Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30127 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. I, 30/12/2011, (ud. 28/09/2011, dep. 30/12/2011), n.30127

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Z.L., elettivamente domiciliato in Roma, via Giulia di

Colloredo 46/48, presso l’avv. De Paola Gabriele, che lo rappresenta

e difende per procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per

legge;

– controricorrente –

E sul ricorso n. 21000/2010 proposto da:

L.G., elettivamente domiciliato in Roma, via Giulia di

Colloredo 46/48, presso l’avv. Gabriele De Paola, che lo rappresenta

e difende per procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore;

– intimato –

E sul ricorso n. 21011/2010 proposto da:

P.L., elettivamente domiciliato in Roma, via Giulia di

Colloredo 46/48, presso l’avv. Gabriele De Paola, che lo rappresenta

e difende per procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore;

– intimato –

avverso i decreti della Corte di appello di Firenze in data 15 giugno

2009 nei procedimenti nn. 643/2008, 661/2008 e 734/2008 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza in data

28 settembre 2011 dal relatore, cons. Stefano Schirò;

udito il difensore dei ricorrenti, avv. Gabriele De Paola, che ha

chiesto l’accoglimento dei ricorsi;

udito il Pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore

generale, dott. LETTIERI Nicola, che ha chiesto il rigetto dei

ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Z.L., L.G. e P.L. hanno proposto separati ricorsi per cassazione, sulla base di due motivi, nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze avverso i decreti indicati in rubrica, con il quale la Corte di appello di Venezia ha condannato il Ministero intimato al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti della somma di Euro 1.650,00 ciascuno – pari ad Euro 250,00 per ogni anno di ritardo – per violazione del termine ragionevole di durata di un giudizio promosso davanti alla Corte dei conti il 4 agosto 1997 e definito con sentenza n. 565/07 del 7 giugno 2007.

Il Ministero intimato ha resistito con controricorso nei confronti di Z.L., mentre non ha svolto difese nei confronti degli altri ricorrenti. Nell’odierna camera di consiglio il collegio ha deliberato che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve disporsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi, in quanto aventi ad oggetto l’impugnazione di decreti della Corte di appello di Venezia in materia di equa riparazione, L. n. 89 del 2001, ex art. 2 relativi al medesimo giudizio presupposto.

Con i due motivi ognuno dei ricorrenti- denunciando violazione di legge e vizio di motivazione – deduce che l’importo liquidato a titolo di equo indennizzo è inferiore ai parametri stabiliti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Il ricorso è fondato. Infatti la determinazione dell’indennizzo nella misura di Euro 250,00 per anno di ritardo è irragionevolmente inferiore a quella calcolata in base ai parametri stabiliti dalla CEDU, come interpretati e recepiti dalla giurisprudenza di questa Corte (Euro 750,000 per i primi tre anni di durata non ragionevole ed Euro 1.000,00 per ogni anno successivo; cfr. Cass. 2010/17922).

I decreti impugnati devono essere conseguentemente annullati e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2.

Determinata in sei anni e nove mesi la durata non ragionevole del giudizio svoltosi davanti alla Corte dei conti, secondo l’accertamento compiuto dalla Corte di appello e non censurato dai ricorrenti, il parametro per indennizzare ciascuno dei ricorrenti del danno non patrimoniale subito va individuato nell’importo non inferiore ad Euro 750,00 per anno di ritardo, alla stregua degli argomenti svolti nella sentenza di questa Corte n. 16086 del 2009.

Secondo tale pronuncia, in tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo e in base alla giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo (sentenze 29 marzo 2006, sui ricorsi n. 63261 del 2000 e nn. 64890 e 64705 del 2001), gli importi concessi dal giudice nazionale a titolo di risarcimento danni possono essere anche inferiori a quelli da essa liquidati, a condizione che le decisioni pertinenti siano coerenti con la tradizione giuridica e con il tenore di vita del paese interessato, e purchè detti importi non risultino irragionevoli, reputandosi, peraltro, non irragionevole una soglia pari al 45 per cento del risarcimento che la Corte avrebbe attribuito, con la conseguenza che, stante l’esigenza di offrire un’interpretazione della L. 24 marzo 2001, n. 89 idonea a garantire che la diversità di calcolo non incida negativamente sulla complessiva attitudine ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, evitando il possibile profilarsi di un contrasto della medesima con l’art. 6 della CEDU (come interpretata dalla Corte di Strasburgo), la quantificazione del danno non patrimoniale deve essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo eccedente il termine di ragionevole durata.

Tali principi vanno confermati in questa sede, con la precisazione che il suddetto parametro va osservato in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, dovendo invece aversi riguardo per quelli successivi, al parametro di Euro 1.000,00 per anno di ritardo, tenuto conto che l’irragionevole durata eccedente tale periodo comporta un evidente aggravamento del danno (Cass. 2009/16086;

2010/819). Nel caso di specie si deve, di conseguenza, riconoscere a ciascuno dei ricorrenti, in relazione ad una durata non ragionevole di sei anni e nove mesi, l’indennizzo di Euro 6.100,00, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo, al cui pagamento deve essere condannato il Ministero soccombente. Le spese del giudizio di merito e quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397; 2008/25352) e tenuto conto della pluralità di ricorrenti, che però nel giudizio presupposto avevano agito unitariamente (cfr. Cass. 2010/10634), con distrazione delle spese del giudizio di merito in favore dei difensori dei ricorrenti, dichiaratisi antistatari.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li accoglie.

Cassa i decreti impugnati e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 6.100,00, oltre agli interessi legali a decorrere dalla domanda.

Condanna inoltre detto Ministero al pagamento in favore dei ricorrenti delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 1.340,00 di cui Euro 800,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, nonchè di quelle del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 1.000,00 di cui Euro 900,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, con distrazione delle spese del giudizio di merito in favore dei difensori dei ricorrenti, avvocati Francesco e Gabriele De Paola, dichiaratisi antistatari.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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