Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30110 del 19/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 19/11/2019, (ud. 11/07/2019, dep. 19/11/2019), n.30110

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 5926 del ruolo generale dell’anno

2018, proposto da:

A.L. (C.F.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso dagli

avvocati Marco Manfredi (C.F.: MNF MRC 63M08 A895K) e Claudio

Coggiatti (C.F.: CGG CLD 56M19 H501K);

– ricorrente –

nei confronti di:

B.P.R. (C.F.: (OMISSIS)) rappresentata e difesa

dall’avvocato Paolo Basso (C.F.: BSS PLA 61B17 C532C);

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Torino n.

2448/2917, pubblicata in data 17 novembre 2017 (e notificata in data

15 dicembre 2017);

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in

data 11 luglio 2019 dal consigliere Tatangelo Augusto.

Fatto

RILEVATO

che:

Nel corso di un procedimento esecutivo per espropriazione immobiliare promosso da A.L. nei confronti di B.P.R., quest’ultima ha sollecitato al giudice dell’esecuzione la dichiarazione di estinzione del processo per il mancato deposito della documentazione richiesta dall’art. 567 c.p.c.. Il giudice dell’esecuzione ha rigettato l’istanza. Avverso tale provvedimento la B.P. ha proposto reclamo al collegio, ai sensi dell’art. 630 c.p.c..

Il reclamo è stato rigettato dal Tribunale di Biella.

La Corte di Appello di Torino, in riforma della decisione di primo grado, lo ha invece accolto, dichiarando l’estinzione della procedura esecutiva.

Ricorre l’ A., sulla base di quattro motivi.

Resiste con controricorso la B.P..

E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato manifestamente fondato, limitatamente al terzo motivo. E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.

Sia il ricorrente che la controricorrente hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Il collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 567 c.p.c. in relazione all’art. 630 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3)”.

Con il secondo motivo si denunzia “Nullità della sentenza per omessa pronuncia sull’applicazione del termine previsto dall’art. 630 c.p.c. anche alle ipotesi di rilievo d’ufficio ex art. 567 c.p.c., in violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 4)”.

I primi due motivi del ricorso sono logicamente connessi e possono pertanto essere esaminati congiuntamente.

Con essi il ricorrente deduce che il rilievo dell’estinzione del processo esecutivo, ai sensi dell’art. 567 c.p.c., per il mancato deposito della documentazione prevista dalla suddetta norma, non sarebbe stato possibile, in mancanza di eccezione di parte svolta nella prima difesa utile e neanche di ufficio, decorsa la prima udienza successiva al verificarsi del fatto estintivo, ai sensi dell’art. 630 c.p.c., comma 2.

I motivi di ricorso in esame sono manifestamente infondati.

La decisione impugnata è sul punto conforme all’indirizzo di questa Corte (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5539 del 05/04/2012, Rv. 621807 – 01, in motivazione) secondo il quale la rilevabilità d’ufficio dell’estinzione sancita dall’art. 567 c.p.c., u.c. (sia nel testo anteriore che in quello successivo alle modificazioni apportate dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito nella L. 14 maggio 2005, n. 80) fa sì che ad essa non possano applicarsi le preclusioni relative all’eccezione di estinzione riservata alla parte, prima della modifica apportata all’art. 630 c.p.c. dalla L. 18 giugno 2009, n. 169, art. 49.

