Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3012 del 11/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 3012 Anno 2014
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

SENTENZA
sul ricorso 13398-2010 proposto da:
PROVINCIA

NAPOLI

01263370635

in

persona

del

Presidente in carica della Giunta Provinciale On.
LUIGI CESARO, elettivamente domiciliata in ROMA, P.LE
CLODIO 22 presso lo studio dell’avvocato MILETO
BRUNELLO (STUDIO LEGALE MANCINI), rappresentata e
R013
2293

difesa dall’avvocato DI FALCO ALDO giusta delega in
atti;
– ricorrente contro

CUCCURULLO

GAETANO,

CUCCURULLO

1

GIUSTINIANO,

Data pubblicazione: 11/02/2014

CUCCURULLO ANTONIO;
– intimati –

Nonché da:
CUCCURULLO

ANTONIO

CCCNTN63L03G568V,

CUCCURULLO

GIUSTINIANO CCCGTN61M03G568A entrambi in proprio e

domiciliati in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 12, presso
lo studio dell’avvocato SMEDILE SERGIO, rappresentati
e difesi dall’avvocato AFELTRA MAURIZIO giusta delega
in atti;
– ricorrenti incidentali contro

PROVINCIA

NAPOLI

01263370635

in

persona

del

Presidente in carica della GIUNTA PROVINCIALE On.
LUIGI CESARO, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZALE CLODIO 22 presso lo studio dell’avvocato
MILETO BRUNELLO (STUDIO LEGALE MANCINI),
rappresentata e difesa dall’avvocato DI FALCO ALDO
giusta delega in atti;
– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 518/2009 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 13/05/2009, R.G.N.
2955/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/12/2013 dal Consigliere Dott. GIACOMO
MARIA STALLA;

2

quali eredi di CUCCURULLO GAETANO, elettivamente

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA il rigetto del
ricorso principale, inammissibilità del ricorso

incidentale;

3

Ric. n. 13398/10 rg.

Svolgimento del processo.
1. Con atto di citazione notificato il 28.7.04 Cuccurullo Gaetano,
Cuccurullo Giustiniano e Cuccurullo Antonio convenivano avanti al
tribunale di Torre Annunziata la Provincia di Napoli, chiedendone
con riferimento al contratto di locazione 26 ottobre 88

dall’amministrazione Provinciale a sede di istituto scolastico la condanna al pagamento della somma complessiva di euro
600.000,00 a titolo di canoni non pagati e di risarcimento dei
danni arrecati all’immobile per difetto di manutenzione e mancata
esecuzione di lavori di adeguamento.
Si costituiva in giudizio la Provincia di Napoli la quale
opponeva l’avvenuto recesso ex articolo 27 1.392/78 dal rapporto
in oggetto di cui alla lettera AR 16 giugno 2001 e proponeva, in
via riconvenzionale, domanda di accertamento della legittimità di
tale recesso e, conseguentemente, di avvenuta cessazione della
locazione alla data della disdetta (ovvero, in subordine, al
compimento del semestre successivo).
Previo mutamento del rito, interveniva la sentenza 309/07 con
la quale il tribunale di Torre Annunziata: – respingeva la domanda
risarcitoria

della

respingeva

proprietà;

la

domanda

riconvenzionale della Provincia di Napoli finalizzata a far
dichiarare la cessazione del rapporto al 16 giugno 2001;
condannava la Provincia al pagamento della somma capitale di euro
115.892,92 a titolo di canoni dal 20 agosto 2002 al 20 novembre
2003, data di ultima scadenza contrattuale.
3bt5

afferente un immobile di loro proprietà destinato

Ric. n. 13398/10 rg.

Avverso tale sentenza veniva proposto appello principale dai
Cuccurullo, nonchè appello incidentale dalla Provincia avverso il
rigetto della domanda riconvenzionale.
Con sentenza n.518 del 13 maggio 2009, la corte di appello di
Napoli rigettava tanto l’appello principale quanto quello

La Provincia di Napoli interponeva ricorso per cassazione sulla
base di unico motivo, a cui resistevano con controricorso
Cuccurullo Giustiniano e Cuccurullo Antonio (in proprio e come
eredi di Cuccurullo Gaetano), i quali formulavano altresì tre
motivi di ricorso incidentale, iscritto al medesimo numero di rg..
La Provincia depositava controricorso a ricorso incidentale.
Motivi della decisione.

2.

