Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30128 del 26/10/2021

Cassazione civile sez. VI, 26/10/2021, (ud. 14/09/2021, dep. 26/10/2021), n.30128

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17309-2018 proposto da:

COMUNE DI LATINA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA DELL’OROLOGIO 7, presso lo studio

dell’avvocato PAOLO PONTECORVI, rappresentato e difeso dall’avvocato

FRANCESCO DI LEGINIO;

– ricorrente –

contro

R.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRISTOFORO COLOMBO

322, presso lo studio dell’avvocato CARMINE GIORDANO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6971/11/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DEL LAZIO, depositata il 30/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MOCCI

MAURO.

 

Fatto

RILEVATO

che il Comune di Latina propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, che aveva rigettato il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Latina. Quest’ultima aveva accolto l’impugnazione di R.M. avverso un avviso di accertamento per ICI, relativo all’anno 2006;

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato ad un unico, articolato motivo, col quale il ricorrente prospetta la nullità della sentenza e del procedimento per omessa, contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nonché per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 2 e 5 in combinato disposto con l’art. 5 regolamento ICI del Comune di Latina, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3;

che, infatti, i terreni oggetto di causa sarebbero stati inseriti nel P.R.G. come aventi qualifica di aree edificabili, nell’ambito della dichiarazione di successione e testamento, in forza del quale il contribuente avrebbe acquisito la proprietà dei fondi; che l’intimato si è costituito con controricorso;

che il motivo non è fondato;

che, per un verso, la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014);

che, per altro verso, in tema di ICI, l’edificabilità di un’area, ai fini della determinazione della base imponibile, fondata sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione (Sez. 5, n. 24308 del 29/11/2016);

che, nella specie, la CTR ha motivato la propria decisione con la considerazione che il Comune aveva depositato certificati dell’Agenzia del territorio e visure storiche, nelle quali i terreni in questione erano sempre qualificati come “seminativi”, mentre neppure in questa sede l’Ente ricorrente ha dimostrato che i suddetti fondi fossero inseriti nel P.R.G.;

che pertanto la sentenza impugnata non è incorsa in alcuna violazione di legge, mancando la prova della diversa qualificazione dei fondi come aree fabbricabili;

che il ricorso va respinto e la condanna alle spese segue la soccombenza;

che, ai sensi del D.P.R. n. 115 dei 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del R., che liquida in Euro 1.400, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 dei 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 14 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2021

 

 

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