Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30075 del 21/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 21/11/2018, (ud. 03/07/2018, dep. 21/11/2018), n.30075

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino L. – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25689/2011 R.G. proposto da:

Agenzia delle dogane, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

– controricorrente incidentale –

contro

C.G.G., elettivamente domiciliato in Roma, via

Federico Cesi n. 30, presso lo studio dell’avv. Gianluca Marzio, che

lo rappresenta e difende unitamente agli avv.ti Fulvia Nari, Paolo

Bonanni e Pierangelo Olivieri, giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

– ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Liguria n. 73/01/11, depositata il 30 giugno 2011.

Lette le conclusioni scritte del P.G., in persona del sostituto

procuratore generale dott. Sorrentino Federico, che ha concluso per

il rigetto del ricorso principale e di quello incidentale.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3 luglio 2018

dal Consigliere Giacomo Maria Nonno.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con sentenza n. 73/01/11 del 30 giugno 2011 la CTR della Liguria respingeva l’appello proposto dalla Agenzia delle dogane avverso le sentenze n. 09-38/04/10 della CTP di La Spezia, che aveva accolto i ricorsi di C.G.G. avverso trenta avvisi di accertamento e contestuali inviti al pagamento per dazi doganali, avendo il contribuente immesso o tentato di immettere in Italia e all’estero, in concorso con altre trentaquattro persone, tabacchi esteri lavorati;

1.1. come si evince dalla sentenza della CTR: a) il C. era stato tratto a giudizio per i reati di cui all’art. 416, commi 1, 2, 3 e 5, e artt. 81 e 110, c.p., nonchè del D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 (Testo unico della legge doganale – TULD), artt. 292, 293 e 295, comma 2, lett. c) e d), e l’Amministrazione finanziaria si costituiva parte civile; b) la CTP accoglieva i ricorsi proposti dalla società contribuente evidenziando che l’accertamento dell’Ufficio non conteneva documentazione riferita alla vicenda ma si fondava unicamente sulle sentenze penali del Tribunale di La Spezia e non risultava assistito dalle necessarie prove; c) le sentenze della CTP erano impugnate dalla Agenzia delle dogane con un unico appello;

1.2. su queste premesse, la CTR motivava il rigetto dell’appello,

con compensazione delle spese, evidenziando che: a) era “inammissibile far derivare il superamento del termine prescrizionale, imposto per il recupero dei diritti doganali, da una sentenza penale che accerta la prescrizione dell’eventuale reato, sulla base di un procedimento penale insorto quando era già scaduto il termine di prescrizione”; b) il Regolamento (CEE) n. 2913 del 12 ottobre 1992 (Codice doganale comunitario – CDC), art. 221, infatti, “consente di perseguire il responsabile del reato qualora la sentenza penale consegua ad un procedimento attivato in pendenza del termine imposto all’avvio dell’azione di recupero”; c) inoltre, le prove a carico del C. non erano “tali da configurare con certezza una responsabilità sua oppure della sua Società”;

2. l’Agenzia delle dogane impugnava la sentenza della CTR con tempestivo ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi;

3. il C. resisteva con controricorso e proponeva ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle dogane deduce la violazione dell’art. 2935 c.c. e dei principi generali in materia di decorrenza del termine di prescrizione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che il termine di prescrizione del diritto dell’amministrazione doganale di procedere all’accertamento ed alla riscossione dei dazi evasi inizia a decorrere dal momento in cui è stata acquisita la notizia dell’evasione e la documentazione necessaria per l’accertamento delle responsabilità, l’individuazione dei debitori e la quantificazione dell’importo dovuto, a seguito delle indagini della Guardia di finanza e dell’Autorità giudiziaria penale;

2. con il secondo motivo di ricorso si contesta la violazione e falsa applicazione del TULD, art. 84, commi 2 e 3, del D.Lgs. 8 novembre 1990, n. 374, art. 11, del Regolamento CEE n. 1697 del 24 luglio 1979, art. 3 e del CDC, art. 221, p. 4, nonchè dei principi generali in materia di decorrenza del termine di prescrizione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi che il termine di prescrizione dei diritti e dei dazi doganali, inizia a decorrere, nel caso in cui i fatti presupposti costituiscano astrattamente ipotesi di reato, dal momento in cui, con la chiusura delle indagini della Guardia di finanza e l’inoltro della notizia di reato all’Autorità giudiziaria penale e con l’esito di altre eventuali indagini degli uffici doganali, sono stati acquisiti dall’Amministrazione doganale tutti gli elementi necessari per individuare i presupposti del debito, i responsabili dell’evasione e la quantificazione dei dazi dovuti, come nella specie accaduto in seguito alle sentenze del Tribunale di La Spezia del 13 dicembre 2005 e del 7 gennaio 2006;

