Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30077 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. I, 29/12/2011, (ud. 06/12/2011, dep. 29/12/2011), n.30077

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Maria Rosa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

F.LLI LOMBARDI & C. – PREFABBRICATI S.P.A. IN

AMMINISTRAZIONE

STRAORDINARIA (c.f. (OMISSIS), in persona dei Commissari

Liquidatori pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

RONCIGLIONE 3, presso l’avvocato GULLOTTA FABIO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MACRI’ GIULIO, giusta Procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

BANCA POPOLARE DI BARI S.C.P.A., nuova denominazione della Banca

Popolare di Bari s.c.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, BANCA DI ROMA S.P.A. – GRUPPO CAPITALIA, quale conferitaria

della Banca di Roma spa, ora denominata Capitalia Spa, in persona dei

legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliate in ROMA,

VIA PAOLO EMILIO 26, presso l’avvocato MORELLI MASSIMO, che le

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LATERZA PAOLO, giusta

procure in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 990/2005 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 24/10/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/12/2011 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato FABIO GULLOTTA che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per le controricorrenti, l’Avvocato MASSIMO MORELLI che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Fratelli Lombardi e C. Prefabbricati s.p.a. in Amministrazione Straordinaria agiva nei confronti della Banca Mediterranea s.p.a., per ottenere: a) la declaratoria di inefficacia L. Fall., ex art. 67, comma 2, dei pagamenti e delle rimesse affluiti sul c/c (OMISSIS) ed eventualmente anche degli atti negoziali sottostanti, oltre alle eventuali garanzie tipiche e/o atipiche concesse anche da terzi, nell’anno precedente alla dichiarazione di insolvenza, per il complessivo importo non inferiore a L. 1.376.940.341; b) perchè fossero revocati L. Fall., ex art. 67, comma 2, gli atti a titolo oneroso, ed in particolare i mandati all’incasso, i giroconti, le cessioni di credito, le cessioni di effetti cambiari o di altra specie di titoli, anche se incassati successivamente, o successivamente accreditati, così come ogni altro atto a titolo oneroso, tra cui gli eventuali accordi compensativi, con condanna della convenuta alla restituzione della somma di L. 1.376.940.341, oltre rivalutazione ed interessi; c) in subordine, perchè fossero revocati L. Fall., ex art. 67, comma 2, i pagamenti comunque percepiti, anche nei periodi di saldo attivo dei conti nel periodo di (conosciuta) insolvenza anche a saldo di “spese”, “interessi” e “competenze”, nell’importo che sarebbe stato accertato ed indicato in causa, con la conseguente condanna alla restituzione; d) perchè, infine, fosse dichiarata l’inefficacia L. Fall., ex art. 44 dei pagamenti, anche in forma di rimesse attive, e se del caso gli atti negoziali sottostanti,posti in essere dopo il decreto ministeriale di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria ed affluiti sul c/c indicato, con la conseguente condanna alla restituzione degli importi nella misura minima di L. 223.615.715, oltre interessi e rivalutazione.

La convenuta eccepiva la nullità della citazione.

Con ordinanza del 13/6/97, veniva dichiarata la nullità della citazione con termine ex art. 164 c.p.c. per integrare la domanda;

la parte, pur contestando la sussistenza della rilevata nullità, provvedeva all’integrazione della domanda, con atto del 25 settembre 1997.

Con la nota difensiva del 28/11/97, la Banca eccepiva la prescrizione dell’azione revocatoria per decorso del termine quinquennale dal decreto di ammissione alla procedura.

A seguito della incorporazione della Banca Mediterranea nella Banca di Roma, veniva dichiarata l’interruzione del giudizio, riassunto dall’Amministrazione Straordinaria; si costituiva la Banca incorporante ed interveniva la Nuova Banca Mediterranea s.p.a., manifestando il proprio consenso all’estromissione dal giudizio richiesta dalla Banca di Roma, ed a sua volta eccepiva la prescrizione della domanda,essendo stato l’atto di integrazione della citazione depositato il 25/9/97.

Interveniva nuovo fatto interruttivo; il giudizio veniva riassunto dalla Amministrazione Straordinaria e si costituivano sia la Banca di Roma che la Nuova Banca Mediterranea, ribadendo le proprie istanze ed eccezioni.

Con sentenza del 13/6/02, il Tribunale rigettava la domanda per incompatibilità della L. n. 95 del 1979 con la normativa comunitaria.

La Corte d’appello, con sentenza depositata il 24/10/05, in accoglimento dell’appello principale della Amministrazione Straordinaria, ha dichiarato legittima ed ammissibile la revocatoria, e in accoglimento dell’appello incidentale della Nuova Banca Mediterranea e della Banca di Roma, ha dichiarato prescritto il diritto dell’Amministrazione Straordinaria di agire in revocatoria, mentre ha rigettato nel merito la domanda L. Fall., ex art. 44, condannando l’appellante a rifondere alle appellate ed appellanti incidentali i due terzi delle spese del giudizio, nel resto compensate.

