Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3008 del 07/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3008 Anno 2018
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: NAPOLITANO LUCIO

ORDINANZA
sul ricorso 18916-2015 proposto da:
PORTO DI CARRARA S.P.A. C.F. 01019560455, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEI DUE MACELLI n.66, presso lo Studio Legale
tributario DLA Piper, rappresentato e difeso dagli avvocati
GIUSEPPE FERRARA, e ANTONIO TOMASSINI;

– ricorrente contro
COMUNE CARRARA C.E/P.1.00079450458, in persona del Sindaco
e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II n.18 C/0, presso lo
studio legale LESSONA, rappresentato e difeso dall’avvocato
DOMENICO IARIA;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 07/02/2018

avverso la sentenza n. 189/1/2015 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di FIRENZE, depositata il
20/01/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 22/11/2017 dal Consigliere Dott. LUCIO

FATTO E DIRITTO
La Corte,
costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.,
come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del
d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla 1. n. 197/2016;
dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo
Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente
motivazione in forma semplificata e che la ricorrente ha depositato
memoria, osserva quanto segue:
La CTR della Toscana, con sentenza n. 189/1/15, depositata il 20
gennaio 2015, non notificata, accolse l’appello proposto dal Comune di
Carrara nei confronti della società Porto di Carrara S.p.A. (di seguito
società) avverso la sentenza della CTP di Massa Carrara, che aveva
invece accolto i ricorsi separatamente proposti dalla società, di seguito
riuniti, avverso avviso di accertamento per TARSU per l’anno 2006 e
cartella di pagamento per lo stesso anno 2006, nonché per l’anno 2012,
relativamente ad area di circa mq 6150 antistante il porto di levante.
Avverso la pronuncia della CTR la società ha proposto ricorso per
cassazione affidato a quattro motivi, ulteriormente illustrato da
memoria critica alla proposta del relatore depositata in atti.
Il Comune di Carrara resiste con controricorso.
Disposto con ordinanza interlocutoria n. 6625/17 il rinvio a nuovo
ruolo onde consentire la trattazione congiunta del presente giudizio ad
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NAPOLITANO.

con altre analoghe controversie pendenti tra le parti relative a differenti
anni d’imposta, la controversia torna all’esame della Corte.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione o falsa
applicazione degli artt. 62 e 63 del d.lgs. n. 507/1993, in relazione
all’art. 2729 c.c., al principio di ripartizione dell’onere della prova di cui

all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., assumendo che gli elementi valutati
dal giudice tributario d’appello per affermare in via presuntiva la
sussistenza del presupposto impositivo, sarebbero privi dei requisiti di
cui all’art. 2729 c.c., ciò rendendo viziata altresì la decisione in punto di
riparto dell’onere della prova, incombendo la dimostrazione della
sussistenza del presupposto impositivo all’Amministrazione comunale.
Con il secondo motivo la società ricorrente lamenta omesso esame di
fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le
parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., precisamente: la
circostanza relativa all’essere l’area in oggetto priva di recinzione;
l’ubicazione, sulla medesima area, di un Luna Park; il libero accesso
all’area da parte degli autotrasportatori e delle Agenzia marittime senza
previa autorizzazione da parte della società Porto di Carrara S.p.A e
senza pagamento di alcuna tariffa; la comunicazione effettuata dalla
società al Comune relativamente alla presenza di situazioni (come la
necessità d’imbarco di un macchinario della Il Nuovo Pignone S.p.A.),
che avrebbero comportato per un determinato periodo di tempo
l’inaccessibilità del parcheggio pubblico; il disconoscimento da parte
della società del fondamento della pretesa del Comune di esigere la c.d.
indennità di occupazione per l’area in questione; circostanze tutte che
— secondo la ricorrente — ove debitamente esaminate, avrebbero
certamente determinato un diverso esito del giudizio.
In subordine la ricorrente ha articolato altri due motivi, con il primo
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all’art. 2697 c.c., nonché dell’art. 115, comma 1, c.p.c., in relazione

