Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30078 del 14/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 30078 Anno 2017
Presidente: ARMANO ULIANA
Relatore: SCODITTI ENRICO

ORDINANZA
sul ricorso 11S33-2016 proposto da:

G I AROLA LURA, elettivamente domiciliato in

RC) M A , VIA

CELIMONTANA n.38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO
PANARITI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
FRANCESCO GATTI ;

– ricorrente contro
AVIVA ITALIA S.P.A, in persona del le gale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DUILIO n.7,
presso lo studio dell’avvocato MASSIMO MARETTO, che la
rappresenta e difende unitamente e dis giuntamente all’avvocato
OSCAR ALTAVILLA;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 14/12/2017

avverso la sentenza n. 677/2016 della CORTE D’APPELLO di
TORINO, depositata il 27/04/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 25/10/2017 dal Consigliere Don. ENRICO

SCODITTI.

Ric. 2016 n. 17533 sez. M3 – ud. 25-10-2017
-2-

Rilevato che:
Luigi Giarola convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Vercelli
con ricorso ai sensi dell’art. 702 bis cod. proc. civ. Aviva italia s.p.a.
chiedendo la condanna al pagamento dell’indennità prevista dal
contratto di assicurazione nella misura di Euro 232.564,63 o la
diversa somma di giustizia. Espose la parte attrice che un incendio

di proprietà di Paolo Beozzo, e che l’assicuratore non aveva
riscontrato la domanda di indennizzo. Il Tribunale rigettò la domanda.
Avverso detto provvedimento propose appello il Giarola. Con
sentenza di data 27 aprile 2016 la Corte d’appello di Torino rigettò
l’appello.
Premise il giudice di appello l’esistenza nel contratto di
assicurazione – da ricondurre allo schema del contratto a favore di
terzi – di un vincolo a favore dì UCB Credicasa s.p.a., in base al quale
la società assicuratrice si obbligava a non liquidare alcun indennizzo
se non con il concorso o con il consenso scritto dell’istituto a favore
del quale la polizza era vincolata ed a pagare direttamente all’istituto
l’indennizzo senza bisogno di concorso dell’assicurato, salva diversa
disposizione scritta da parte dell’istituto stesso. Osservò quindi la
corte territoriale che il contraente aveva accettato di subordinare
l’esercizio dell’azione per la liquidazione dell’indennizzo al preventivo
consenso scritto dell’istituto beneficiario e che tale condizione
sospensiva dell’esercizio del diritto da parte dello stipulante non si era
avverata, né tale assenza di avveramento poteva essere sanata
mediante la chiamata in causa dell’istituto vincolatario,
condivisibilmente disattesa dal giudice di prime cure. Aggiunse che
«la domanda subordinata, peraltro nuova, è assorbita».
Ha proposto ricorso per cassazione Luigi Giarola sulla base di
quattro motivi e resiste con controricorso la parte intimata. Il relatore
ha ravvisato un’ipotesi d’inammissibilità del ricorso. Il Presidente ha

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aveva coinvolto l’immobile di sua proprietà, nonché quello adiacente

fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito.
E’ stata presentata memoria.
Considerato che:
con il primo motivo si denuncia violazione di norma di diritto ai
sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva il
ricorrente che il processo verbale di udienza relativo al giudizio di

proc. civ., era privo delle argomentazioni difensive svolte dalle parti,
da cui la nullità del verbale, con l’effetto di limitare i diritti di difesa
delle parti (o quanto meno l’incostituzionalità dell’art. 281 sexies cod.
proc. civ. nella parte in cui non impone di dare atto degli argomenti
difensivi delle parti per violazione dell’art. 24 Cost.), e che la nullità
del processo verbale si estendeva alla sentenza.
Il motivo è inammissibile. Il ricorso per cassazione deve
contenere, in base all’art. 366, corna 1, n. 4) cod. proc. civ. a pena di
inammissibilità, l’indicazione della norma di diritto su cui si fondano i
motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza. Nella rubrica
del motivo non risulta indicata la norma violata, né la stessa è
evincibile dall’articolazione del motivo. Ed invero, per un verso, stante
il principio di tipicità della nullità degli atti processuali (art. 156,
comma 1, cod. proc. civ.), non risulta indicata la norma che
comminerebbe la nullità lamentata dal ricorrente, per l’altro nel
motivo si fa riferimento all’art. 126 cod. proc. civ., ma poi si denuncia
l’incostituzionalità dell’art. 281 sexies cod. proc. civ. ove si ritenga
non comprensiva tale norma della prescrizione di indicazione nel
processo verbale delle argomentazioni difensive delle parti, non
rendendo così chiaro se la norma violata sia l’art. 126 o l’art. . 281
sexies.
Con il secondo motivo si denuncia omessa motivazione circa un
fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod.
proc. civ.. Osserva il ricorrente che il giudice di appello ha ignorato

