Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30102 del 19/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 19/11/2019, (ud. 27/06/2019, dep. 19/11/2019), n.30102

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 3604 del ruolo generale dell’anno

2018, proposto da:

COS SOCIETA’ AGRICOLA S.r.l. (P.I.: (OMISSIS)), in persona

dell’amministratore, legale rappresentante pro tempore,

C.G. rappresentato e difeso dall’avvocato Paolo Zichi (C.F.: ZCH

PLA 55P08 L235D);

– ricorrente –

nei confronti di:

S.L.T. (C.F.: (OMISSIS)) rappresentata e difesa

dall’avvocato Elias Vacca (C.F.: VCC LEI 64S08 A192F);

M.F. (C.F.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso dagli avvocati

Elias Vacca (C.F.: VCC LEI 64S08 A192F) e Davide Govoni (C.F.: GVN

DVD 78P30 A1920);

M.A. (C.F.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso dagli

avvocati Elias Vacca (C.F.: VCC LEI 64S08 A192F) ed Emmanuele Govoni

(C.F.: GVN MNL 88S29 A192T);

BANCO DI SARDEGNA S.p.A. (C.F.: (OMISSIS)), in persona del presidente

del consiglio di amministrazione, legale rappresentante pro tempore,

A.A.A., rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe

Cudoni (C.F.: CDN GPP 65D24 I452N) e Claudio Sadurny (C.F.: SDR CLD

48A01 H501S);

– controricorrenti –

nonchè

P.G.L. (C.F.: (OMISSIS));

– intimato –

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Sassari n.

1425/2017, pubblicata in data 7 novembre 2017;

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in

data 27 giugno 2019 dal consigliere Tatangelo Augusto.

Fatto

RILEVATO

che:

Nel corso di un procedimento di esecuzione forzata per espropriazione immobiliare pendente davanti al Tribunale di Sassari, il giudice dell’esecuzione ha revocato l’aggiudicazione di alcuni beni pignorati, avvenuta in favore di COS Società Agricola S.r.l., rilevando di ufficio che detti beni erano di proprietà di terzi.

COS Società Agricola S.r.l. ha proposto opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c..

L’opposizione è stata rigettata dal Tribunale di Sassari.

Ricorre la COS Società Agricola S.r.l., sulla base di quattro motivi.

Resistono con distinti controricorsi S.L.T., M.F., M.A. e il Banco di Sardegna S.p.A..

Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’altro intimato P.G.L..

E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato inammissibile e comunque manifestamente infondato.

E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.

La società ricorrente e la controricorrente Banco di Sardegna S.p.A. hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Il collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. La notificazione del controricorso del Banco di Sardegna S.p.A. risulta tempestiva, in quanto avvenuta a mezzo P.E.C., con ricevuta di accettazione del messaggio dalla casella di posta elettronica del notificante anteriore alle ore 24.00 del 19 marzo 2017 (cfr. Corte Cost., Sentenza n. 75 del 9 aprile 2019, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16 septies, convertito, con modificazioni, nella L. 17 dicembre 2012, n. 221, inserito dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90, art. 45 bis, comma 2, lett. b, convertito, con modificazioni, nella L. 11 agosto 2014, n. 114, nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anzichè al momento di generazione della predetta ricevuta).

Nessuna contestazione è stata del resto operata dalla ricorrente in ordine alla regolarità della costituzione del Banco di Sardegna S.p.A., neanche nella memoria di cui all’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

2. Va preliminarmente rilevato che l’esposizione sommaria dei fatti di causa operata dalla società ricorrente non risulta idonea a soddisfare il requisito di ammissibilità del ricorso previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto essa non consente di evincere le circostanze essenziali ai fini della comprensione dei fatti che hanno dato luogo al giudizio e della individuazione dell’esatto oggetto dello stesso.

