motivo è
inammissibile, in quanto stabilire se ed in che misura la vittima di un
fatto illecito abbia concorso a causare il danno, ai sensi dell'art. 1227,
comma primo, c.c., costituisce oggetto di un accertamento di fatto,
non di una valutazione giuridica; e come tale, esso non è sindacabile in
questa sede;
nella parte in cui lamenta la violazione delle norme che prevedono
presunzioni di colpa a carico del gestore ferroviario (artt. 1681, 2050
c.c.; art. 8 1. 753/80, cit.), il motivo è inammissibile in quanto privo di
decisività: la Corte d'appello infatti ha scrutinato in concreto la
condotta delle società convenute, e l'ha ritenuta colposa: non si vede
dunque qual frutto la ricorrente trarrebbe dall'invocata violazione delle
suddette norme, dal momento che la colpa del gestore è stata
concretamente accertata; e va da sé che l'esistenza d'una presunzione Ric. 2016 n. 06541 sez. M3 - ud. 14-12-2017
-3- nella illustrazione del motivo la difesa della ricorrente sostiene che la legale di colpa a carico del gestore ferroviario non impedisce al giudice
di ravvisare, a carico della vittima, una colpa concorrente;
le osservazioni che precedono non sono infìrmate dai rilievi svolti dalla
ricorrente nella propria memoria;
in questa la ricorrente si diffonde ad argomentare sulla gravità, sulla convenute, senza avvedersi di rafforzare in tal modo il giudizio di
inammissibilità già poc'anzi espresso: la Corte d'appello, infatti, non ha
negato la sussistenza della colpa del gestore ferroviario, onde non si
vede in che modo possano dirsi violate le notme da cui quella colpa
dovrebbe discendere; pretendere poi di far discendere dall'esistenza
d'una regola la quale imponga al gestore ferroviario una determinata
condotta la conseguenza che, violata quella regola, la colpa del gestore
sarebbe sempre e comunque esclusiva ed assorbente, quale che fosse
stata l'apporto causale della vittima, significa compiere un'affermazione
in palese contrasto con l'art. 1227, comma primo, c.c., il quale come
noto costituisce una regola causale, non una regola sulla colpa (ex permultis, in tal senso, Sez. 3, Sentenza n. 15382 del 06/07/2006);
col secondo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 360, n. 3,
c.p.c., la violazione dell'art. 2 cost.; degli artt. 1175, 1227, 1375 c.c.;
dell'art. 21, comma 3, d.p.r. 753/80, cit.;
sostiene la ricorrente che la situazione di fatto al momento
dell'infortunio (l'attraversamento dei binari, da parte della vittima, sul
passaggio a ciò destinato; la presenza di un treno fermo con le parte
aperte; l'assenza di segnali di pericolo in funzione) avrebbe
determinato un "legittimo affidamento" della vittima circa la possibilità
di attraversare indenne i binari; la Corte d'appello pertanto, ritenendo
Martina Folini in colpa per non avere "ispezionati i binari" prima di
iniziare l'attraversamento, avrebbe violato il suddetto principio;
Ric. 2016 n. 06541 sez. M3 - ud. 14-12-2017
-4- rilevanza e sull'inescusabilità delle condotte colpose tenute dalle società il motivo è inammissibile;
lo stabilire, infatti, se la vittima di un fatto illecito potesse o non
potesse avvedersi, con l'uso dell'ordinaria diligenza, d'una situazione di
pericolo costituisce un accertamento di fatto, non una valutazione
giuridica, e come tale è incensurabile in sede di legittimità; che la Corte d'appello avrebbe omesso di esaminare un fatto decisivo,
rappresentato dalla circostanza che la vittima, allorché iniziò
l'attraversamento dei binari, aveva la visuale parzialmente ostruita da
un manufatto in alluminio e vetro, e di conseguenza non poteva essere
ritenuta in colpa per non avere avvistato il sopraggiungere d'un
convoglio;
il motivo è infondato, sotto più d'un aspetto;
in primo luogo è infondato perché il "fatto decisivo" invocato dalla
ricorrente non è stato omesso, ma implicitamente ritenuto ininfluente:
la Corte d'appello ha infatti affermato che l'arrivo del convoglio il
quale investì Martina Paolini "venne chiaramente avvistato da tutti i testimoni
escussi", e che di conseguenza anche la vittima non avrebbe potuto non
avvistarlo; lo stabilire, poi, se le dichiarazioni rese dai presenti alla
polizia nell'immediatezza del fatto siano stata correttamente o
malamente interpretate dalla Corte d'appello è questione inerente la
valutazione delle prove, e come tale non sindacabile in sede di
legittimità;
in secondo luogo il motivo è infondato perché il fatto che si assume
trascurato non era affatto decisivo, e ciò per due ragioni:
(a) sia perché è la stessa ricorrente a dichiarare che il manufatto in
alluminio e vetro esistente in loco ostruiva solo "parzialmente" la visuale