La Corte del merito, rilevata la piena legittimità della revocatoria L. Fall., ex art. 67, ha ritenuto che, essendosi realizzata ex art. 164 c.p.c., comma 4 la sanatoria ex nunc della citazione, con l’atto integrativo depositato il 25/9/1997, si era conseguentemente maturata la prescrizione quinquennale,a partire dal decreto di apertura della procedura (e quindi dal 2 marzo 1992), rilevando che l’atto introduttivo era generico, indicando “pagamenti per lo più in forma di rimesse”, “operazioni e relativi atti che hanno comportato una violazione della disposizione della L. Fall., art. 67”, elencati a titolo “solo esemplificativo” come le “rimesse” di qualsiasi genere, “atti a titolo oneroso”, eventuali, e quindi ipotetici” accordi compensativi”, con una frase finale onnicomprensiva (“e quant’altro per legge revocabile”), di rinvio a tutte le “cessioni di credito, cessioni di effetti cambiari, mandati all’incasso, giroconti, bancogiri etc”, senza indicazioni temporali, nè sulla rilevanza contabile, oltre che sull’incidenza che avrebbero avuto sui rapporti con la società, lacune tutte colmate solo con la memoria integrativa del 25/9/97, con l’indicazione dei diversi “pagamenti effettuati anteriormente alla sentenza dichiarativa di fallimento”, con la precisazione dell’importo delle operazioni e del giorno in cui erano state effettuate, nonchè con la specificazione dei diversi presupposti normativi e probatori di dette operazioni, con ciò dando concretezza al thema decidendum. Di nessun rilievo, secondo la Corte del merito, era la considerazione dell’Amministrazione Straordinaria, secondo cui nell’atto integrativo sarebbero state contenute una parte delle operazioni già indicate nell’atto di citazione originario, nè poteva riconoscersi alcuna sanatoria in forza della costituzione della controparte, possibile per le nullità della vocatio in jus e non dell’editio actionis, come nel caso.

Secondo la Corte d’appello, non era invocabile l’orientamento risalente, anteriore al testo novellato degli artt. 163 e 164 c.p.c., secondo cui l’effetto interruttivo della prescrizione ha carattere permanente, rilevando che la mancata indicazione del bene della vita e del diritto fatto valere rende impossibile sul piano sostanziale l’effetto interruttivo della prescrizione; inoltre, la revocatoria è azione costitutiva, per cui deve concettualmente escludersi la possibilità di atto di costituzione in mora in mancanza di un diritto di credito da far valere e meno che mai, l’utilizzazione di un atto di citazione nullo. Quanto alla domanda L. Fall., ex art. 44, la Corte barese ha rilevato trattarsi di somme versate dalla società, autorizzata alla continuazione dell’esercizio, per l’emissione di assegni a favore di dipendenti e per pagamenti vari, richiesti dal Commissario dott. P.; le somme non erano state trattenute dalla Banca, presso cui vi era il conto non affidato, ma versate dalla società con vincolo di destinazione ben preciso e concretamente utilizzate dalla stessa per la continuazione dell’esercizio dell’impresa. La Corte del merito ha ritenuto infine corretta la compensazione delle spese disposta dal Tribunale.

Ricorre l’Amministrazione Straordinaria, sulla base di quattro motivi. Banca Popolare di Bari oggi s.c.p.a. e Banca di Roma s.p.a. – Gruppo Capitalia hanno depositato controricorso.

La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1.- Con il primo motivo, la ricorrente denuncia vizio di violazione ed errata applicazione, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punto decisivo della controversia, in relazione all’assunta nullità dell’atto di citazione per asserita “genericità” dell’oggetto della domanda (artt. 163 e 164 c.p.c.): la giurisprudenza è nel senso di ritenere la nullità della citazione, per difetti attinenti al petitum, solo ove questo sia del tutto omesso o assolutamente incerto; nel caso, tale valutazione non può prescindere dalla natura dell’oggetto della domanda e dalla relazione con esso della controparte, per cui la specifica indicazione del numero del conto corrente bancario sul quale sono affluite le rimesse della Lombardi Prefabbricati, la determinazione del periodo di tempo nel quale le stesse ed i pagamenti sono stati effettuati, la precisazione che la domanda si riferisce a tutte le rimesse sul conto del detto periodo, e l’esatta indicazione dell’importo minimo della somma delle rimesse revocabili rappresentano gli elementi idonei a consentire alla Banca ed al Giudice la sufficiente individuazione dell’oggetto delle domande. La Procedura, sin dall’inizio, ha prodotto gli estratti conto relativi al conto corrente in oggetto ed ha chiarito da subito che i conteggi erano stati elaborati considerando il conto come “scoperto”, ossia non assistito da apertura di credito; non vi era nessuna necessità di indicare specificamente nell’atto di citazione tutte le singole rimesse operate sui detti conti.