In particolare, non vengono indicati in modo chiaro, nel ricorso: a) il creditore procedente; b) il debitore o i debitori esecutati; c) gli eventuali creditori intervenuti nel processo esecutivo; d) i beni pignorati in danno di ciascun debitore, quelli oggetto di aggiudicazione e quelli oggetto del provvedimento di revoca dell’aggiudicazione; e) l’esatto oggetto, oltre che la data di proposizione, dell’opposizione di terzo all’esecuzione che la stessa parte ricorrente deduce essere stata avanzata nel corso del procedimento, in relazione ad alcuni beni; f) tutti i motivi posti a base dell’opposizione agli atti esecutivi proposta con ricorso al giudice dell’esecuzione e ribaditi con l’atto introduttivo del relativo giudizio di merito.

Le suddette circostanze non sono d’altra parte desumibili neanche dalla sentenza impugnata e a maggior ragione avrebbero quindi dovuto essere esposte dalla parte ricorrente, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3.

In questa situazione, la Corte non è posta in condizione di verificare in concreto – anche di ufficio – la regolare e completa instaurazione del contraddittorio, la sussistenza dell’interesse ad agire nonchè gli effettivi termini del merito della controversia (cfr. in proposito Cass., Sez. U, Sentenza n. 11653 del 18/05/2006, Rv. 588770 – 01; conf., tra le tante: Sez. 3, Ordinanza n. 22385 del 19/10/2006, Rv. 592918 – 01; Sez. L, Sentenza n. 15808 del 12/06/2008, Rv. 603631 – 01; Sez. 6 3, Sentenza n. 21137 del 16/09/2013, Rv. 627682 – 01; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 16103 del 02/08/2016, Rv. 641493 – 01). Il ricorso deve di conseguenza essere dichiarato inammissibile per insufficiente esposizione dei fatti, ai sensi del richiamato art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, come del resto già ritenuto in situazioni analoghe (cfr. ad es. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 22474 del 27/09/2017; Sez. 3, Sentenza n. 22354 del 26/09/2017; Sez. 3, Sentenza n. 4737 del 19/02/2019).

3. Anche a fini di completezza espositiva è opportuno rilevare che – per quanto è dato evincere dal suo contenuto, e fermo restando che non vi è certezza della sua concreta coerenza con lo svolgimento processuale, per quanto osservato in precedenza – il ricorso risulta comunque manifestamente infondato.

3.1 Con il primo motivo si denunzia “violazione degli artt. 159 e 176 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4)”.

Con il secondo motivo si denunzia “violazione dell’art. 177 c.p.c., comma 3, n. 1, dell’art. 487c.p.c., dell’art. 569c.p.c., comma 3, degli artt. 585 e 586 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3)”.

I primi due motivi del ricorso, in quanto connessi, sono da esaminare congiuntamente.

La società ricorrente deduce, in primo luogo, che la revoca dell’aggiudicazione sarebbe stata disposta con decreto nullo, in quanto ad essa non comunicato e, comunque, che l’aggiudicazione non sarebbe revocabile, sia in quanto essa costituirebbe attuazione del provvedimento che la precede, sia in quanto essa sarebbe stata adottata sull’accordo di tutte le parti.

Tali censure sono manifestamente infondate.

Come emerge dalla decisione impugnata, il decreto di revoca dell’aggiudicazione (non comunicato) è stato confermato e dunque assorbito dalla successiva ordinanza oggetto della presente opposizione agli atti esecutivi. Ne consegue che l’omessa comunicazione dell’originario decreto non può avere alcun rilievo in relazione alla legittimità dell’ordinanza opposta.

L’aggiudicazione, poi, non può certamente ritenersi irrevocabile, nè in quanto attuazione dell’ordinanza che la precede, nè in quanto provvedimento emesso sull’accordo di tutte le parti, nè in quanto provvedimento già attuato mediante l’emissione dell’ordine di liberazione dei beni pignorati.

