Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30072 del 31/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 31/12/2020, (ud. 26/11/2020, dep. 31/12/2020), n.30072

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6661-2019 proposto da:

G.S., STURLESE ENRICO, elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato ENRICO ANGELINI;

– ricorrenti –

contro

BANCA NAZIONALE DEL LAVORO SPA, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato STEFANO BAZZANI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1909/2018 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 17/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA

NAZZICONE.

 

Fatto

RILEVATO

– che viene proposto ricorso, sulla base di due motivi, avverso la sentenza pronunciata dalla Corte d’appello di Genova il 17 dicembre 2018, n. 1909, che ha respinto l’impugnazione avverso la decisione del Tribunale de La Spezia in data 16 luglio 2012, la quale aveva respinto l’opposizione proposta dai due soci e fideiussori della G. di G.S. & C. s.n.c. al decreto ingiuntivo concesso su istanza della BNL s.p.a., per l’importo di Euro 509.284,91;

– che la corte del merito, per quanto ancora rileva, ha ritenuto che: a) è corretta la notificazione del decreto ingiuntivo, operata dalla banca nei confronti dei predetti “nella loro qualità di soci illimitatamente responsabili e di fideiussori”, con la consegna di una copia ciascuno, sebbene la società fosse stata cancellata dal registro delle imprese prima della notificazione del decreto monitorio; b) essi proposero opposizione solo nella veste di fideiussori, con il conseguente passaggio in giudicato del decreto, in ordine al debito su di essi gravante nella veste di soci illimitatamente responsabili, come ritenuto dal tribunale, dunque senza limiti di importo; c) il debito accertato dalla c.t.u. espletata in primo grado è ben superiore a quello garantito dai fideiussori appellanti (Euro 258.228,35), con la conseguente infondatezza della doglianza di sussistenza di un debito inferiore alla pretesa per l’indebita capitalizzazione degli interessi;

– che resiste con controricorso l’intimata, depositando anche la memoria.

Diritto

RITENUTO

– che i motivi del ricorso vanno come di seguito riassunti:

1) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto i giudici del merito nulla hanno argomentato circa il fatto che il decreto ingiuntivo fu notificato anche ad una società cancellata dal registro delle imprese, in tal modo risultandone viziato l’intero procedimento monitorio;

2) violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto nella specie il credito non era certo, ai sensi dell’art. 633 c.p.c., ed, inoltre, la corte del merito ha errato nell’applicare il principio della inscindibilità della conoscenza dell’atto in capo al destinatario, posto che, nella specie, i ricorrenti rivestivano i ruoli, assai diversi, di soci e di fideiussori della società;

– che il primo motivo è inammissibile, in quanto invoca l’applicazione di una norma abrogata nel 2012, in virtù del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, ed è, altresì, non autosufficiente, in violazione dell’art. 366 c.p.c., omettendo parte ricorrente di precisare, addirittura, il contenuto delle notificazioni operate; noto essendo, in forza di consolidato principio (e plurimis Cass. 13 marzo 2018, n. 6014; 29 settembre 2017, n. 22880; 20 luglio 2012, n. 12664; 20 settembre 2006, n. 20405), che la deduzione con il ricorso per cassazione di error in procedendo, in relazione al quale la corte è anche giudice del fatto potendo accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito, esige che preliminare ad ogni altro esame sia quello concernente l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che solo quando ne sia stata positivamente accertata l’ammissibilità diventa possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo;

– che il secondo motivo è inammissibile, in quanto contiene la deduzione di vizi eterogenei, ed altresì perchè intende riproporre un giudizio sul fatto, laddove contesta l’esistenza del requisito di certezza del credito, inoltre trascurando che non è ora questione della sussistenza dei requisiti ex art. 633 c.p.c., dal momento che, nel giudizio di opposizione, si opera un accertamento con cognizione piena del diritto vantato, ormai superata la fase sommaria;

– che le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 5.300,00, di cui Euro, 100,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie al 15% ed agli accessori come per legge.

Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 dicembre 2020

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