Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3010 del 17/02/2016


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 3010 Anno 2016
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: TRAVAGLINO GIACOMO

SENTENZA
sul ricorso 9163-2013 proposto da:
GIORGI

ROSITA

GRGRST7OL43H444A,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA LEONE IV 38, presso lo studio
dell’avvocato RAIMONDO DI VITO, rappresentata edifesa
dagli avvocati DOMENICO BIANCHI, MANUEpA BIANCHI
–N
giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –

2015
1339

contro

GIANFELICE NANDA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA TARANTO 44, presso lo studio dell’avvocato FELICE
FAZIO, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO

Data pubblicazione: 17/02/2016

MACCIACCHERA giusta procura in calce al controricorso;
controricorrente nonché contro

CARNIEL PIERPAOLO, DE CAROLIS MARIA PIA;
– intimati –

di ROMA, depositata il 13/12/2012 R.G.N. 5867/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 03/06/2015 dal Consigliere Dott. GIACOMO
TRAVAGLINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RICCARDO FUZIO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

2

2

avverso la sentenza n. 6286/2012 della CORTE D’APPELLO

I FATTI

Nanda Gianfelice convenne dinanzi al Tribunale di latina i coniugi
Carniel, chiedendo la revoca dell’atto di costituzione di un fondo
patrimoniale del 14 luglio 1995, nel quale era stato conferito un
bene immobile poi acquistato, il 2 agosto del 2002, da Rosita

del credito da lei vantato nei confronti del Carniel, giusta
sentenza del medesimo Tribunale resa il 7 settembre 1999.
Il giudice di primo grado, previa chiamata in causa della terza
acquirente, accolse la domanda, dichiarando inefficace nei
confronti dell’attrice entrambi gli atti dispositivi.
La corte di appello di Roma, investita dell’impugnazione proposta
dalla Giorgi, nella contumacia dei Carniel rigettò il gravame.
Per la cassazione della sentenza della Corte capitolina la Giorgi
ha proposto ricorso sulla base di 2 motivi di censura illustrati
da memoria.
Resiste Nanda Gianfelice con controricorso illustrato da memoria.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.
Con il primo motivo,

si denuncia

violazione

di legge, art. 360

comma l n. 4 c.p.c. in relazione agli artt. 99, 112 c.p.c., 111
Cost. – nullità.
Con il secondo motivo,

si denuncia violazione di

comma 1 n. 3 c.p.c. in relazione
Cost..

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legge, art. 360

agli artt. 99, 112 c.p.c., 111

Giorgi nelle more del giudizio di primo grado, in quanto lesivo

I motivi possono essere congiuntamente esaminati, attesane la
intrinseca connessione.
A sostegno della censure mosse alla sentenza impugnata, la
ricorrente lamenta la violazione del principio della domanda,
sostenendo che la Corte territoriale ne avrebbe illegittimamente

proporre, in sede di giudizio di merito, qualsivoglia domanda di
revocazione dell’atto di compravendita del 2 agosto 2002.
Le doglianze sono prive di pregio.
Esse si infrangono, difatti, sul corretto impianto motivazionale
adottato dal giudice d’appello nella parte in cui, esercitando il
proprio, insindacabile potere di qualificazione e di
interpretazione della domanda giudiziale, ha ritenuto che la
chiamata in causa della Giorgi, autorizzata dal giudice di primo
grado su richiesta della stessa Gianfelice, e le conclusioni da
quest’ultima rassegnata nell’atto di citazione per chiamata in
causa, non potessero che interpretarsi nel senso della estensione
all’atto di acquisto dell’immobile dell’originaria domanda avente
ad oggetto la costituzione del fondo patrimoniale tra i coniugi
Carniel – vicenda che, per la Giorgi, appariva all’evidenza
inter allos acta,

res

onde la inutilità della sua chiamata in

relazione a tale atto.
La motivazione della sentenza, esente da qualsivoglia vizio
logico-giuridico, non può che essere in questa sede confermata,
non avendo alcun pregio tutti i ripetuti e sovrabbondanti richiami
operati da parte ricorrente ai principi costituzionali di cui

4

avendo l’odierna resistente omesso di

ampliato l’oggetto,

all’art. 111 della Carta fondamentale contenuti nel motivo in
esame.
Il ricorso è pertanto rigettato.
Le spese del giudizio di Cassazione seguono il principio della
soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del giudizio di Cassazione, che si liquidano in
complessivi euro 3200, di cui 200 per spese.
Ai sensi dell’art. 13 coma l quater del D.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art. 1 coma 17 della legge n. 228 del 2012,
dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da
parte della contro ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il controricorso, a
norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, li 3.6.2015

Liquidazione come da dispositivo.

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