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appello, da redigere nel rispetto di quanto previsto dall’art. 126 cod.

che la clausola di vincolo risulta prevista nell’interesse non solo del
terzo beneficiario, ma anche dello stipulante e che stante
l’esposizione del Giarola nei confronti della banca terza era interesse
dello stipulante che l’indennizzo venisse erogato anche direttamente
in favore del terzo, sicché la corte di appello aveva erroneamente
interpretato la clausola di vincolo. Aggiunge che la clausola di vincolo

accertamento del credito.
Il motivo è inammissibile. Il ricorrente non denuncia l’omesso
esame di un fatto decisivo e controverso ma l’erronea, a suo dire,
interpretazione della clausola di vincolo. La censura non ha quindi ad
oggetto un vizio motivazionale ma la divergenza in punto di risultato
interpretativo con le conclusioni cui è pervenuto il giudice di merito in
sede di interpretazione della clausola contrattuale. A tale proposito va
rammentato che in tema di interpretazione del contratto, il sindacato
di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé, che
appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito,
ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di
ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta,
con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della
volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una
diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati
(Cass. 10 febbraio 2015, n. 2465).
Nella memoria il ricorrente ha evidenziato che la censura non
concerneva solo il profilo del contenuto della clausola contrattuale,
ma anche l’omesso esame dell’interesse dello stipulante alla
liquidazione del danno e la circostanza che la domanda avesse ad
oggetto il pagamento da effettuare a favore di chi ne risultasse
titolare. Il primo profilo rinvia ancora all’interpretazione del contratto,
non essendo separabile da quest’aspetto, e cioè dal programma
d’interessi contenuto nel regolamento negoziale, la dedotta

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concerneva comunque la fase solutoria ed esecutiva, non quella di

valutazione dell’interesse. Quanto al secondo profilo nel ricorso,
diversamente dalla memoria, si afferma che il Giarola aveva
rinunciato al fatto che il pagamento venisse fatto a lui direttamente
senza il previo consenso dell’istituto di credito. L’accertamento del
giudice di merito è stato tuttavia proprio quello che non si era
avverata la condizione sospensiva del preventivo consenso scritto

Con il terzo motivo si denuncia violazione di norma di diritto ai
sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva il
ricorrente che il giudice di appello ha errato nel ritenere nuova la
domanda avente ad oggetto l’indennizzo per il danno subito dal terzo
Paolo Beozzo in quanto inclusa nell’importo originariamente richiesto.
Il motivo è inammissibile. Il giudice di appello ha ritenuto la
domanda assorbita. Il ricorrente aveva l’onere di impugnare la
valutazione di assorbimento. Peraltro il ricorrente non ha interesse ad
impugnare la valutazione di novità della domanda in quanto
effettuata contestualmente alla valutazione di assorbimento della
domanda, e dunque dopo che il giudice si era spogliato della potestas
iudicandi (cfr. Cass. Sez. U. 20 febbraio 2007, n. 3840).
Con il quarto motivo si denuncia violazione di norma di diritto ai
sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva il
ricorrente che il giudice di appello, per un’errata lettura dell’art. 183
cod. proc. civ., non aveva considerato che l’esigenza di chiamare in
causa il terzo per comunanza di causa era insorta a seguito delle
difese formulate dalla controparte.
Il motivo è inammissibile. Fuori dalla ipotesi di litisconsorzio
necessario ex art. 102 cod. proc. civ., il provvedimento del giudice di
merito che concede o nega l’autorizzazione
a chiamare in causa un terzo ai sensi dell’art. 106 cod. proc. civ.,
coinvolge valutazioni assolutamente discrezionali che, come tali, non

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dell’istituto beneficiario.

possono formare oggetto di appello e di ricorso per cassazione (Cass.
4 dicembre 2014, n. 25676).
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo,
seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio
2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi

aggiunto il comma 1 – quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R.
30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dell’obbligo di versamento,
da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al
pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio
di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle
spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in
Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo
13.
Così deciso in Roma il giorno 25 ottobre 2017
Il Presidente
Dott.ssa Uliana Armano

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