Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3010 del 11/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 3010 Anno 2014
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: LANZILLO RAFFAELLA

SENTENZA

sul ricorso 3019-2008 proposto da:
BARBI ROBERTA BRBRRT32H58G186K in proprio e quale
erede di PIGOZZI ITALO, PIGOZZI FRANCO
PGZFNC56B13H248R in proprio e quale erede di PIGOZZI
ITALO, PIGOZZI IMPIANTISTICA S.R.L. 01537260208 in
persona dell’amministratore unico legale
rappresentante Sig. PIGOZZI CLAUDIO, PIGOZZI LUCIANO
PGZLCN52L28G186A quale erede di PIGOZZI ITALO, PIGOZZI
CLAUDIO PGZCLD62D01H248W quale erede di PIGOZZI ITALO,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CASSIODORO 9,
presso lo studio dell’avvocato BLASI SERGIO, che li

Data pubblicazione: 11/02/2014

rappresenta e difende unitamente agli avvocati
RAFFAGLIO GIOVANNI, ORRICO GIORGIO giusta delega in
atti;
– ricorrenti contro

ASSICURAZIONI S.P.A.) 00961490158, in persona del
Condirettore Generale e Legale Rappresentante pro
tempore Sig. LAMBERTO DI PIETRO elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA MARCO ATTILIO 14, presso lo
studio dell’avvocato MATTICOLI MARIO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato DE LEO
PAOLO giusta delega in atti;
– controricorrente nonchè contro

MARTINI E MARTINI DI MARTINI VITTORIO E GINO S.N.C.;
– intimata –

avverso la sentenza n. 436/2007 della CORTE D’APPELLO
di BRESCIA, depositata il 19/06/2007, R.G.N.
1265/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/12/2013 dal Consigliere Dott. RAFFAELLA
LANZILLO;
udito l’Avvocato SERGIO BLASI;
udito l’Avvocato MARIO MATTICOLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

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DUOMO UNI ONE ASSICURAZIONI S.P.A. (già IL DUOMO

Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso per

l’inammissibilità del ricorso;

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Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 26 marzo 1996 Roberta Barbi,
Franco Pigozzi

e la s.r.l. Pigozzi Impiantistica, hanno

convenuto davanti al Tribunale di Mantova la s.n.c. Martini di
Martini Vittorio e Gino, chiedendone la condanna al risarcimento

di Italo Pigozzi e della Barbi, ove abitava Franco Pigozzi, e
dove aveva la propria sede la s.r.l. Pigozzi Impiantistica.
Gli attori imputavano a Gino Martini – socio della convenuta,
incaricato di installare nell’appartamento abitato da Franco
Pigozzi una lampada alogena a stelo di 300 watt di potenza – di
avere lasciato la lampada accesa e priva del vetro di protezione
vicino ad una finestra con tenda in stoffa, dopo avere concluso
il lavoro e abbandonato l’appartamento.

Da quel punto si era

sviluppato l’incendio, che aveva danneggiato l’intero edificio
ed i suoi arredi.
La convenuta si è costituita ed ha chiesto ed ottenuto di
chiamare in causa la sua assicuratrice, s.p.a. Duomo
Assicurazioni, la quale pure si è costituita, negando ogni
responsabilità ed eccependo l’insussistenza della copertura
assicurativa.
Con sentenza 26 agosto 2003 n. 859 il Tribunale di Mantova, in
accoglimento della domanda attrice, ha condannato la soc.
Martini a pagare

in risarcimento dei danni

Pigozzi Impiantistica ed

33.646,86 alla

9.993,44, a Franco Pigozzi, oltre

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dei danni arrecati da un incendio ad un edificio di proprietà

interessi

e

rivalutazione

monetaria;

