Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30083 del 21/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 21/11/2018, (ud. 11/07/2018, dep. 21/11/2018), n.30083

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. RANALDI Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24004/2011 proposto da:

BEAUMONT ITALIA SRL, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA ODERICO

DA PORDENONE 1, presso lo studio dell’avvocato GIACOMO PIRRO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARCO CALDARELLI;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA GERIT SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA ATTILIO

REGOLO 12/D, presso lo studio dell’avvocato RICCARDO ZACCHIA, che lo

rappresenta e difende;

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI ROMA 4 in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLC STATO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 130/2010 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 26/07/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/07/2018 dal Consigliere Dott. ALESSANDRO RANALDI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. PIETRO MOLINO che ha chiesto il

rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La S.r.l. Beaumont Italia ha proposto ricorso, affidato a cinque motivi, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio (in seguito: CTR) n. 130/29/10, emessa il 6.7.2010 e depositata il 26.7.2010, con la quale è stato accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate relativamente alla impugnativa della cartella di pagamento – emessa a seguito di accertamento D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis – con la quale è stato chiesto alla società ricorrente il pagamento di imposte a titolo di IVA, IRPEF ed IRAP, sanzioni ed interessi per l’anno 1999.

Resistono con distinti controricorsi l’Agenzia delle Entrate ed Equitalia Sud S.p.A.

Il Procuratore Generale, con memoria depositata il 15.6.2018, ha chiesto il rigetto del ricorso.

Con memoria depositata il 2.7.2018 la società ricorrente insiste per la cassazione della sentenza impugnata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia: “Nullità della sentenza o del procedimento per omessa pronuncia sui motivi di gravame ex art. 360 c.p.c., n. 4”.

Deduce che la CTR ha omesso di pronunciarsi sui motivi di appello avanzati dalla ricorrente, con riferimento alle eccezioni di nullità dell’iscrizione a ruolo in quanto operata oltre il termine di decadenza di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, di nullità dell’iscrizione a ruolo in quanto operata oltre il termine di decadenza di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, lett. A, di tardività della notifica della cartella operata oltre il termine di decadenza fissato dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, e di nullità dell’atto per difetto di motivazione.

1.1. Il motivo è infondato, perchè la CTR ha motivato espressamente sul rigetto delle eccezioni, visto che nella sentenza impugnata vengono sinteticamente riportate le ragioni addotte dalla società ricorrente in sede di appello, unitamente a quelle delle controparti, con ciò dimostrando di avere preso in considerazione, ai fini della decisione, tutte le questioni sollevate dalle parti nel contraddittorio processuale.

Peraltro la prospettata doglianza non risulta in alcun modo supportata, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, dall’allegazione o indicazione specifica degli atti processuali contenenti le riferite eccezioni di nullità su cui la CTR avrebbe omesso di pronunciarsi.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per “Mancata notifica avviso bonario – violazione L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, nonchè vizio di motivazione”.

Deduce la nullità dell’iscrizione a ruolo in quanto la notifica della cartella di pagamento non è stata preceduta dalla notifica del c.d. “avviso bonario”, secondo quanto disposto dalla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5.

Soggiunge, in subordine, che nel caso deve comunque essere garantito il diritto del contribuente alla riduzione delle sanzioni ai sensi del D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 2.

2.1. Il motivo è generico e comunque manifestamente infondato.

Nella specie è pacifico che la cartella di pagamento impugnata è stata emessa a seguito di controllo automatizzato D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis.

E’ noto che, secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, dal quale non v’è motivo di discostarsi, la L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, non impone l’obbligo di un contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo (ai sensi dell’art. 36-bis cit.), ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”.

Quest’ultima situazione, diversamente da quanto sembra prospettare la società ricorrente, non ricorre necessariamente nel caso di liquidazione delle imposte, da parte dell’Amministrazione finanziaria, mediante procedura automatizzata, che implica il controllo documentale sui dati contabili riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo (Cass. 10/06/2015, n. 12023; 7/02/2018, n. 2938).

