Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30121 del 21/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 21/11/2018, (ud. 26/06/2018, dep. 21/11/2018), n.30121

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8075/2017 proposto da:

P.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA MARGANA 29,

presso lo studio dell’avvocato ANTONINO ROSARIO BARLETTA,

rappresentato e difeso dall’avvocato FABIO GAGLIANO giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

MOTIA COMPAGNIA DI NAVIGAZIONE S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

POMPEO MAGNO 23/A, presso lo studio dell’avvocato GUIDO ROSSI, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA BORTOLUZZI

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 91/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 27/01/2017 R.G.N. 803/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/06/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato BARLETTA ANTONINO per delega verbale Avvocato

GAGLIANO FABIO;

udito l’Avvocato BORTOLUZZI ANDREA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 91/17 la Corte di appello di Palermo ha confermato, con motivazione parzialmente diversa da quella del giudice di prime cure, il rigetto della domanda proposta da P.C. nei confronti di Motia Compagnia di Navigazione s.p.a. intesa all’accertamento della illegittimità del licenziamento intimato all’originario ricorrente in data 6 settembre 2012.

1.1. La statuizione di conferma è stata adottata in accoglimento della eccezione di difetto di legittimazione passiva reiterata dalla società, originaria convenuta, la quale aveva dedotto che il P. era stato da ultimo imbarcato sulla (OMISSIS) di proprietà di Minos Società di navigazione s.r.l., soggetto giuridico distinto da essa Motia Compagnia di Navigazione s.p.a. e a questa legato esclusivamente da un contratto di crew management”, operando la Minos nella qualità di mandataria della prima società ed occupandosi del personale da imbarcare sulle navi della flotta.

1.2. Nel pervenire a tale accertamento la Corte territoriale ha valorizzato la formale imputazione del rapporto di lavoro alla società Minos risultante dal contratto di arruolamento e dalla intestazione degli statini stipendiali, mai contestati nella loro regolarità formale e veridicità contenutistica; premesso, inoltre, che la stessa difesa del P. ammetteva che Minos Società di navigazione s.r.l. e Motia Compagnia di Navigazione s.p.a. costituivano soggetti distinti fisicamente e giuridicamente e che era risultato privo di riscontro l’assunto della esistenza di una codatorialità del rapporto da parte delle due società, ha osservato che l’eventuale collegamento societario tra le stesse non integrava di per sè l’esistenza di un unico centro al quale riferire il rapporto in controversia; le emergenze probatorie, inoltre non avevano dimostrato che il legale rappresentante della Motia aveva assunto nei confronti della società Minos poteri di ingerenza e primazia tali da prescindere dagli individuali meccanismi tipici di gestione dei rapporti di lavoro con i singoli dipendenti di ciascuna società; in assenza dei necessari riscontri fattuali, pertanto, le previsioni collettive in tema di premio di fidelizzazione e in tema di inserimento in unico turno particolare invocate dal P. non consentivano di riferire il rapporto di lavoro alla società convenuta.

2. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso sulla base di tre motivi P.C.; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso.

2.1. Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 e dell’art. 434 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto il difetto di legittimazione passiva della società Motia. Premesso che doveva considerarsi pacifica la circostanza della unificazione del turno particolare tra la società Motia e la società Minos e la conseguente sussumibilità del rapporto fra le stesse nell’ambito della previsione dell’art. 1 del c.c.n.l., assume che la Corte d’appello aveva errato nell’escludere la configurabilità tra le dette società di “un raggruppamento di società o compagnie consorziate”.

2. Con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 1 e 81 Bis c.c.n.l. 2007 e dell’art. 2602 c.c.. Censura, in sintesi, la sentenza impugnata per avere ritenuto ininfluenti le previsioni collettive ed in particolare la previsione dell’art. 1 c.c.n.l. al fine della imputazione del rapporto di lavoro alla società Motia.

2.1. Premessa la pacifica esistenza di un turno particolare unificato, tra Motia e Minos, turno disciplinato dagli artt. 68 e segg. c.c.n.l., sostiene, in sintesi, che con l’art. 1 c.c.n.l.- secondo il quale, “il datore di lavoro, intendendosi per tale anche un raggruppamento di società o compagnie consorziate con turno particolare unico ha facoltà di imbarcare o trasbordare il lavoratore marittimo in qualunque tempo o luogo su qualsiasi nave da lui gestita” – le parti collettive avevano inteso consentire l’utilizzo indiscriminato della stessa forza lavoro da parte del raggruppamento di società o compagnie consorziate. Tale situazione era espressione di un fenomeno di codatorialità nel quale all’unicità del rapporto corrispondeva l’obbligo del dipendente di rendere la propria prestazione lavorativa in favore di due o più soggetti datoriali. In questa prospettiva la evocazione in giudizio della società Motia risultava giustificata dalla posizione di capogruppo dalla stessa rivestita in ragione della totale detenzione del capitale sociale della società Minos. Le disposizioni collettive in tema di scatti di anzianità e premio di fidelizzazione confermavano la ricostruzione propugnata.

3. Con il terzo motivo deduce omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, costituiti dalla valenza probatoria del turno particolare richiesto dalla società Motia e concesso dalla Capitaneria del Porto di (OMISSIS) nonchè da altri fatti di cui ai richiamati documenti destinati, in tesi, a evidenziare la gestione diretta del rapporto de qua da parte della società Motia s.p.a..

4. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per una pluralità di profili.