Va preliminarmente disattesa l’istanza della Provincia di

integrazione del contraddittorio, ex articolo 331 cod.proc.civ.,
nei confronti di Talamo Elvira, moglie dell’attore Gaetano
Cuccurullo deceduto il 12 ottobre 2008 (pendente l’appello), dal
momento che dalle risultanze agli atti (stato di famiglia) risulta
unicamente la veste di chiamata all’eredità della Talamo, non
anche quella di coerede del de

cujus

(e dunque litisconsorte

necessaria) con i figli Giustinìano ed Antonio.
3. Nell’unico motivo di ricorso principale, la Provincia lamenta
violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex articolo/
360 1″ co.n.3 cpc in relazione all’articolo 1220 cc (effetti’
dell’offerta non formale); avendo la sentenza impugnata rigettato
il suo appello incidentale e confermato la sua condanna al
4

incidentale, compensando integralmente le spese del grado.

Ric. n. 13398/10 rg.

pagamento dei canoni di locazione fino alla data di scadenza
contrattuale del 20 novembre 2003, anziché sino alla data della
lettera di recesso (16.6.01) o, al più, al compimento dei sei mesi
successivi. Il motivo si correda del seguente quesito di diritto
ex art.366 bis cod.proc.civ., qui applicabile

ratione temporis:

parte del conduttore di modalità aventi valore di offerta reale
non formale, successivamente alla risoluzione del rapporto
contrattuale, è idonea ad evitare la mora del conduttore
nell’obbligo di adempiere la prestazione di pagamento del canoni
di locazione ai sensi dell’articolo 1220 cc”.
Il motivo è infondato poiché, nell’invocare a proprio favore
gli effetti dell’offerta reale di restituzione dei locali alla
proprietà successivamente al recesso da essa comunicato, la
Provincia tralascia di considerare che in tanto il giudice di
merito avrebbe potuto/dovuto valutare tale aspetto, in quanto
avesse trovato previo accoglimento la domanda riconvenzionale con
la quale la Provincia stessa chiedeva che venisse accertata la
legittimità di tale recesso. Al contrario, dal momento che questa
domanda è stata rigettata dal tribunale (che ha affermato la
scadenza contrattuale al 20 novembre 2003) con statuizione
confermata in appello e qui non fatta oggetto di ricorso, non può
che prendersi atto della ininfluenza nella specie della questione
ex articoli 1216/1220 cod.civ. (viceversa rilevante qualora il
giudice del merito avesse in ipotesi dichiarato legittimo il
recesso al 16.6.01). La decisione qui impugnata deve pertanto
5

“dica la S.C. se, in tema di locazione di immobili, l’adozione da

Ric. n. 13398/10 rg.

ritenersi rispondente a diritto nella parte in cui ha confermato
la condanna della Provincia di Napoli al pagamento dei canoni
locativi fino alla scadenza contrattuale acclarata al 20 novembre
2003.
Vero è che, nel ritenere questo, la corte territoriale ha in

la procedura di offerta formale ex articolo 1216 cod.civ. (v.sent.
pag.6), e ciò è avvenuto con riguardo al periodo successivo,
intercorrente tra il 20 novembre 2003 ed il 2 gennaio 2004 (data
di effettiva riconsegna dei locali). Ebbene, tale affermazione di
principio – comunque ultronea, dal momento che la stessa corte di
appello aveva respinto in rito la domanda di parte locatrice di
ottenere il pagamento dei canoni per quest’ultimo periodo,
ravvisandone la novità – merita di essere corretta; richiamandosi
in proposito il costante orientamento di legittimità in forza del
quale l’offerta reale di riconsegna dei locali, ex art.1220
cod.civ., pur non essendo sufficiente a costituire in mora il
locatore, può essere tuttavia idonea – se realizzata con modalità
serie, concrete, tempestive e funzionali allo scopo – ad evitare
la mora del conduttore nell’obbligo del pagamento dell’indennità
di occupazione (Cass. 3 settembre 2007 n. 18496; 20 gennaio 2011
n.1337; 27 novembre 2012 n.21004 ed altre).
Come detto, però, dalla correzione di tale affermazione di
diritto non può nella specie discendere l’accoglimento del motivc/
in esame, in quanto basato su un presupposto (l’effettiva
cessazione del rapporto alla data del recesso) che risulta
6

effetti affermato l’obbligo per la parte conduttrice di attivare

Ric. n. 13398/10 rg.