E’ assorbente la considerazione che, senza alcun dubbio, là dove emerga che i beni pignorati – anche se eventualmente già aggiudicati – siano in realtà di proprietà di terzi estranei all’esecuzione e non appartengano invece al debitore esecutato, il giudice dell’esecuzione non debba e non possa emettere alcun decreto di trasferimento in relazione agli stessi (decreto che del resto non sarebbe comunque opponibile ai suddetti terzi, i cui diritti prevarrebbero su quelli dell’aggiudicatario) e debba quindi revocare l’aggiudicazione, anche di ufficio, proprio e soprattutto nell’interesse dell’aggiudicatario.

Come correttamente osservato in proposito dal tribunale, del resto, la disposizione di cui all’art. 177 c.p.c., comma 3, n. 1, non potrebbe applicarsi nella fattispecie, in quanto il diritto dominicale dei terzi certamente non è disponibile per le parti del processo esecutivo, mentre di per sè, e di regola, l’aggiudicazione è di certo revocabile prima che essa abbia avuto attuazione mediante l’emissione e la trascrizione del decreto di trasferimento, non potendo invece in alcun modo ritenersi attuazione della stessa l’emissione dell’ordine di liberazione dell’immobile pignorato (che costituisce una semplice misura ordinatoria per la migliore gestione del bene pignorato nel corso della procedura e può infatti anche essere emessa anteriormente all’aggiudicazione).

Gli argomenti da ultimo esposti, che costituiscono autonoma ratio decidendi della decisione impugnata, non risultano del resto oggetto di specifiche censure, limitandosi in sostanza la parte ricorrente a riproporre i medesimi argomenti già disattesi dal tribunale, senza l’indicazione dei motivi per cui la decisione di quest’ultimo sarebbe errata.

E’ infine appena il caso di osservare che sono del tutto inconfe-renti le considerazioni relative ai presupposti applicativi della sospensione della vendita per la notevole inferiorità del prezzo di aggiudicazione rispetto a quello giusto, di cui all’art. 586 c.p.c., comma 1, in quanto il suddetto potere non è stato affatto esercitato dal giudice dell’esecuzione, che risulta avere revocato l’aggiudicazione solo in base al rilievo per cui alcuni dei beni aggiudicati erano in realtà di proprietà di terzi estranei all’esecuzione.

3.2 Con il terzo motivo si denunzia “violazione dell’art. 187 bis disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Con il quarto motivo si denunzia “violazione dell’art. 2929 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Il terzo ed il quarto motivo, logicamente connessi e come tali da esaminare congiuntamente, sono inammissibili ancor prima che manifestamente infondati.

Si tratta, in primo luogo, di motivi di opposizione che la parte ricorrente neanche allega di avere avanzato con la propria opposizione agli atti esecutivi, il che implica l’inammissibilità delle relative censure per difetto di specificità in ordine alla non novità delle questioni con esse poste.

In ogni caso, le argomentazioni alla base delle predette censure risultano del tutto inconferenti rispetto alla legittimità del provvedimento opposto, in quanto le disposizioni richiamate dalla società ricorrente riguardano la salvezza dell’aggiudicazione, rispettivamente, in caso di estinzione o di chiusura anticipata del processo esecutivo, ovvero in caso di nullità degli atti del processo esecutivo, non la revoca dell’aggiudicazione di alcuni dei beni pignorati in seguito al rilievo della loro appartenenza a terzi estranei al processo esecutivo.

4. Il ricorso è dichiarato inammissibile.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

La generica richiesta dei controricorrenti di condanna della ricorrente ai sensi dell’art. 96 c.p.c. non è stata sostenuta da allegazione e prova di una condotta gravemente colposa della ricorrente e di eventuali conseguenti danni da essi subiti, ai sensi del comma 1 della suddetta norma. La Corte non ritiene d’altronde sussistere i presupposti per una condanna della ricorrente ai sensi del comma 3 della stessa norma. Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso;

– condanna la società ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, liquidandole come segue: per S.L.T., M.F., M.A., complessivi Euro 3.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge (in favore di ciascuno di essi); per il Banco di Sardegna S.p.A., complessivi Euro 7.500,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2019

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