4.1. In primo luogo, le censure articolate non appaiono riconducibili al dedotto vizio di ultrapetizione configurabile quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalla parti ovvero su questioni estranee all’oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato (Cass. 10/05/2018. n. 11304). Le doglianze di parte ricorrente, infatti, risultano esclusivamente incentrate sul mancato rilievo del carattere pacifico della esistenza fra le due società di “un raggruppamento di società o compagnie consorziate”., circostanza ritenuta dal giudice di appello non sorretta da riscontro probatorio. Anche a voler interpretare il motivo in esame, a prescindere dalla formale intestazione in rubrica, come inteso a far valere la violazione del principio di non contestazione, le doglianze formulate risultano inammissibili in quanto articolate in violazione del principio di autosufficienza del ricorso il quale impone, ai sensi dall’art. 366 c.p.c., n. 3, di indicare in quale atto sia stata allegata la suddetta circostanza, ed in quale sede e modo essa sia stata provata o ritenuta pacifica (v. Cass. 12/10/2017 n. 24062; Cass. 13/10/2016 n. 20637; Cass. 18/07/2007 n. 15961).

4.2. Infine, inammissibile per difetto di riscontri nella sentenza impugnata e per inconferenza rispetto alle effettive ragioni della decisione è la censura che ascrive al giudice di appello di avere ritenuto non provata la circostanza di un’unificazione del turno particolare tra Motia s.p.a. e Minos s.r.l.. Dirimente a riguardo risulta il rilievo che secondo la ricostruzione del giudice di appello, anche ove provata la esistenza, nella fattispecie, di un gruppo societario ciò non determinerebbe una diversa imputazione soggettiva del rapporto di lavoro.

5. Il secondo motivo di ricorso è infondato.

5.1. Le disposizioni collettive richiamate dal ricorrente non consentono, infatti, di configurare, a prescindere da un concreto riscontro probatorio, la esistenza tra le società Motia s.p.a. e Minos s.r.l. di un unico centro di imputazione al quale riferire il rapporto di lavoro del P. o un fenomeno di codatorialità.

5.2. La affermazione della sentenza impugnata sul mancato riscontro probatorio della esistenza tra le società Motia s.p.a. e Minos s.r.l. di un consorzio di imprese o di un raggruppamento di società, non inficiata dalle censure articolate con il primo motivo, comporta, in primo luogo la astratta inapplicabilità al rapporto tra le due società della previsione dell’art. 1, comma 2, c.c.n.l. che riconosce, al raggruppamento di società o compagnie consorziate con turno particolare unico, la facoltà di imbarcare o trasbordare il lavoratore marittimo in qualunque tempo o luogo su qualsiasi nave gestita da detto raggruppamento o consorzio. In assenza di accertamento da parte del giudice di merito circa la esistenza di un turno particolare unico al quale attingevano entrambe le società per l’imbarco ed il trasbordo del lavoratore marittimo viene, inoltre, meno lo stesso presupposto al quale parte ricorrente ha ancorato l’assunto di un utilizzo indiscriminato della forza lavoro comune da parte della società in questione e, quindi, la tesi della codatorialità.

5.3. A diversa conclusione non è possibile pervenire sulla base delle norme pattizie in tema di scatti di anzianità (art. 33 c.c.n.l.) e di premio di fedelizzazione (art. 81 bis c.c.n.l.) delle quali neppure è illustrata la decisività al fine della concreta riferibilità del rapporto in oggetto alla Motia s.p.a. e delle quali manca, comunque, un accertamento dei presupposti di fatto connessi alla relativa applicazione.

5.4. Infine, la sentenza impugnata risulta corretta anche in relazione all’ulteriore affermazione, configurante autonoma ratio decidendi, secondo la quale il collegamento societario non è, comunque, di per sè sufficiente a determinare la esistenza di un unico centro di imputazione del rapporto, affermazione coerente con la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale il collegamento economico-funzionale tra imprese gestite da società del medesimo gruppo non è, di per sè solo, sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, formalmente intercorso fra un lavoratore ed una di esse, si debbano estendere anche alle altre, a meno che tale collegamento non configuri un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro, in ragione dell’esistenza di un’unica struttura organizzativa e produttiva, dell’integrazione delle attività esercitate dalle diverse imprese, del coordinamento tecnico, amministrativo e finanziario e dello svolgimento della prestazione di lavoro in modo indifferenziato, in favore delle diverse imprese del gruppo.(Cass. 31/05/2017 n. 13809; Cass. 24/09/2010 n. 20231; 16/05/2000 n. 6361).

6. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.

6.1. Si premette che in ragione della data di pubblicazione della sentenza impugnata, successiva al 10 settembre 2012, trova applicazione, ai sensi del D.L. 22 giugno 2012, art. 54, comma 3, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, la modifica introdotta dell’art. 54 cit., comma 1, lett. b), che limita il controllo previsto dell’art. 360 c.p.c., nuovo n. 5), all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia (per tutte v. Cass. Sez. Un. 7/4/2014 n. 8053).

6.2. Il motivo in esame non è articolato con modalità conformi all’attuale formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per una pluralità di profili. Innanzitutto, nel prospettare l’omesso esame del fatto costituito dall’unificazione del turno particolare, parte ricorrente non chiarisce, in violazione del disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, il come ed il modo in cui tale circostanza è stata acquisita al giudizio; analoga carenza si rileva in relazione agli altri fatti evocati essenzialmente mediante rinvio alla documentazione versata in atti in quanto parte ricorrente non solo trascura di chiarire la decisività che, nel contesto del giudizio, assumono le circostanze in questione e di specificare le modalità con le quali hanno costituito oggetto di discussione tra le parti, ma omette la stessa integrale riproduzione o riassunto del documento richiamato atto e di evidenziarne il contenuto, come invece prescritto (Cass. 12/12/2014 n. 26174; Cass. 7/2/2011 n. 2966).

Al rigetto del ricorso consegue la condanna della parte soccombente alla rifusione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 4.500,00 per compensi Professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2018

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