Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30092 del 14/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 30092 Anno 2017
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: MANZON ENRICO

ORDINANZA
sul ricorso 23776-2016 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. 06363391001), in persona del
legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende opelegis;

– ricorrente contro
CONIAI

S.R.L., in persona del legale rappresentante pro-tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SISTINA n. 42, presso lo
studio dell’avvocato GIOVANNI GALOPPI, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato AI TREDO TOSCA;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 14/12/2017

avverso la sentenza n. 1321/22/2016 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di MILANO, depositata il 09/03/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 23/11/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO
\N ZON.

Presidente e del Relatore.
Rilevato che:
Con sentenza in data 2 luglio 2015 la Commissione tributaria regionale
della Lombardia respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle
entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 4278/46/14 della
Commissione tributaria provinciale di Milano che aveva accolto il
ricorso della Comall srl contro l’avviso di accertamento TRAI), IRES,
IVA 2004. La CTR osservava in particolare che l’atto impositivo
impugnato era illegittimo in quanto emesso oltre il termine
decadenziale previsto dalla legge, non essendo applicabile nel caso di
specie la disciplina del c.d. “raddoppio del termine” in caso di illeciti
amministrativi costituenti anche illecito penale.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione 1′ Agenzia
delle entrate deducendo due motivi.
Resiste con controricorso la società contribuente, che successivamente
ha depositato una memoria.
Considerato che:
In via preliminare la controricorrente pone la questione,
potenzialmente dirimente/assorbente, di inammissibilità dell’appello
agenziale per l’invalidità della sottoscrizione dello stesso per difetto
della delega di firma e del potere di conferirla.
L’eccezione non ha fondamento.

121c. 2016 n. 23776 sez. MT – ud. 23-11-2017
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Disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del

Va ribadito che «In tema di contenzioso tributario, la provenienza di
un atto di appello dall’Ufficio periferico dell’Agenzia delle Entrate e la
sua idoneità a rappresentarne la volontà si presumono anche ove non
sia esibita in giudizio una corrispondente specifica delega, salvo che
non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore

impugnare la sentenza» (Sez. 6 – 5, Decreto n. 15470 del 26/07/2016,
Rv. 640640 – 01).
Con il primo motivo —ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.la ricorrente denuncia di nullità la sentenza impugnata per vizio
motivazionale radicale (motivazione apparente).
I,a censura è infondata.
Va ribadito che «La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5,
cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del dl. 22 giugno 2012, n. 83, conv.
in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei
canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al
“minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.
Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale
che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in
quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio
risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto
con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella
“mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella
“motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni
inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente
incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di

sufficienza” della motivazione» (Sez. U, Sentenza n. 8053 del

07/04/2014, Rv. 629830).

Ric. 2016 n. 23776 sez. MT – ud. 23-11-2017
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all’ufficio appellante o, comunque l’usurpazione del potere di

La motivazione della sentenza impugnata raggiunge senz’altro la soglia
del “minimo costituzionale”, posto che affronta la questione della
presentazione della denuncia penale, risolvendola secondo una propria
interpretazione dell’art. 43, d.P.R. 600/1973, che forma comunque
oggetto della seconda censura, per violazione di legge, posta con il

Con il secondo motivo —ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc.
civ.- l’agenzia fiscale ricorrente appunto lamenta violazione/falsa
applicazione degli artt. 43, primo e terzo comma, d.P.R. 600/1973, 57,
terzo comma, d.P.R. 633/1972, poiché la CTR ha affermato che la
disciplina del c.d. “raddoppio dei termini” per l’emissione dell’avviso di
accertamento non opera qualora la denunzia penale sia stata presentata
dopo la scadenza del termine ordinario e comunque se non sia stata
depositata agli atti del processo tributario copia della denunzia stessa.
La censura è fondata.
Va ribadito che:
-«In tema di accertamento tributario, ai fini del raddoppio dei termini
previsti dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, nella versione applicabile
“ratione temporis”, rileva unicamente la sussistenza dell’obbligo di
presentazione di denuncia penale, a prescindere dall’esito del relativo
procedimento e nonostante l’eventuale prescrizione del reato, poiché
ciò che interessa è solo l’astratta configurabilità di un’ipotesi di reato,
atteso il regime di “doppio binario” tra giudizio penale e procedimento
tributario» (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9322 del 11/04/2017, Rv. 643795
– 01);
-«In tema di accertamento tributario, il raddoppio dei termini previsto
dagli artt. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 3, del
d.P.R. n. 633 del 1972, nei testi applicabili “ratione temporis”,
presuppone unicamente l’obbligo di denuncia penale, ai sensi dell’art.
Ric. 2016 n. 23776 sez. MT – ud. 23-11-2017
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ricorso agenziale.

331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000, e non
anche la sua effettiva presentazione, come chiarito dalla Corte
costituzionale nella sentenza n. 247 del 2011» (Sez. 6 – 5, Ordinanza n.
11171 del 30/05/2016, Rv. 639877 -01);
-«In tema di accertamento tributario, i termini previsti dagli artt. 43 del

l’IVA, nella versione applicabile “ratione temporis”, sono raddoppiati
in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di
presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o
presentata oltre i termini di decadenza, senza che, con riguardo agli
avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in
corso alla data del 31 dicembre 2016, incidano le modifiche introdotte
dalla 1. n. 208 del 2015, il cui art. 1, comma 132, ha introdotto, peraltro,
un regime transitorio che si occupa delle sole fattispecie non
ricomprese nell’ambito applicativo del precedente regime transitorio non oggetto di abrogazione – di cui all’art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 128
del 2015, in virtù del quale la nuova disciplina non si applica né agli
avvisi notificati entro il 2 settembre 2015 né agli inviti a comparire o ai
processi verbali di constatazione conosciuti dal contribuente entro il 2
settembre 2015 e seguiti dalla notifica dell’atto recante la pretesa
impositiva o sanzionatoria entro il 31 dicembre 2015» (Sez. 5 – ,
Sentenza n. 26037 del 16/12/2016, Rv. 641949 – 01).
I ,a sentenza impugnata, affermando che al fine della applicabilità della
disciplina —vigente

ratione temporis-

del “raddoppio dei termini”

decadenziali per l’emissione dell’avviso di accertamento è necessaria la
presentazione di una denuncia penale (per uno dei reati di cui al d.l.
74/2000) entro il termine ordinario di cui all’art. 43, d.P.R. 600/1973,
si discosta in modo evidente e radicale dai principi di diritto espressi in
tali arresti giurisprudenziali.
Ric. 2016 n. 23776 sez. MT – ud. 23-11-2017
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d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per

Dando seguito al terzo arresto giurisprudenziale, va poi anche
affermato che non hanno rilevanza le più recenti modifiche legislative
alla disciplina

de qua,

come sostenuto nella memoria dalla

controricorrente.
La sentenza impugnata va dunque va senz’altro cassata in relazione al

nuovo esame.
PQNI
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo
motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione
tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche
per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, 23 novembre 2017
Il Presidente

secondo motivo, rigettato il primo, con rinvio al giudice a quo per

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