e

la

compagnia

assicuratrice a rivalere la convenuta delle somme pagate.
Proposto appello principale dalla Duomo Viaggi e incidentale
dalla Martini, a cui hanno resistito gli appellati, con sentenza
14 febbraio – 19 giugno 2007 n. 436 la Corte di appello di
Brescia, in riforma della sentenza di primo grado, ha assolto le
appellanti da ogni responsabilità.
La soc. Pigozzi, Roberta Barbi e Franco Pigozzi, questi ultimi
sia in proprio, sia nella qualità di eredi di Italo Pigozzi,
deceduto nelle more del processo, nonché gli altri eredi dello
stesso, Luciano e Claudio Pigozzi, propongono tre motivi di
ricorso per cassazione.
Resiste Duomo Assicurazioni con controricorso.
Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo, denunciando violazione degli art. 2909
cod. civ. e 342 cod. proc. civ., i ricorrenti assumono che
l’appello proposto dalle controparti investiva esclusivamente
il capo della sentenza di primo grado che ha ravvisato la
responsabilità aquiliana della soc. Martini, lasciando
incensurato il capo in cui il Tribunale ha ravvisato anche una
responsabilità a titolo contrattuale; che per questa parte la
sentenza di primo grado è passata in giudicato e che
erroneamente la Corte di appello ha respinto la loro eccezione
di inammissibilità dell’impugnazione.
1.1.- Il motivo non è fondato.

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.

La Corte di appello, alla quale esclusivamente compete
l’interpretazione dell’atto di appello e dei suoi contenuti, ha
rilevato che le censure dell’appellante investivano non tanto la
fonte della responsabilità, quanto piuttosto la sussistenza del
nesso causale fra la condotta della soc. Martini e lo scatenarsi

fattispecie di responsabilità, il cui venir meno ha carattere
assorbente dell’una e dell’altra, poiché né a titolo
contrattuale, né a titolo extracontrattuale, taluno può essere
ritenuto responsabile di un fatto che non abbia causato o
concorso a causare.
2.- Con il secondo ed il terzo

motivo

congiuntamente esaminati perché connessi

che vanno
i ricorrenti

denunciano violazione degli art. 2727 e 2697 cod. civ.,

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cod. proc. civ., nonché insufficiente motivazione in ordine alla
ricostruzione dei fatti.
Lamentano che la Corte di appello non abbia preso in
considerazione quanto accertato dal CTU circa il fatto che solo
tre cause avrebbero potuto ipoteticamente provocare l’incendio:
un corto circuito; un comportamento doloso, od il
surriscaldamento della lampada alogena; che dalla stessa CTU
risulta che le prime due cause sono state positivamente escluse,
e che quindi non restava che concludere sulla base dei
principi probabilistici che regolano l’individuazione del nesso
causale in materia civile – che l’incendio ebbe a svilupparsi
dalla lampada, considerato anche che proprio nel luogo in cui
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dell’incendio, cioè un presupposto essenziale di entrambe le

essa era collocata si è verificata la maggior parte dei danni e
che è stato accertato che la lampada era priva dello schermo
protettivo della lampadina, che si era rotto durante
l’installazione.
Assumono che,

qualora vengano escluse tutte

le cause

questa è da considerare la causa dell’evento stesso, non in base
ad una presunzione di legge, ma per logica deduzione.
3.- I motivi sono fondati.
La giurisprudenza di questa Corte ha più volte chiarito che è da
ritenere causa di un evento non solo l’antecedente che si possa
positivamente accertare averlo causato, ma anche l’antecedente
palesemente idoneo a produrlo sulla base di uno standard di
“certezza probabilistica”, desumibile dal preponderante criterio
dell’evidenza logica.
A differenza di quanto avviene nel processo penale, ove vige il
principio per cui la prova dei presupposti del reato deve essere
acquisita “oltre ogni ragionevole dubbio”, in tema di illecito
civile vige il diverso principio della preponderanza
dell’evidenza, per cui un evento è da ritenere causato da un
dato comportamento quando il suo verificarsi per effetto di quel
comportamento sia più probabile che non il suo contrario