3. con il terzo motivo di ricorso l’Agenzia delle dogane denuncia insufficiente motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, circa un punto decisivo della controversia costituito dalla operatività, nella fattispecie, della sospensione del decorso del termine di prescrizione, previsto dal TULD, art. 84, comma 3, e dal CDC, art. 221, p. 4, in presenza di un atto perseguibile penalmente che ha portato all’apertura di un procedimento penale conclusosi con l’archiviazione;

3.1. in particolare, si evidenzia che la CTR si sarebbe discostata dall’interpretazione della normativa comunitaria e nazionale in materia senza dar conto della sua scelta e senza considerare quanto dedotto e documentato dall’Agenzia delle dogane;

4. i tre motivi, che possono essere complessivamente esaminati riguardando tutti la problematica dell’applicabilità del termine di prescrizione, sono complessivamente inammissibili per difetto di autosufficienza;

4.1. secondo la ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte, “in tema di tributi doganali, ove il loro mancato pagamento derivi da un reato, sia il termine di prescrizione dell’azione di recupero dei dazi all’importazione, che quello di decadenza per la revisione dell’accertamento del D.Lgs. n. 374 del 1990, ex art. 11, sono prorogati sino ai tre anni successivi alla data d’irrevocabilità della decisione penale, a condizione che, nel triennio decorrente dall’insorgenza dell’obbligazione doganale, l’Amministrazione emetta un atto nel quale venga formulata una “notitia criminis” tale da individuare un fatto illecito, penalmente rilevante, ed idoneo ad incidere sul presupposto d’imposta” (Cass. n. 26045 del 16/12/2016; conf. Cass. n. 615 del 12/01/2018; Cass. n. 24674 del 03/12/2015; Cass. n. 20468 del 06/09/2013; Cass. n. 14016 del 03/08/2012);

4.2. come correttamente evidenziato dalla Procura generale, nel caso di specie la CTR si è sostanzialmente conformata a tali principi, avendo precisato che il procedimento penale era iniziato successivamente alla scadenza del primo triennio dall’insorgenza dell’obbligazione doganale;

4.3. a fronte di tale indicazione, l’Amministrazione doganale non può limitarsi a dedurre che alla riscossione dei dazi si è legittimamente proceduto solo a seguito della sentenza penale, senza specificare quando e con quale atto (il cui contenuto va debitamente trascritto nel contesto del ricorso) sia stata formalmente inoltrata la notitia criminis, di cui pure si fa menzione come atto avente generale valenza sospensiva ed interruttiva, così consentendo a questa Corte di apprezzare la tempestività dell’inoltro;

5. con il quarto motivo di ricorso si deduce omessa motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, su un punto controverso e decisivo della controversia, non avendo la CTR specificato le ragioni per le quali non è stata ritenuta comprovata la responsabilità del contribuente;

6. il motivo, involgendo l’esame della seconda ratio decidendi della sentenza impugnata, resta assorbito in ragione della sopravvenuta carenza di interesse della ricorrente, che ha visto rigettati i motivi concernenti la prima;

7. con l’unico motivo di ricorso incidentale il controricorrente deduce violazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, lamentando la compensazione delle spese di lite sia da parte della CTR che da parte della CTP in violazione del principio di soccombenza;

8. il motivo che, così come formulato, integra una violazione di legge, è in parte inammissibile e in parte infondato;

8.1. è inammissibile nella parte in cui si chiede la modifica della statuizione sule spese della sentenza della CTP, perchè la questione non risulta proposta in appello, nè il sig. C. ha precisato l’atto nel quale tale rilievo è stato sollevato;

8.2. è infondato nella parte in cui si chiede la modifica della statuizione sulle spese della sentenza della CTR, perchè rientra nel potere discrezionale del giudice, secondo la disciplina applicabile ratione temporis, la possibilità di compensare le spese anche nei confronti della parte soccombente, ricorrendo giusti motivi espressamente indicati in motivazione;

9. in conclusione vanno rigettati sia il ricorso principale che quello incidentale, con conseguente compensazione tra le parti delle spese del giudizio in ragione della reciproca soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale; dichiara compensate tra le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 3 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2018

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