1.2.- Con il secondo motivo, proposto in via di subordine, la ricorrente si duole della violazione ed errata applicazione di norme di diritto, dell’omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione, in relazione all’assunta prescrizione della domanda, facendo valere la valenza interruttiva anche dell’atto di citazione ritenuto nullo.

1.3.- Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia vizio di legge e di motivazione, in relazione al rigetto della domanda L. Fall., ex art. 44, sostenendo che il dott. P., come risulta documentalmente, ha assunto le funzioni il 24/4/92, che la richiesta di assegni circolari a cui si riferisce la controparte non è riconducibile alla Procedura, a cui sono comunque inopponibili i documenti prodotti dalla Banca, privi per di più di data certa.

1.4.- Con il quarto motivo, la ricorrente denuncia violazione ed errata applicazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione alla condanna alle spese, che dovrà essere travolta, una volta accolta l’impugnazione nel merito.

2.1.- Il primo motivo è inammissibile.

La ricorrente si duole, sotto il profilo del vizio di legge e di motivazione, della ritenuta nullità della citazione, ex art. 164 c.p.c., comma 4, deducendo, come sopra ampiamente riportato, che già in sede di atto di citazione l’oggetto della domanda, da valutarsi in relazione alla natura dello stesso e per il collegamento con la controparte, non era affatto omesso nè assolutamente incerto.

Al fine di consentire a questa Corte di valutare il motivo, nelle due censure fatte valere, la parte avrebbe dovuto riportare i contenuti specifici dell’atto di citazione, atteso che non vi è coincidenza tra quanto riportato a riguardo dalla Corte d’appello alle pagine 2, 3 e 4, e reso oggetto di valutazione in motivazione, e quanto indicato dalla ricorrente a pag. 2 della premessa del ricorso.

Deve pertanto ritenersi che sul punto il ricorso sia incorso nel difetto di autosufficienza.

2.2.- Il secondo motivo è infondato.

Dalla ritenuta nullità della citazione ex art. 164 c.p.c., comma 4, consegue ai sensi del 5 comma, che l’integrazione della domanda ha efficacia ex nunc, ferme restando le decadenze maturate e salvi i diritti quesiti anteriormente alla rinnovazione o alla integrazione;

la Corte del merito sul punto ha, con motivazione congrua e logicamente argomentata, applicato correttamente la normativa indicata ed ha ulteriormente precisato che non si poteva riconoscere valenza interruttiva all’iniziale citazione, ove ritenuta come atto di costituzione in mora, atteso che, come ritenuto dalle pronunce delle Sezioni unite, 543/96 e 6225/96, nonchè dalla successiva 5001/98, la sentenza che accoglie la domanda revocatoria fallimentare ha natura costitutiva, in quanto modifica “ex post” una situazione giuridica preesistente, sia privando di effetti, nei confronti della massa fallimentare, atti che avevano già conseguito piena efficacia, sia determinando, conseguentemente, la restituzione dei beni o delle somme oggetto di revoca alla funzione di generale garanzia patrimoniale (art. 2740 cod. civ.) ed alla soddisfazione dei creditori di una delle parti dell’atto; con la conseguenza che la situazione giuridica vantata dalla massa ed esercitata dal curatore non integra un diritto di credito (alla restituzione della somma o dei beni) esistente prima del fallimento (nè nascente all’atto della dichiarazione dello stesso) e indipendentemente dall’esercizio dell’azione giudiziale, ma rappresenta un vero e proprio diritto potestativo all’esercizio dell’azione revocatoria, rispetto al quale non è configurabile l’interruzione della prescrizione a mezzo di semplice atto di costituzione in mora (art. 2943 c.c., u.c.).

Occorre infine segnalare che solo in sede di memoria ex art. 378 c.p.c., e pertanto già per tale motivo inammissibilmente, a tacere da ogni ulteriore rilievo, la ricorrente ha controeccepito che il dies a quo della prescrizione poteva decorrere nel caso solo dall’inizio della fase liquidatoria e quindi dal 14 aprile 1996 (nella sentenza impugnata, si fissa la decorrenza al 2 marzo 1992).

2.3.- Il terzo motivo è inammissibile, in quanto la ricorrente non censura la ratio decidendi adottata sul punto dalla Corte del merito, che ha escluso che si sia trattato nel caso di pagamenti a favore della Banca, ma di versamenti che hanno costituito la provvista per successivi addebiti, da cui l’inapplicabilità della L. Fall., art. 44, facendo anche riferimento a fatti nuovi, come tali inammissibili.

2.4.- Il quarto motivo sulle spese è assorbito.

3.1.- Conclusivamente, il ricorso va respinto.

Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, complessivamente liquidate in Euro 10200,00, di cui Euro 200,00 per spese; oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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