(Cass.

civ. Sez. 3, 5 maggio 2009 n. 10285).
Trattasi di principi che anche la Corte di Giustizia CE ha
mostrato di condividere (cfr. CGCE, 13 luglio 2006, n. 295, che
ha ritenuto sussistere il nesso causale fra la violazione delle
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ipoteticamente idonee a produrre un evento, fuorché una di esse,

norme sulla concorrenza in danno del consumatore e l’indebito
incremento dei premi nelle polizze assicurative, se “appaia
sufficientemente probabile” che un’intesa illecita intercorsa
fra le compagnie assicuratrici possa avere influenzato i prezzi;
Corte di Giustizia CE, 15 febbraio 2005, n. 12, sempre in tema
“occorre postulare le

varie concatenazioni causa-effetto, al fine di accogliere quelle
maggiormente probabili”).
Nel caso in esame la Corte di merito avrebbe dovuto accertare
se, esclusi i fattori alternativi e tenuto conto degli elementi
probatori a sua disposizione, fosse “più probabile che non” che
l’operaio avesse lasciato la lampada accesa.

La Corte ha bensì menzionato tali principi, ma non ne ha tenuto
alcun conto, sull’erroneo presupposto che, nel caso in esame,
l’individuazione del nesso causale sulla base di elementi
probabilistici – elementi che stanno anche alla base del sistema
logico-operativo delle prove presuntive – avrebbe imposto di
applicare una doppia presunzione.
Ha ritenuto cioè che la prova presuntiva che l’incendio si sia
sviluppato dalla lampada avrebbe dovuto essere ancorata ad un
fatto certo, cioè al fatto che il Martini ebbe a dimenticare la
lampada accesa; che una tale condotta colposa non è stata
esaurientemente provata, ma può essere solo presunta, donde la
necessità di dedurre la presunzione da un elemento anch’esso
incerto: il che la legge ritiene inammissibile.

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di tutela della concorrenza, secondo cui

3.1.- Il ragionamento è errato e si fonda sull’arbitraria
frammentazione dell’unica fattispecie a cui può essere
ricondotta la causa dei danni.
L’unica

presunzione

di

cui

i

ricorrenti

chiedevano

l’applicazione è che l’incendio si sia sviluppato per effetto

senza protezione accanto a un tendaggio.
Accertata in via presuntiva una tale circostanza, non vi è alcun
bisogno di ricorrere ad ulteriori presunzioni per individuare la
responsabilità del Martini, poiché solo la lampada accesa
avrebbe potuto sprigionare il calore necessario ad innescare
l’incendio.
Gli eventi certi consistono nel fatto che il Martini ebbe ad
installare la lampada, che questa era priva del vetro di
protezione e che era collocata accanto ad una finestra con tenda
in stoffa, proprio in corrispondenza del punto in cui
l’incendio ha provocato i danni più gravi.
La presunzione – deducibile dai principi probabilistici sopra
richiamati – è che l’incendio si sia sviluppato dalla lampada
(ovviamente accesa, poiché una lampada spenta non produce
calore), e che quindi la responsabilità sia riconducibile
all’installatore.
4.- La sentenza impugnata, che ha disatteso questi principi,
deve essere annullata, con rinvio della causa alla Corte di
appello di Brescia, in diversa composizione, affinché decida la

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del calore sprigionatosi dalla lampada alogena, lasciata accesa

controversia

uniformandosi

ai

principi

sopra

enunciati,

evidenziati in grassetto, e con congrua e logica motivazione.
5.- La Corte di rinvio deciderà anche sulle spese del presente
giudizio.
P.Q.M.

accoglie il secondo e il terzo motivo, nei termini di cui in
motivazione. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla
Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, che
deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2013
Rsore

Il Pres ehte

La Corte di cassazione rigetta il primo motivo di ricorso ed

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