(p. 26, secondo rigo, del ricorso); Ric. 2016 n. 06541 sez. M3 - ud. 14-12-2017
-5- col terzo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c., (b) sia perché', Corte d'appello ha ravvisato la colpa della vittima non
solo nel non avere avvistato il sopraggiungere del convoglio, ma anche
nell'essere uscita dalla stazione di corsa, per timore di perdere il treno,
e nell'avere attraversato i binari "a passo veloce"; condotte, queste
ultime, di per sé idonee a fondare un giudizio di concorso causale nella col quarto motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 360, n. 4,
c.p.c., la "nullità della sentenza e del procedimento";
deduce, al riguardo, che per ricostruire i fatti il Tribunale ordinò
l'acquisizione, ex art. 213 c.p.c., degli atti dlirrctagine compiuti dalla
Polizia Ferroviaria nel corso delle indagini scaturite dall'investimento
di Martina Paolini, tra i quali figurava una perizia disposta dall'Autorità
Inquirente, e le sommarie dichiarazioni rese anche da dipendenti di
Trenitalia s.p.a.;
tali documenti, sostiene ora la ricorrente, non potevano essere acquisiti
d'ufficio: sia perché non provenienti dalla pubblica amministrazione;
sia perché non era impedito alle altre parti acquisirli e produrli; sia
perché quegli atti contenevano dichiarazioni di persone che, se indicate
come testimoni, sarebbero state incapaci a deporre ex art. 246 c.p.c.;
il motivo è tanto inammissibile, quanto infondato;
è inammissibile perché, in violazione del precetto di cui all'art. 366, n.
6, c.p.c., non trascrive né riassume il contenuto dei documenti che
assume essere stati irritualmente acquisiti, il che impedisce a questa
Corte di valutarne la decisività;
il motivo è in ogni caso manifestamente infondato, in quanto:
(a) è la stessa ricorrente a riferire che gli atti d'indagine sono stati
acquisiti dalla Polizia Ferroviaria, che indubbiamente costituisce una
" pubblica amministrazione"; Ric. 2016 n. 06541 sez. M3 - ud. 14-12-2017
-6- causazione del danno; (b) la circostanza che quegli atti contenessero dichiarazioni rese da
persone che, se intimate come testimoni, sarebbero state incapaci a
deporre, non impediva al giudicante di valutarle come meri indizi, in
virtù del noto principio di atipicità della prova (in tal senso, con
riferimento alla confessione resa da incapace, si veda già Sez. 3, (c) la scelta del giudice di acquisire d'ufficio documenti dalla pubblica
amministrazione costituisce esercizio d'una facoltà discrezionale,
insindacabile in sede di legittimità (ex perrnultis, in tal senso, Sez. L,
Sentenza n. 12789 del 02/09/2003; Sez. L, Sentenza n. 5557 del
25/10/1982; Sez. L, Sentenza n. 3257 del 27/05/1982; Sez. 3,
Sentenza n. 5657 del 21/10/1980, oltre numerose altre; gioverà
rammentare che la sentenza capostipite in tal senso è rappresentata da
Sez. 2, Sentenza n. 534 del 14/03/1962, a dimostrazione di quanto
risalente ed unanime sia il principio che la ricorrente vorrebbe qui
mettere in discussione);
le spese del presente giudizio di legittimità vanno a poste a carico della
ricorrente, ai sensi dell'art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel
dispositivo, tenuto conto della identità della difesa delle due società
controricorrenti, e della parziale coincidenza delle difese da esse svolte;
il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con
la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di
un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per l'impugnazione, ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, d.P.R.
30 maggio 2002, n. 115 (nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17,
legge 24 dicembre 2012, n. 228). P.q.m.
(-) rigetta il ricorso; Ric. 2016 n. 06541 sez. M3 - ud. 14-12-2017
-7- Sentenza n. 6687 del 09/07/1998); (-) condanna Martina Paolini alla rifusione in favore di Rete Ferroviaria
Italiana s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si
liquidano nella somma di curo 5.000, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m.
10.3.2014 n. 55; delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella
somma di curo 5.000, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa
forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55;
(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dall'art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30.5.2002 n. 115, per il versamento da parte di Martina Paolini di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per l'impugnazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione
civile della Corte di cassazione, addì 14 dicembre 2017. Il Presidente (Adelaide Amendola)
eLLS 9-QCLA a Ult )/ (-) condanna Martina Paolini alla rifusione in favore di Trenitalia s.p.a.