Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30102 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 30/12/2011, (ud. 24/11/2011, dep. 30/12/2011), n.30102

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso per regolamento di competenza 7845-2010 proposto da:

D.G.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA GIULIA DI COLLOREDO 46/48, presso lo studio dell’avvocato

DE PAOLA GABRIELE, che lo rappresenta e difende, giusta procura alle

liti in calce al ricorso per regolamento di competenza;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto n. cron. 786 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI del

26.2.2010, depositato l’11/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. STEFANO SCHIRO’;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. SORRENTINO

Federico.

Fatto

FATTO E DIRITTO

LA CORTE:

A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione, comunicata al Pubblico Ministero e notificata al difensore del ricorrente:

“1. D.G.P. ha proposto regolamento di competenza, sulla base di un motivo, avverso il decreto in data 11 marzo 2010, con il quale la Corte di appello di Cagliari – pronunciando in un giudizio in materia di equa riparazione L. n. 89 del 2001, ex art. 2 promosso dallo stesso D. nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze per eccessiva durata di un processo promosso davanti al TAR Lazio – ha dichiarato la propria incompetenza per territorio in favore della Corte d’appello di Roma; il Ministero intimato non ha svolto difese;

OSSERVA:

2. il ricorrente deduce che la competenza appartiene anche alla Corte d’appello di Cagliari, in quanto la propria residenza, presso cui deve essere eseguita dal debitore la prestazione, è ricompresa nel distretto di detta Corte;

3. la competenza sembra appartenere alla Corte d’appello di Perugia;

infatti le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza n. 6307/10, hanno affermato il principio che la disposizione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 1, – che stabilisce che la domanda di equa riparazione si propone davanti alla Corte di appello del distretto in cui ha sede il giudice competente ai sensi dell’art. 11 c.p.p. a giudicare nei procedimenti riguardanti i magistrati nel cui distretto è concluso o estinto relativamente ai gradi di merito ovvero pende il procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata – si applica anche nei giudizi svoltisi davanti a giudice diverse da quello ordinario e, per quel che in questa sede rileva, anche davanti al giudice amministrativo;

in base a tale orientamento, nel caso di specie, essendosi il giudizio presupposto svolto davanti al TAR Lazio, appare competente la Corte di appello di Perugia, secondo il criterio fissato dall’art. 11 c.p.p.;

4. si ritiene pertanto che il proposto regolamento di competenza da trattarsi in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., possa essere deciso alla stregua delle considerazioni che precedono, qualora condivise dal collegio;

B) osservato che il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione in atti, non inficiate dalle argomentazioni svolte in detta memoria dal ricorrente medesimo, che non forniscono elementi di giudizio che inducano a differenti conclusioni;

ritenuto, in particolare, che deve essere disattesa la richiesta del ricorrente che la causa sia decisa in pubblica udienza, in conformità al disposto dell’art. 6 della Convenzione Cedu, in quanto, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 4, sulle istanze di regolamento di competenza la Corte di cassazione pronuncia in camera di consiglio;

considerato, a tale riguardo, che l’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo non prevede che tutta l’attività processuale debba svolgersi pubblicamente, ma assicura (salve talune specificate eccezioni) al soggetto che debba far valere i suoi diritti o debba veder determinati i suoi doveri o debba rispondere di un’accusa il diritto ad una pubblica udienza, in tal senso esigendo che il processo debba prevedere un momento di trattazione in un’udienza pubblica; pertanto, una volta che nel corso dello svolgimento del processo tale diritto sia stato assicurato, non è imposto dalla suddetta Convenzione che tutto il resto dello svolgimento processuale debba compiersi in udienza pubblica; ne consegue che nella fase di impugnazione in sede di legittimità non può reputarsi necessario che la decisione debba avvenire in udienza pubblica, dovendosi così escludere la sussistenza di un contrasto tra il citato art. 6 della CEDU e la disciplina dettata dall’art. 375 c.p.c. (nelle sue varie versioni) sul procedimento in camera di consiglio (Cass. 2008/19947;

2011/15816);

rilevato altresì che il ricorrente deduce che le Sezioni unite di questa Corte, con la citata ordinanza n. 6307 del 2010, hanno mutato il diritto vivente da anni fondato pacificamente sul principio che l’art. 11 c.p.p., quale criterio di individuazione della Corte di appello territorialmente competente, si applica ai soli giudizi presupposti svolti avanti al giudice ordinario, ritenendo, con innovativa interpretazione, che il disposto di detto articolo si applica anche ai giudizi speciali amministrativi, ed ha altresì affermato che le decisioni con le quali la Corte di cassazione muta un proprio precedente e costante indirizzo in materia di interpretazione di norme processuali non hanno efficacia retroattiva;

