Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30095 del 21/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 21/11/2018, (ud. 29/10/2018, dep. 21/11/2018), n.30095

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2900-2012 R.G. proposto da:

Società SALVO di P.A.S. & C. s.n.c., in

persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e

difesa dagli avv.ti Antonio Costa e Maurizio Nicola Rivilli, in

virtù di procura speciale a margine del ricorso introduttivo ed

elettivamente domiciiiata in Roma, via Degli Scipioni n. 252, presso

lo studio dell’avv. Christian Artale;

– ricorrente –

contro

SERIT SICILIA S.p.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, con sede in Palermo, via E. Morselli n. 8;

– intimata –

e

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12

– controricorrente, ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sicilia n. 80/30/11, depositata il 27 maggio 2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 ottobre

2018 dal Consigliere Valeria Piccone.

Fatto

RILEVATO

che:

– la società Salvo di P.A.S. & C. s.n.c. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza di reiezione dell’appello da essa avanzato nei confronti della decisione di primo grado che, in parziale accoglimento della domanda proposta, aveva annullato l’intimazione di pagamento di una cartella emessa dalla Serit Sicilia S.p.A. agente di riscossione per la Provincia di Palermo, confermando le altre cinque impugnate dalla contribuente;

– in particolare, la Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto la ritualità delle notifiche residue delle cartelle di pagamento la cui legale conoscenza era stata contestata già in primo grado dalla società;

– il ricorso è affidato a tre motivi;

– resiste, con controricorso, l’Agenzia delle Entrate e spiega, altresì, ricorso incidentale, affidato a due motivi;

– la SERIT Sicilia S.p.A. è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo la società contribuente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 145 c.p.c. e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. B-bis, con riguardo alla regolarità della notifica delle cartelle di pagamento impugnate;

– con il secondo motivo denunzia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia sempre con riguardo all’asserita irritualità delle notifiche;

– con il terzo motivo deduce l’omessa pronunzia in relazione alla condanna alle spese del giudizio.

– il primo motivo è inammissibile;

– per costante giurisprudenza di legittimità, (cfr, fra le più recenti, Cass. n. 20335 del 2017, con particolare riguardo alla duplice prospettazione del difetto di motivazione e della violazione di legge) attiene alla violazione di legge la deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente una attività interpretativa della stessa;

– il vizio relativo all’incongruità della motivazione di cui all’art. n. 360 c.p.c., n. 5, invece, comporta un giudizio sulla ricostruzione del fatto giuridicamente rilevante e sussiste solo quando il percorso argomentativo adottato nella sentenza di merito presenti lacune ed incoerenze tali da impedire l’individuazione dei criterio logico posto a fondamento della decisione, o comunque, qualora si addebiti alla ricostruzione di essere stata effettuata in un sistema la cui incongruità emerge appunto dall’insufficiente, contraddittoria o omessa motivazione della sentenza;

– nel caso di specie, nessuna censura viene prospettata dalla ricorrente avverso la sussunzione della fattispecie concreta nell’ambito della previsione legale, contestandosi, invece, l’erronea ricostruzione del fatto e, in particolare, l’erroneità della valutazione degli estratti di ruolo non avendo la società mai svolto attività alcuna presso (OMISSIS) bensì esclusivamente presso (OMISSIS);

– anche il secondo motivo, con cui si censura la decisione impugnata per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, sempre con riguardo alla ritualità della notifica in relazione al luogo in cui la stessa risulta essere stata effettuata, è inammissibile;

– in virtù del principio di autosufficienza, infatti, il ricorso per cassazione deve, come noto, contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicarne specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo preciso in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso è fondato mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione (ex plurimis, Cass. n. 14784 del 2015);

– con particolare riguardo ad elementi documentali rilevanti quali le scritture richiamate nel ricorso introduttivo a sostegno della asserita palmare evidenza della irritualità della notifica – in quanto effettuata presso numero civico diverso da quello risultante come sede legale dai medesimi atti – va rilevato che, qualora sia dedotta la omessa o viziata valutazione di documenti, deve procedersi ad un sintetico ma completo resoconto del loro contenuto, nonchè alla specifica indicazione del luogo, appunto, in cui ne è avvenuta la produzione, al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza sulla base del solo ricorso, senza necessità di fare rinvio od accesso a fonti esterne ad esso (sui punto, fra le più recenti, Cass. n. 5478 del 2018), adempimento assente nel caso di specie;

– relativamente ai terzo motivo, con cui si denunzia l’omessa pronuncia in ordine alla impugnazione delle statuizioni di primo grado relative alla condanna alla rifusione delle spese processuali, giova premettere che, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia, non basta la mancanza di una espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto;

– tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione;

– in particolare, questa Corte ha affermato che non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo punto (in questi termini, ex plurimis, Cass. n. 29191 del 2017), circostanza verificatasi nel caso di specie in cui la CTR, non condividendo alcuna delle prospettazioni di parte appellante, ha integralmente respinto l’appello, peraltro condannando il contribuente alla rifusione delle spese del secondo grado;

– con il primo motivo di ricorso incidentale si censura da parte dell’Agenzia delle Entrate la sentenza impugnata per omessa pronunzia in ordine all’eccepito difetto di legittimazione attiva dell’Ufficio essendo stati dedotti unicamente vizi propri della procedura esecutiva;

– con il secondo motivo si denunzia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 10, asserendosi l’insussistenza di un litisconsorzio necessario fra ente impositore e concessionario ogni qualvolta le doglianze attengano esclusivamente a vizi della procedura esecutiva;

– in applicazione di SU 5456/09 e SU 7381/16, afferma, fra le più recenti, Cass. 14 marzo 2018 n. 6138, che alla stregua del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni pregiudiziali di rito, ivi comprese quelle attinenti alla giurisdizione, o preliminari di merito, ha natura di ricorso condizionato, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, e deve essere esaminato con priorità solo se le questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, rilevabili d’ufficio, non siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito. Qualora, invece, sia intervenuta detta decisione, tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corte di cassazione solo in presenza dell’attualità dell’interesse, sussistente unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale;

– conseguentemente, il ricorso incidentale condizionato resta assorbito;

PQM

– le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e assorbito quello incidentale. Condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della parte contro ricorrente, che liquida in complessivi Euro 5.600,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 29 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2018

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