comunque erroneo, e che si pone ‘a monte’ della problematica ex
articolo 1220 cit..
4.1 Venendo al primo motivo del ricorso incidentale (interamente
incentrato sul mancato accoglimento delle domande di pagamento
dell’indennità di occupazione fino al rilascio effettivo, nonché

di motivazione ex articolo 360 1” co. n.5) e falsa applicazione di
norme di diritto ex articolo 360, l^ co.n.3) cod.proc.civ., con
riferimento all’articolo 112 cod.proc.civ., avendo la corte di
appello (sent.pag.5) rigettato la domanda di aumento Istat in
quanto non richiesto nel corso del rapporto locativo, nonostante
che essi non avessero mai avanzato tale domanda nè in primo nè in
secondo grado; tanto più che le ultime trimestralità pagate dalla
Provincia già inglobavano tale aumento Istat. Il motivo si
conclude con il seguente quesito di diritto ex art.366 bis
cod.proc.civ. cit.:

“vero è che secondo le norme ed i principi

dell’ordinamento giuridico italiano sussiste il vizio di
motivazione e di ultrapetizione quando il giudice ponga a base
della propria decisione fatti e circostanze non esplicitamente
dedotti dalla parte che se ne avvantaggia; vero è che secondo i
principi dell’ordinamento giuridico italiano, oggi codificati
all’articolo 115 cc, la mancata specifica contestazione di un
fatto costitutivo del diritto dedotto da uno dei contendenti 1
rende incontroverso e non più bisognoso di prova”.
Il motivo in esame è inammissibile perché formulato in maniera
criptica ed illogica là dove – da una parte – contesta alla corte
7

di risarcimento dei danni ai locali), lamentano i Cuccurullo vizio

Ric. n. 13398/10 rg.

di appello di essere andata

ultra petitum nell’aver escluso un

aumento Istat che era stato di fatto riconosciuto dalla Provincia
stessa nel pagamento di pregresse trimestralità di euro 37.806,46
(v.sent.appello pag.5) ma ammette – dall’altra – che non era mai
stata formulata dai locatori domanda di riconoscimento di aumento

Tale incongruenza di fondo non trova rimedio nella formulazione
estremamente astratta e scollegata dalla realtà della
fattispecie sostanziale e processuale – del quesito di diritto ex
articolo 366 bis cod.proc.civ., come su riportato. Questo si
risolve in una mera e tautologica affermazione di principio sulle
ipotesi normative di ‘ultrapetizione’ e ‘mancata contestazione’;
senza tuttavia fare menzione alcuna, con riguardo alla vicenda
processuale in esame, né dei

‘fatti e circostanze non

esplicitamente dedotti dalla parte che se ne avvantaggia’

la cui

considerazione avrebbe integrato la violazione dell’articolo 112
cod.proc.civ., né del fatto costitutivo del diritto

incontroverso e non più bisognoso di prova’

‘divenuto

a seguito della

mancata contestazione ex art.115 cc.
Dalla lettura del quesito in esame – che ha d’altra parte
rilevanza autonoma, non potendo trovare integrazione o
specificazione nella narrativa di illustrazione del motivo – non è
dato in definitiva di individuare lo specifico errore di diritto
nel quale sarebbe incorso il giudice di appello; e nemmeno in che
modo una diversa applicazione della regola di diritto che sr

8

Istat ulteriore rispetto alle suddette trimestralità.

Ric. n. 13398/10 rg.

assume violata avrebbe potuto sostitutivamente comportare una
decisione differente del caso pratico.
Un quesito così congegnato non può dirsi rientrante nei
parametri di legge, come costantemente individuati da questa
corte.

un., 5 febbraio 2008, n. 2658; Cass., 17 luglio 2008, n. 19769;
Cass., 30 settembre 2008, n. 24339; Cass., 25 marzo 2009, n. 7197;
Cass., 8 novembre 2010, n. 22704) che il quesito di cui
all’art.366 bis cit. – dovendo costituire un momento di
congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e
l’enunciazione del principio generale – non può esaurirsi nella
mera enunciazione di una regola astratta, dovendo invece
presentare uno specifico collegamento con la fattispecie concreta.
Esso deve in altri termini raccordare la prima alla seconda, ed
entrambe alla decisione impugnata; di cui deve indicare la
discrasia con riferimento alle specifiche premesse di fatto. Deve
pertanto ritenersi inammissibile il ricorso che contenga quesiti
di carattere generale ed astratto, privi di qualunque indicazione
sul tipo della controversia, sugli argomenti dedotti dal giudice
‘a quo’ e sulle ragioni per le quali non dovrebbero essere
condivisi.
Si è in particolare affermato (Cass. 19.11.13 n. 25903) che il
quesito di diritto “deve

essere formulato in modo tale da

esplicitare una sintesi logico-giuridica della questione, cosi da
consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula iuris
9

E’ infatti orientamento consolidato (tra le tante: Cass. , sez.

