Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30128 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. I, 30/12/2011, (ud. 30/09/2011, dep. 30/12/2011), n.30128

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.B.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato MARRA MARIA TERESA giusta mandato a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore;

– intimata –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA del 16/01/06,

depositato il 20/06/2006 nel procedimento N. 52417/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/09/2011 dal Consigliere Dott. STEFANO SCHIRO’;

è presente il P.G. in persona del Dott. SORRENTINO Federico che ha

concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.B.A. ricorre per cassazione, sulla base di tre motivi, nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri avverso il decreto in data 20 giugno 2006, con il quale la Corte di appello di Roma ha condannato detta Presidenza al pagamento in suo favore della somma di Euro 2.500,00, pari ad Euro 800,00 per ogni anno di ritardo, oltre a interessi legali a decorrere dalla domanda, per violazione del termine ragionevole di durata di un giudizio da lei promosso davanti al Tar Campania il 19 dicembre 1996, conclusosi in primo grado con sentenza del 25 gennaio 1999 e definito in appello davanti al Consiglio di Stato con sentenza in data 8 febbraio 2005.

La Presidenza intimata non ha svolto difese.

Nell’odierna camera di consiglio il collegio ha deliberato che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Parte ricorrente censura il decreto impugnato, proponendo tre motivi di ricorso, con i quali lamenta:

– il calcolo dell’equo indennizzo solo con riferimento al periodo eccedente la ragionevole durata della causa, e non all’intera durata del giudizio, nonchè il mancato riconoscimento del bonus di Euro 2.000,00 in ragione della natura della controversia attinente a contributo per assistenza di invalido non autosufficiente (primo motivo);

– la mancata applicazione della normativa comunitaria alla stregua dell’interpretazione fornita dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, con la formulazione del seguente quesito di diritto: “la L. n. 89 del 2001 e specificamente l’art. 2 costituisce applicazione dell’art. 6 par. 1 della CEDU e in ipotesi di contrasto tra la legge Pinto e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo ovvero di lacuna della legge nazionale si deve disapplicare la legge nazionale ed applicare la CEDU?” (secondo motivo);

– il computo della durata del processo, non limitato al giudizio di appello, come richiesto, ma esteso anche al giudizio di primo grado (terzo motivo).

2. Il primo motivo è privo di fondamento in quanto è vincolante per il giudice nazionale, il disposto della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a) ai sensi del quale è influente solo il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole di durata del processo (Cass. 2005/21597; 2008/14). Inoltre non può ravvisarsi un obbligo di diretta applicazione dell’orientamento della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo cui va riconosciuta una somma forfetaria nel caso di violazione del termine nei giudizi aventi particolare importanza, fra cui anche quelle riguardanti lavoro, previdenza e assistenza; da tale principio, infatti, non può derivare automaticamente che tutte le controversie di tal genere debbano considerarsi di particolare importanza, spettando al giudice del merito valutare se, in concreto, la causa abbia avuto una particolare incidenza sulla componente non patrimoniale del danno, con una valutazione discrezionale che non implica un obbligo di motivazione specifica, essendo sufficiente, nel caso di diniego di tale attribuzione, una motivazione implicita (Cass. 2006/9411; 2008/6898). Il secondo motivo è inammissibile, in quanto il quesito formulato è del tutto generico e senza nessuna attinenza al decisum del decreto impugnato.

Anche il terzo motivo non e fondato, in quanto, in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, pur essendo possibile individuare degli “standard” di durata media ragionevole per ogni fase del processo, quando quest’ultimo si sia articolato in vari gradi e fasi, agli effetti dell’apprezzamento del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali occorre avere riguardo all’intero svolgimento del processo medesimo (Cass. 2006/8717; 2011/14534). Le considerazioni che precedono conducono al rigetto del ricorso, ma nulla deve disporsi in ordine alle spese processuali, non avendo la Presidenza intimata svolto difese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 30 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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