Sul punto, si ritiene di aderire all’indirizzo consolidato della Suprema Corte secondo cui: “In materia di riscossione, ai sensi del del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità, al fine di evitare la reiterazione di errori e di consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, è dovuto solo ove dai controlli automatici emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero un’imposta o una maggiore imposta e, comunque, la sua omissione determina una mera irregolarità e non preclude, una volta ricevuta la notifica della cartella, di corrispondere quanto dovuto con riduzione della sanzione, mentre tale adempimento non è prescritto in caso di omessi o tardivi versamenti, ipotesi in cui, peraltro, non spetta la riduzione delle sanzioni amministrative ai sensi del D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 2, comma 2” (Cass. 6/07/2016, n. 13759).

La censura in esame non specifica in alcun modo l’oggetto della pretesa fiscale, al fine di stabilire se l’attività dell’Ufficio accertatore nasca da una verifica automatica di dati indicati dal contribuente e sia conseguenza di un omesso o tardivo versamento di imposte autodichiarate (nel qual caso non sarebbe dovuto alcun “avviso bonario”); ovvero se, al contrario, l’attività implichi considerazioni di tipo valutativo attinenti ad “incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione” (con conseguente necessità di un preventivo contraddittorio con il contribuente).

2.2. La genericità e aspecificità del motivo si riverbera anche sul rilievo attinente alla determinazione delle sanzioni, che risulta dedotto senza alcuna specificazione in ordine alle ragioni in fatto e in diritto a sostegno della doglianza, che peraltro non risulta neanche proposta in sede di appello; tale rilievo è pertanto inammissibile.

3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia: “Nullità iscrizione a ruolo per decadenza dal termine, violazione L. n. 448 del 1998, art. 9, della nonchè vizio di motivazione”.

Deduce che nel caso il ruolo è stato formato solo in data 25.8.2003, in violazione del termine di decadenza del 31.12.2001 previsto dal citato art. 9.

3.1. Il motivo è infondato, per l’assorbente ragione che la norma richiamata si riferiva alle dichiarazioni presentate negli anni dal 1994 al 1998, mentre nella specie si discute di un ruolo relativo ad una dichiarazione dei redditi dell’anno di imposta 1999, presentata quindi nell’anno 2000.

4. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia: “Nullità del provvedimento per difetto di motivazione – violazione D.M. n. 321 del 1999, art. 1, comma 2, “.

Deduce il difetto di motivazione circa le pretese dell’Ufficio, che non avrebbe fornito alcuna prova a sostegno della cartella di pagamento, in violazione dell’art. 2697 c.c.

5. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia: “Nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione delle disposizioni in materia di motivazione degli atti impositivi dell’amministrazione finanziaria e più in generale della L. n. 241 del 1990, artt. 3 e 7”.

6. I motivi quarto e quinto possono essere trattati congiuntamente, alla luce della loro stretta connessione, e devono essere ritenuti inammissibili, per le stesse ragioni già enunciate nel par. 2.1. in relazione alla trattazione del secondo motivo di ricorso.

Peraltro si tratta di motivi che scontano la loro palese genericità, non contenendo gli stessi alcun elemento specifico a supporto di quanto sostenuto, avendo omesso di specificare quali sarebbero gli elementi mancanti tra quelli che devono essere contenuti nella cartella di pagamento a norma del D.M. n. 321 del 1999 cit., art. 1, comma 2, ovvero in cosa si sarebbe concretizzata la falsa applicazione della generale disciplina di cui alla L. n. 241 del 1990, artt. 3 e 7. Tutto ciò in palese violazione dei principi di specificità dei motivi e di autosufficienza del ricorso.

7. Il ricorso va, pertanto, rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento in favore delle parti controricorrenti delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore dell’Agenzia delle Entrate, che liquida in Euro 6.000,00, oltre alle spese prenotate a debito, ed in favore di Equitalia Sud della somma di Euro 6.000,00, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed oltre agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 11 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2018

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