Ric. n. 13398/10 rg.

suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori
rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata; in altri
termini, esso deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione
degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito (siccome
da questi ritenuti per veri, altrimenti mancando la critica di

sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel
giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del
ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. Sicché,
il quesito non deve risolversi in un’enunciazione di carattere
generale ed astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo
della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in
esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la
causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi altresi
desumere il quesito stesso dal contenuto del motivo o integrare il
primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto
articolo (Cass., sez. un., 11 marzo 2008, n. 6420) (.4”.
Nulla di tutto ciò è dato qui riscontrare.
4.2

Nel secondo motivo di ricorso incidentale i Cuccurullo

denunciano vizio di motivazione ex articolo 360 l^ co. n.5 e falsa
applicazione di norma di diritto ex articolo 360, 1″ co.n.3)
cod.proc.civ. con riguardo all’articolo 112 cod.proc.civ., poiché
la corte di appello ha ritenuto nuova la domanda relativa al
pagamento della trimestralità successiva al 20 novembre 2003
mentre, in sede di interpretazione e ricostruzione della lorp
volontà e della portata sostanziale della loro domanda in ordine
10

pertinenza alla ratio decidendi della sentenza impugnata); b) la

Ric. n. 13398/10 rg.

al

quantum debeatur,

doveva ritenersi che essi fin dall’atto

introduttivo del giudizio (e come anche specificato nelle note di
replica 6.6.05) avessero richiesto il pagamento del dovuto fino al
febbraio ’04, data di effettiva riconsegna dei locali. Il motivo
trova corredo nel seguente quesito di diritto:

“vero è che secondo

giudice di merito, nell’esercizio del potere di interpretazione e
qualificazione della domanda, non è condizionato dalle espressioni
adoperate dalla parte ed ha il potere-dovere di accertare e
valutare il contenuto sostanziale della pretesa quale desumibile
non solo dal tenore letterale degli atti, ma anche dalla natura
delle vicende rappresentate dalla parte e dalle precisazioni dalla
medesima fornite in corso di giudizio, nonché dal provvedimento in
concreto richiesto”.
Ci si trova anche in tal caso di fronte ad un quesito
inammissibile per mancanza dei requisiti essenziali, secondo
quanto poc’anzi osservato.
Esso si risolve, in buona sostanza, in un contenuto puramente
enunciativo di una regola di diritto certamente corretta e
condivisibile nella sua portata teorica, ma completamente avulsa
dalla fattispecie concreta; atteso che il quesito non reca
menzione alcuna né del profilo sotto il quale tale regola sarebbe
stata violata nel caso di specie, nè del modo in cui la sua
corretta applicazione avrebbe comportato una decisione diversa.
Nemmeno, la doglianza in esame potrebbe risultare ammissibile
sotto il profilo del vizio motivazionale articolo 360, l^ co.n.5)
11

le norme ed i principi dell’ordinamento giuridico italiano il

Ric. n. 13398/10 rg.

cod.proc.civ., dal momento che sul punto specifico della domanda
di pagamento dei canoni successivi alla scadenza del contratto e
sino all’effettiva riconsegna dell’immobile (primo motivo di
appello), la corte territoriale ha mostrato (sent.pag.4) di farsi
carico della necessità di addivenire alla ricostruzione della

motivando infine nel senso della novità della pretesa relativa
all’ultimo trimestre, anche in ragione del fatto che la “causa era

stata introdotta quando l’immobile era già stato rilasciato e,
dunque, quando non vi era nemmeno incertezza sul periodo di
occupazione”.

Di tal chè – nel ragionamento della corte di appello

– se davvero i locatori avessero inteso richiedere anche l’ultima
trimestralità, lo avrebbero potuto/dovuto esplicitare e
specificare nella sede sua propria, vale a dire nell’atto
introduttivo del giudizio (nel quale essi si erano invece limitati
a dedurre un quantum coacervato o secondo giustizia).
Rileva

in

proposito

l’orientamento

secondo

cui

l’interpretazione della domanda giudiziale costituisce operazione
riservata al giudice del merito, il cui giudizio, risolvendosi in
un accertamento di fatto, non è censurabile in sede di legittimità
quando sia motivato in maniera congrua ed adeguata (Cass.Sez. L,
Sentenza n. 22893 del 09/09/2008; Cass. 14/3/06 n.5491, ed
altre).
4.3

Nel terzo motivo di ricorso incidentale dei locatori ci si

duole della violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex
articolo 360 1^co.n.3 cpc con riferimento agli articoli 324 cc e
12

effettiva e sostanziale portata della domanda dei locatori;

Ric. n. 13398/10 rg.

