Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30128 del 20/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 20/11/2019, (ud. 08/10/2019, dep. 20/11/2019), n.30128

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31338-2018 proposto da:

A.Z., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ANTONINO NOVELLO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO

DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI SIRACUSA;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CALTANISSETTA, depositato il

11/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 08/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

TERRUSI.

Fatto

RILEVATO

che:

A.Z. ricorre per cassazione contro il decreto del tribunale di Caltanissetta, pubblicato l’11-9-2018 e comunicato in pari data, che ne ha rigettato la domanda di protezione internazionale;

il ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il tribunale ha motivato la decisione affermando che la versione dei fatti resa dal richiedente al fine di giustificare l’allontanamento dal paese di origine (il Pakistan, regione del (OMISSIS)) non poteva ritenersi credibile, essendo stata incentrata su presunte minacce e attentati incendiari fatte da un non meglio precisato influente uomo politico per acquisire la proprietà di un terreno;

tale versione il tribunale ha ritenuto priva di coerenza logica, di plausibilità e di pertinenza spazio-temporale, anche tenuto conto del fatto che il medesimo richiedente neppure si era presentato in udienza per essere ascoltato, così da chiarire le lacune logiche del proprio racconto;

a tanto il tribunale ha aggiunto che dal rapporto Easo aggiornato la zona di provenienza del richiedente non era risultata caratterizzata da situazione di violenza indiscriminata da conflitto armato, e che niente era stato allegato al fine di sostenere la domanda di protezione umanitaria;

il ricorrente propone tre motivi di ricorso;

col primo denunzia la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e 5, per non avere il tribunale applicato il principio dell’onere probatorio attenuato e per non aver valutato la credibilità personale del richiedente secondo i parametri indicati dalla legge;

il motivo, in disparte l’inconferente richiamo (qui come negli altri) all’art. 112 c.p.c. (che attiene alla corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, nella specie non messa in discussione), è inammissibile;

il tribunale ha escluso la credibilità dei fatti esattamente uniformandosi al dettato normativo, tanto che il giudizio è stato sostenuto da chiari riferimenti alla incoerenza e alla non plausibilità delle dichiarazioni per genericità di contenuto spazio-temporale e per illogicità relazionata alle stesse premesse del racconto, facente leva su minacce a sostegno di ingiuste pretese relative a terreno non di proprietà del ricorrente ma del padre; il tribunale ha inoltre corroborato il giudizio di inattendibilità del richiedente in virtù della constatazione – non censurata – per cui egli si era reso irreperibile durante il procedimento, senza neppure comparire per essere ascoltato in udienza;

il sindacato sulla credibilità integra un giudizio di fatto, non sindacabile in sede di legittimità;

col secondo motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per non avere il tribunale riconosciuto la sussistenza di una minaccia grave alla vita derivante da situazione di violenza indiscriminata;

il motivo è inammissibile poichè postula un sindacato di fatto circa il diverso giudizio di non sussistenza di una simile situazione di violenza indiscriminata nella zona di provenienza del ricorrente; giudizio motivatamente espresso dal tribunale mediante indicazioni delle apposite fonti di conoscenza (v. Cass. n. 11312-19);

col terzo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 19T.U. immigrazione, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, censura la decisione a proposito della protezione umanitaria, per non aver valutato la gravità della situazione del Pakistan correlandola a quella personale;

anche il terzo motivo è inammissibile;

la domanda di protezione umanitaria è stata disattesa per un difetto di allegazione, avendo il tribunale osservato che nessuna circostanza o fatto rilevante erano stati giustappunto allegati onde sostenere una condizione di vulnerabilità;

in proposito il ricorrente, prima di affermare che l’esame dei requisiti della domanda di protezione umanitaria era mancato del tutto, avrebbe dovuto innanzi tutto specificare cosa era stato dedotto e cosa era stato allegato dinanzi al giudice del merito, in vista di una valutazione difforme rispetto a quella fornita;

ciò non è stato fatto, donde la censura non appare infine pertinente alla ratio decidendi;

la declaratoria di inammissibilità del ricorso implica doversi dare atto dell’esistenza del presupposto per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato (Cass. n. 9660-19), se dovuto (Cass. Sez. U n. 23535-19).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2019

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