B1) considerato che sulla questione sollevata dal ricorrente le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza 11 luglio 2011, n. 15144, hanno affermato il seguente principio: “Il mutamento della propria precedente interpretazione della norma processuale da parte del giudice della nomofilachia (c.d. “overruling”), il quale porti a ritenere esistente, in danno di una parte del giudizio, una decadenza od una preclusione prima escluse, opera – laddove il significato che essa esibisce non trovi origine nelle dinamiche evolutive interne al sistema ordinamentale – come interpretazione correttiva che si salda alla relativa disposizione di legge processuale “ora per allora”, nel senso di rendere irrituale l’atto compiuto o il comportamento tenuto dalla parte in base all’orientamento precedente. Infatti, il precetto fondamentale della soggezione del giudice soltanto alla legge (art. 101 Cost.) impedisce di attribuire all’interpretazione della giurisprudenza il valore di fonte del diritto, sicchè essa, nella sua dimensione dichiarativa, non può rappresentare la “lex temporis acti”, ossia il parametro normativo immanente per la verifica di validità dell’atto compiuto in correlazione temporale con l’affermarsi dell’esegesi del giudice. Tuttavia, ove l’overruling si connoti del carattere dell’imprevedibilità (per aver agito in modo inopinato e repentino sul consolidato orientamento pregresso), si giustifica una scissione tra il fatto (e cioè il comportamento della parte risultante “ex post” non conforme alla corretta regola del processo) e l’effetto, di preclusione o decadenza, che ne dovrebbe derivare, con la conseguenza che – in considerazione del bilanciamento dei valori in gioco, tra i quali assume preminenza quello del giusto processo (art. 111 Cost.), volto a tutelare l’effettività dei mezzi di azione e difesa anche attraverso la celebrazione di un giudizio che tenda, essenzialmente, alla decisione di merito – deve escludersi l’operatività della preclusione o della decadenza derivante dall’overruling nei confronti della parte che abbia confidato incolpevolmente (e cioè non oltre il momento di oggettiva conoscibilità dell’arresto nomofilattico correttivo, da verificarsi in concreto) nella consolidata precedente interpretazione della regola stessa, la quale, sebbene soltanto sul piano fattuale, aveva comunque creato l’apparenza di una regola conforme alla legge del tempo. Ne consegue ulteriormente che, in siffatta evenienza, lo strumento processuale tramite il quale realizzare la tutela della parte va modulato in correlazione alla peculiarità delle situazioni processuali interessate dall’overruling. (Fattispecie relativa a mutamento di giurisprudenza della Corte di cassazione in ordine al termine di impugnazione delle sentenze del TSAP; nella specie, la tutela dell’affidamento incolpevole della parte, che aveva proposto il ricorso per cassazione in base alla regola processuale espressa dal pregresso e consolidato orientamento giurisprudenziale successivamente mutato, si è realizzata nel ritenere non operante la decadenza per mancata osservanza del termine per impugnare e, dunque, tempestivamente proposto il ricorso stesso); considerato che, in base al principio sopra enunciato, la tutela dell’affidamento incolpevole della parte nella consolidata precedente interpretazione della regola processuale opera solo nel caso il mutamento di giurisprudenza porti a ritenere esistente, in danno di una parte del giudizio, una decadenza od una preclusione prima escluse;

B2) osservato che l’esigenza di tale tutela non si applica con riguardo ad una pronuncia sulla competenza, consentendo questa, ai sensi dell’art. 50 cod. proc. civ., la riassunzione della causa davanti al giudice dichiarato competente e non determinando, pertanto, alcuna preclusione o decadenza che determini inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, o renda impossibile una decisione sul merito della domanda proposta (Cass. 2011/16365); ritenuto che, in base alle considerazioni che precedono, deve essere dichiarata la competenza della Corte di appello di Perugia e che l’esito del giudizio – avuto riguardo alla richiesta del ricorrente, rimasta disattesa, di dichiarare la competenza della Corte di appello di Cagliari – giustifica la compensazione delle spese processuali relative al regolamento di competenza.

P.Q.M.

La Corte, pronunciando sul regolamento di competenza, cassa il decreto impugnato e dichiara la competenza della Corte di appello di Perugia. Compensa le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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