Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30081 del 21/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 21/11/2018, (ud. 11/07/2018, dep. 21/11/2018), n.30081

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. RANALDI Alessandro – rel Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22104-2011 proposto da:

BEAUMONT ITALIA SRL, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA ODERICO

DA PORDENONE 1, presso lo studio dell’avvocato GIACOMO PIRRO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARCO CALDARELLI;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA GERIT SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIOACCHINO

ROSSINI 18, presso lo studio dell’avvocato GIOIA VACCARI, che lo

rappresenta difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI ROMA (OMISSIS) in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 66/2010 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 28/06/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/07/2018 dal Consigliere Dott. ALESSANDRO RANALDI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. PIETRO MOLINO che ha chiesto il

rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La S.r.l. Beaumont Italia ha proposto ricorso, affidato a quattro motivi, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio (in seguito: CTR) n. 66/3/10, emessa il 21.5.2010 e depositata il 28.6.2010, con la quale è stato respinto l’appello della stessa società relativamente alla impugnativa della cartella di pagamento – emessa a seguito di accertamento D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis – con la quale le è stato chiesto il pagamento di imposte a titolo di ritenute Irpef, sanzioni ed interessi per l’anno 1997.

Resiste Equitalia Sud S.p.A. mediante controricorso.

L’Agenzia delle entrate si è costituita con nota scritta al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Il Procuratore Generale, con memoria depositata il 15.6.2018, ha chiesto il rigetto del ricorso.

Con memoria depositata il 2.7.2018 la società ricorrente insiste per la cassazione della sentenza impugnata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per “mancata notifica avviso bonario”.

Deduce la nullità dell’iscrizione a ruolo in quanto la notifica della cartella di pagamento non è stata preceduta dalla notifica del c.d. “avviso bonario”, secondo quanto disposto dalla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5.

Soggiunge, in subordine, che nel caso deve comunque essere garantito il diritto del contribuente alla riduzione delle sanzioni ai sensi del D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 2.

1.1. Il motivo è generico e comunque manifestamente infondato.

Nella specie è pacifico che la cartella di pagamento impugnata è stata emessa a seguito di controllo automatizzato D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis.

E’ noto che, secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, dal quale non v’è motivo di discostarsi, la L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, non impone l’obbligo di un contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo (ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis), ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”.

Quest’ultima situazione, diversamente da quanto sembra prospettare la società ricorrente, non ricorre necessariamente nel caso di liquidazione delle imposte, da parte dell’Amministrazione finanziaria, mediante procedura automatizzata, che implica il controllo documentale sui dati contabili riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo (Cass. 10/06/2015, n. 12023; 7/02/2018, n. 2938).

Sul punto, si ritiene di aderire all’indirizzo consolidato della Suprema Corte secondo cui: “In materia di riscossione, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità, al fine di evitare la reiterazione di errori e di consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, è dovuto solo ove dai controlli automatici emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero un’imposta o una maggiore imposta e, comunque, la sua omissione determina una mera irregolarità e non preclude, una volta ricevuta la notifica della cartella, di corrispondere quanto dovuto con riduzione della sanzione, mentre tale adempimento non è prescritto in caso di omessi o tardivi versamenti, ipotesi in cui, peraltro, non spetta la riduzione delle sanzioni amministrative ai sensi del D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 2, comma 2” (Cass. 6/07/2016, n. 13759).

La censura in esame non specifica in alcun modo l’oggetto della pretesa fiscale, al fine di stabilire se l’attività dell’Ufficio accertatore nasca da una verifica automatica di dati indicati dal contribuente e sia conseguenza di un omesso o tardivo versamento di imposte autodichiarate (nel qual caso non sarebbe dovuto alcun “avviso bonario”); ovvero se, al contrario, l’attività implichi considerazioni di tipo valutativo attinenti ad “incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione” (con conseguente necessità di un preventivo contraddittorio con il contribuente).

1.2. La genericità e aspecificità del motivo si riverbera anche sul rilievo attinente alla determinazione delle sanzioni, che risulta dedotto senza alcuna specificazione in ordine alle ragioni in fatto e in diritto a sostegno della doglianza, che peraltro non risulta neanche proposta in sede di appello; tale rilievo è pertanto inammissibile.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia: “Mancata indicazione della data di esecutività del ruolo – violazione del D.P.R. n. 603 del 1973, art. 12, n. 3”.

Deduce che l’affermazione contenuta in sentenza secondo cui il ruolo sarebbe stato formato e reso esecutivo il 30.12.2000 “è del tutto apodittica e priva di riscontro”.

2.1. Il motivo è inammissibile, in quanto generico e comunque non consentito in sede di legittimità.

Si tratta, infatti, di rilievo che svolge essenzialmente una censura di merito, pretendendo di ottenere dalla Cassazione una diversa ricostruzione dei fatti di causa, fra l’altro senza addurre alcun elemento specifico a supporto di quanto sostenuto, in palese violazione dei principi di specificità dei motivi e di autosufficienza del ricorso. E ciò a fronte della perentoria affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui “L’iscrizione a ruolo e la notifica sono state effettuate nel pieno rispetto dei termini previsti dalla normativa allora vigente”, in alcun modo smentita in ricorso.

3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia: “Nullità iscrizione a ruolo per decadenza dal termine fissato dalla L. n. 448 del 1998, art. 9 – violazione art. 2967 c.c..”.

Deduce, con riferimento al precedente motivo in relazione all’impossibilità di individuare la data di esecutività del ruolo, l’illegittimità della pretesa fiscale, per mancato rispetto del termine fissato dall’art. 9 cit., secondo cui “… i termini per il controllo formale delle dichiarazioni presentate negli anni dal 1994 al 1998 ai fini delle imposte sui redditi e negli anni dal 1995 al 1998 ai fini dell’imposta sul valore aggiunto sono fissati al 31 dicembre 2000. Entro la stessa data devono essere resi esecutivi i relativi ruoli”.

3.1. Il motivo è inammissibile per le stesse ragioni già enunciate nel par. 2.1. in relazione alla trattazione del secondo motivo di ricorso, vertendo la questione sempre sulla data di avvenuta esecutività del ruolo, insindacabilmente accertata dal giudice di merito al 30.12.2000.

4. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia: “Nullità del provvedimento per difetto di motivazione – violazione D.M. n. 321 del 1999, art. 1, comma 2”.

Deduce il difetto di motivazione circa le pretese dell’Ufficio, che non avrebbe fornito alcuna prova a sostegno della cartella di pagamento, in violazione dell’art. 2697 c.c..

4.1. Il motivo è inammissibile perchè palesemente generico, in quanto non specifica quali sarebbero gli elementi mancanti tra quelli che devono essere contenuti nella cartella di pagamento a norma del citato D.M. n. 321 del 1999, art. 1, comma 2. E ciò a fronte di una sentenza che ha recisamente escluso il difetto di motivazione della cartella di pagamento impugnata, in quanto “contenente gli estremi dei tributi e degli accessori richiesti, consentendo al contribuente di rendersi conto delle ragioni della pretesa fiscale e di esercitare il proprio diritto di difesa”.

5. Il ricorso va, pertanto, rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese processuali, liquidate come da dispositivo. Nulla va liquidato a favore dell’Agenzia delle entrate, che non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore di Equitalia Sud delle spese processuali, liquidate in Euro 4.000,00, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed oltre agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 11 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2018

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