dei quali (terzo motivo) ha denunciato la violazione e falsa
applicazione del disposto degli artt. 58, 59, 61 e 62 del d. lgs. n.
507/1993, anche in relazione agli artt. 3 e 53 Cost. (art. 360, comma 1,
n. 3, c.p.c.) per non aver riconosciuto la sentenza impugnata che la
società non poteva essere gravata dalla relativa imposizione, non

dall’Amministrazione, seppur istituito, sollevando, al riguardo,
questione di legittimità costituzionale degli artt. 58, 59, comma 4 e 62
del d. lgs. n. 507/1993, per violazione degli artt. 3 e 53 Cost.
Infine con il quarto motivo, riproponendo analoga questione di
legittimità costituzionale, la ricorrente denuncia l’omesso esame, ai
sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5. c.p.c., di fatto decisivo per il giudizio
oggetto di discussione tra le parti, inerente al mancato espletamento
del servizio per gli anni in contestazione da parte del Comune di
Carrara.
I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in
quanto tra loro connessi.
Appare fondata in proposito l’eccezione d’inammissibilità degli stessi
da parte del controricorrente, seppure in virtù di considerazioni in
parte diverse da quelle esposte dal Comune controricorrente, che ha
dedotto che, pur nella forma del vizio di violazione o falsa applicazione
di norme di diritto per erroneità del ragionamento inferenziale e del
vizio di omesso esame di fatti decisivi nel contesto della nuova
formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., parte ricorrente abbia
in realtà inteso sollecitare alla Corte una diversa valutazione del
materiale istruttorio rispetto a quella operata dal giudice di merito,
tanto nel primo grado di giudizio quanto in grado d’appello.
Invero non appare oggetto, pur nel quadro di una valutazione
sistematica di ciascun motivo, di specifica censura la statuizione in
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avendo beneficiato del servizio di smaltimento, siccome non svolto

virtù della quale la CTR ha affermato che «esiste una presunzione
legale di produzione dei rifiuti che può tuttavia essere superata se il
contribuente riesce a provare l’inidoneità del locale a produrre i rifiuti
stessi, e non semplicemente la non utilizzazione, di fatto, dei locali, per
decisioni soggettive dell’occupante stesso».

merito, da un lato, della documentazione offerta dal Comune,
comprovante, secondo la CTR, l’occupazione del bene da parte della
contribuente; dall’altro al rinvio, nella parte relativa allo svolgimento
del processo, alle circostanze che, secondo la contribuente, rendevano
«l’area situata fuori dal porto e destinata all’uso pubblico dello stesso e
ad operazioni funzionali alle attività svolte da soggetti terzi».
In particolare la sentenza impugnata ha espressamente dato atto degli
elementi idonei a fondare, quanto meno in via presuntiva,
l’accertamento dell’occupazione, sin dagli anni ottanta, da parte della
società (allora Compagnia Lavoratori Portuali) dell’area in questione in
assenza di titolo concessorio o locativo, rilevando correttamente
integrare, ai sensi dell’art. 62, comma 1, del d. lgs. n. 507/1993, il
presupposto impositivo ai fini TARSU anche l’occupazione di fatto
dell’area suscettibile di produrre rifiuti che si trovi nelle zone del
territorio comunale ove è istituito ed attivato il servizio in regime di
privativa da parte del Comune (in generale, più di recente, Cass. sez. 5,
14 settembre 2016, n. 18054; cfr. anche Cass. sez. 5, 15 febbraio 2013,
n. 3373, circa l’idoneità di area portuale alla produzione di rifiuti).
Di contro, sulla base della premessa argomentativa sopra riportata, ha
implicitamente ritenuto che le circostanze fattuali dedotte dalla
contribuente potessero al più integrare la prova della non utilizzazione,
per determinati periodi, dell’area, ma non della sua non detenzione o
occupazione da parte della contribuente.
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Tale statuizione va raccordata alla valutazione, da parte del giudice di