E’ opportuno osservare che la modifica dell’art. 630 c.p.c., comma 2, appena citata, è applicabile esclusivamente alle procedure esecutive instaurate dopo il 4 luglio 2009, ai sensi della citata L. n. 169 del 2009, art. 58, mentre nella specie il processo esecutivo risulta avere avuto inizio nel 2004. Ciò rende prive di rilievo, in radice, le argomentazioni del ricorrente (ribadite nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2), anche in relazione ad una eventuale omissione di pronuncia, in ordine alla pretesa applicabilità, alla speciale ipotesi di estinzione prevista dall’art. 567 c.p.c., dei limiti al rilievo di ufficio dell’estinzione del processo esecutivo da parte del giudice, secondo la formulazione dell’art. 630 c.p.c., comma 2, vigente a decorrere dal 4 luglio 2009. Tale applicabilità appare del resto (lo si osserva anche per completezza espositiva) incompatibile con la stessa ratio della disposizione, volta ad impedire che possa essere disposta la vendita di un immobile in relazione al quale non siano stati verificati gli indici documentali di appartenenza al debitore richiesti dalla legge (oltre che con la genesi “storica” della norma, essendo questa stata introdotta anteriormente alla modifica dell’art. 630 c.p.c., comma 2, modifica che, verosimilmente, non ha inteso comportare alcuna limitazione all’estensione dei precedenti poteri officiosi del giudice dell’esecuzione ai fini di quella speciale fattispecie estintiva), con la conseguenza che il rilievo di ufficio della speciale causa di estinzione del processo di cui all’art. 567 c.p.c. da parte del giudice dell’esecuzione continua ad essere possibile, quanto meno fino alla data dell’aggiudicazione dell’immobile pignorato (in questo senso va inteso anche lo stesso precedente richiamato dal ricorrente, di cui a Cass., Sez. 3, Sentenza n. 26202 del 06/12/2011, Rv. 620645 – 01, al di là delle ulteriori affermazioni contenute nella motivazione, consistenti in obiter dicta non rilevanti ai fini della decisione e comunque superate dal più recente indirizzo sopra richiamato di cui a Cass. 5539/2012).

2. Con il terzo motivo si denunzia “Nullità della sentenza per omessa pronuncia circa l’applicazione alla fattispecie del testo dell’art. 567 c.p.c. modificato dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, in violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 4)”.

Il motivo è manifestamente fondato.

Come già affermato da questa Corte (Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 10009 del 08/05/2014, Rv. 630868 – 01), “in tema di espropriazione immobiliare, l’assegnazione di un termine al creditore per integrare la documentazione ipocatastale, ai sensi dell’art. 567 c.p.c., comma 3, come sostituito dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito nella L. 14 maggio 2005, n. 80, non è subordinata al preventivo vaglio di sussistenza dei “giusti motivi” da parte del giudice, non rilevando che il termine originario fosse decorso nella vigenza della disciplina preesistente (la quale non distingueva l’ipotesi dell’incompletezza della documentazione da quella dell’omesso deposito), in quanto, ai sensi del D.L. n. 35 cit., art. 2, comma 3 sexies, le norme precedentemente in vigore continuano ad applicarsi soltanto con riferimento alla fase della vendita regolata dall’ordinanza emessa prima del 1 marzo 2006″.

Risulta dagli atti che la questione dell’applicabilità, nella procedura esecutiva per cui è causa, della formulazione dell’art. 567 c.p.c. conseguente alle modifiche di cui al D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito nella L. 14 maggio 2005, n. 80, era stata posta sin dal primo grado del processo, aveva formato oggetto di decisione da parte del tribunale ed era stata riproposta dal ricorrente nel giudizio di secondo grado.

In base alla disciplina della fattispecie vigente dal 1 marzo 2006, anche per le procedure iniziate anteriormente ed ancora pendenti, l’estinzione del processo esecutivo per l’incompletezza della documentazione prodotta dal creditore in relazione alle risultanze dei registri immobiliari, ai sensi dell’art. 567 c.p.c., non avrebbe in nessun caso potuto essere pronunciata senza la preventiva assegnazione al creditore, da parte del giudice dell’esecuzione, di un termine per il completamento di tale documentazione.

La corte di appello, nell’accogliere il reclamo proposto dalla debitrice ai sensi dell’art. 630 c.p.c. avverso il provvedimento di rigetto della sua istanza di estinzione e nel dichiarare quindi essa stessa la suddetta estinzione, ha invece applicato la previgente formulazione dell’art. 567 c.p.c., senza neanche prendere in considerazione la questione dell’applicabilità della nuova (e, comunque, la sua decisione non risulta conforme al richiamato indirizzo di questa Corte in ordine alla applicabilità della nuova formulazione alle procedure ancora pendenti al 1^ marzo 2006).

La sentenza impugnata va pertanto cassata sul punto, di modo che in sede di rinvio possa essere rivalutata la questione della sussistenza di una fattispecie estintiva, alla luce dei principi di diritto sopra enunciati.

3. Il quarto motivo, intitolato “Il regime delle spese processuali” resta assorbito, dovendo provvedersi nuovamente in ordine alla regolamentazione delle spese di lite, all’esito del giudizio di rinvio.

4. E’ accolto il terzo motivo del ricorso, rigettati gli altri.

La sentenza impugnata è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di Appello di Torino, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte:

– accoglie il terzo motivo del ricorso, rigettati gli altri;

cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di Appello di Torino, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 11 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2019

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