2909 cc ; nonché di vizio di motivazione ex articolo 360 l^ co.n.5
cod.proc.civ. Ciò perché avrebbe la corte di appello confermato il
rigetto della loro domanda risarcitoria in quanto già coperta dal
giudicato di cui alla sentenza corte di appello di Napoli n.1182
dell’ 8 marzo 2002, nonostante che quest’ultima sentenza avesse in

Provincia dei lavori posti a suo carico dalla clausola 5 del
contratto di locazione 26 ottobre 88, e riconosciuto ad essi
proprietari soltanto il rimborso delle spese vive sostenute per
conto della Provincia; affermando inoltre il principio per cui i
locatori sarebbero stati abilitati a pretendere la rifusione di
tutti danni solo al momento della cessazione del rapporto ex
articolo 1590 cod.civ. Questi sono i quesiti di diritto:

“vero è

che secondo le norme ed i principi vigenti nell’ordinamento
italiano la pronuncia di improponibilità e/o inammissibilità della
domanda è inidonea a formare giudicato sostanziale ai sensi degli
articoli 2909 cc e 324 cc; vero è che il giudicato formale di cui
all’articolo 324 cpc si concreta in una preclusione alla
riproposizione della questione soltanto davanti al giudice dello
stesso processo, ma non fa stato in un indistinto giudizio
promosso dalle stesse parti dinnanzi ad una giudice diverso”.
Ci si trova anche qui di fronte – per le già esposte ragioni
che non conviene ripetere – alla enunciazione di mere regole di
diritto prive di qualsivoglia addentellato con la fattispecie
concreta.

13

realtà riguardato unicamente la mancata esecuzione da parte della

Ric. n. 13398/10 rg.

Né la censura potrebbe trovare accoglimento sotto il diverso
profilo del vizio motivazionale, dal momento che la sentenza qui
impugnata (pag.5) ha disatteso la domanda risarcitoria sulla
scorta di un ragionamento del tutto logico e coerente, secondo
cui: – la presente richiesta risarcitoria era analoga a quella

n.1182/02; – quest’ultima sentenza si era pronunciata nel merito,
riconoscendo ai Cuccurullo un risarcimento di euro 2065,00;
l’accoglimento della domanda risarcitoria relativa ai danni
asseritamente verificatisi dopo il 1998, data di ultimo
accertamento da parte della suddetta sentenza n.1182/02, era
precluso (come già ritenuto dal giudice di primo grado) non per
effetto di giudicato, ma perché (ivi)

“l’accertamento compiuto da

ciascun tecnico in ognuna delle due cause aveva rilevato uno stato
dei luoghi pressoché identico, potendosi dunque ritenere che
dall’epoca della precedente perizia non si erano prodotti danni
ulteriori”. Si verte in definitiva di un ragionamento non soltanto
congruamente motivato – sulla scorta di una ricostruzione fattuale
della vicenda e di una valutazione delle risultanze istruttorie
per loro natura insindacabili in sede di legittimità – ma anche
diverso da quello fatto oggetto della censura qui in esame. La
quale dà per pacifico un presupposto (la natura meramente formale
della preclusione derivante dal giudicato di cui alla sentenza
corte di appello di Napoli n.1182/02 cit.) che tale non è; e che,
inoltre, è stato assunto a fondamento solo parziale del rigetto,

14

decisa con la precedente sentenza della corte di appello di Napoli

Ric. n. 13398/10 rg.

della domanda da parte del giudice del merito (danni anteriori
all’ultimo accertamento peritale).
Ne seguono il rigetto del ricorso principale e la dichiarazione
di inammissibilità di quello incidentale; con compensazione delle
spese del presente giudizio.

rigetta il ricorso principale;
dichiara inammissibile il ricorso incidentale;
compensa tra le parti le spese del presente giudizio di
cassazione.
Così deciso nella camera di consiglio della terza sezione civile
in data 4 dicembrl 2013.

P qm

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