Non vi è dunque, con riferimento al secondo motivo, omesso esame di
fatti decisivi per il giudizio, avendo questa Corte (Cass. sez. unite 7
aprile 2014, n. 8053) chiarito che l’omesso esame di elementi istruttori
non integra di per sé il vizio rubricato dall’attuale formulazione dell’art.
360, comma 1, n. 5, c.p.c. laddove, come nella fattispecie in esame, pur

circostanze menzionate, possa evincersi che esse siano state comunque
tenute in considerazione dalla decisione e ritenute tali da non porsi
come fatti impeditivi della normale occupazione dell’area da parte della
società nei relativi periodi di riferimento e dunque ritenute come fatti
non decisivi ai fini della decisione.
Quanto al primo motivo, deve trarsi la conseguenza che la censura non
sia diretta a lamentare la non corretta applicazione della norma in sé
sotto il profilo della non conformità del ragionamento inferenziale
rispetto al parametro legale dell’art. 2729 c.c., ciò che avrebbe reso
ammissibile la censura prospettata in relazione all’art. 360, comma 1, n.
3, c.p.c., ma presupponga pur sempre la concreta valutazione da parte
del giudice di merito del materiale istruttorio, lamentandosene in
sostanza l’insufficienza sul piano motivazionale, la qual cosa è oggi
preclusa, come chiarito dal citato arresto delle Sezioni Unite n.
8053/2014, alla stregua della nuova foimulazione dell’art. 360, comma

1 , n. 5, c.p.c.
Infine, con riferimento al terzo ed al quarto motivo, è fondata
l’eccezione d’inammissibilità di parte controricorrente, integrando
l’oggetto delle rispettive censure questioni nuove dedotte in sede di
legittimità.
La questione relativa al mancato espletamento del servizio da parte del
Comune nell’area in questione ha costituito, in effetti, specifico motivo
di ricorso in primo grado, all’esito del quale la contribuente è stata
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non avendo dato conto in dettaglio la sentenza impugnata delle

vittoriosa, essendo rimasto il motivo assorbito, avendo ritenuto il
giudice di primo grado che le aree in oggetto non fossero utilizzate,
quanto meno esclusivamente, dalla ricorrente.
Detta questione, peraltro, non risulta essere stata specificamente
riproposta nelle controdeduzioni depositate dalla società in grado

d’appello
La sentenza impugnata dà conto, infatti, che la società si è limitata a
rinviare ai motivi di gravame proposti dalla stessa nel ricorso di primo
grado e ciò è, in effetti, confermato dalla stessa ricorrente (pag. 9) nel
ricorso per cassazione.
Tuttavia, secondo la giurisprudenza di questa Corte in materia (cfr.
Cass. sez. 5, 27 novembre 2015, n. 24267), «nel processo tributario,
l’art. 56 del d. lgs. n. 546/1992 impone la specifica riproposizione in
appello, in modo chiaro ed univoco, sia pure per relationem, delle
questioni non accolte dalla sentenza di primo grado, siano esse
domande o eccezioni, sotto pena di definitiva rinuncia, sicché non è
sufficiente il generico richiamo del complessivo contenuto degli atti
della precedente fase processuale».
Ne consegue che la questione, da intendersi rinunciata, non può essere
riproposta dinanzi al giudice di legittimità, ciò precludendo quindi
anche l’esame della questione di legittimità costituzionale
subordinatamente proposta in relazione ai predetti motivi.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si
liquidano come da dispositivo.

/-■
/ /72

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione in favore del
Comune controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che
liquida in Euro 4100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella
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misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed agli
accessori di legge, se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a

articolo 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 22 novembre 2017
ente
irillo

betzionario Oudintno
<3. &Fua ODfX) quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 — bis dello stesso

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