Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30067 del 31/12/2020
Cassazione civile sez. VI, 31/12/2020, (ud. 26/11/2020, dep. 31/12/2020), n.30067
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 35012-2018 proposto da:
LAVANDERIA LA ROSA SRL SERVICE RESTAURANT, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA, 63, presso lo studio dell’avvocato
GIUSEPPE MARTELLA, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato GIOVANNI MARIA ZITO;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO LAVANDERIA LA ROSA SRL SERVICE RESTAURANT, CA. SI.
EV. SI.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 6863/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 29/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 26/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA
NAZZICONE.
Fatto
RILEVATO
– che viene proposto, sulla base di un motivo, ricorso per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma del 29 ottobre 2018, la quale ha respinto il reclamo avverso la sentenza del Tribunale della stessa n. 618/2017, dichiarativa del fallimento della Lavanderia La Rosa Service s.r.l.;
– che non svolgono difese gli intimati;
– che la ricorrente ha depositato altresì la memoria.
Diritto
RITENUTO
– che l’unico motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2424 c.c. e dell’art. 1L. Fall., in quanto dai documenti prodotti risulterebbero investimenti – pur erroneamente indicati come “ricavi” dal giudice del merito – inferiori ad 300.000,00, perchè dal totale va detratto il valore del capitale circolante (merci, crediti, liquidità), pena duplicazioni;
– che la corte territoriale ha ritenuto, per quanto ancora rileva, come la reclamante avesse invocato la precedente versione dell’art. 1 L. Fall., e che, in ogni caso, nella specie non sussisteva la prova dei requisiti di non sottoponibilità a fallimento, ai sensi dell’art. 1 L. Fall., comma 2, pur dovendosi attivare poteri di rilievo d’ufficio, i quali però presuppongono la deduzione di fatti a tal fine idonei: in particolare ha, quindi, affermato che, sulla base della documentazione in atti, dai prospetti pur non ufficiali risulta che nel 2015, secondo anno del triennio da considerare, l’attivo e stato di Euro 324.210,11, quindi superiore ad Euro 300.000,00, pur previa esclusione della voce dei ratei ex art. 2424 c.c., lett. D;
– che – ciò posto – il motivo è inammissibile, in quanto difetta di specificità, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., introducendo un tema (l’attivo circolante), di cui non si tratta, per le sue ripercussioni giuridiche, nella sentenza impugnata, nè la ricorrente deduce il luogo ed il tempo di tale deduzione: onde non è dato neppure ragionare, in punto di diritto, sul rilievo di tale posta, ai fini dei requisiti di fallibilità ex art. 1 L. Fall.;
– che, sul punto, giova comunque richiamare il condivisibile orientamento, secondo cui (cfr. Cass. 5 settembre 2018, n. 21647; Cass. 29 ottobre 2010, n. 22150) “In tema di requisiti di fallibilità, la consistenza dell’attivo patrimoniale, di cui alla L. Fall., art. 1, comma 2, lett. a), nel testo modificato dal D.Lgs. n. n. 169 del 2007, deve desumersi dall’art. 2424 c.c. e ricomprende le immobilizzazioni, l’attivo circolante, le attività finanziarie non costituenti immobilizzazioni, i ratei e i risconti, come documentati dai bilanci degli ultimi tre esercizi anteriori alla proposizione della domanda di fallimento, sicchè è irrilevante il momento dell’acquisto del cespite da parte dell’imprenditore (nella specie, la suprema corte ha respinto l’assunto della società ricorrente secondo cui non doveva tenersi conto dell’unico cespite immobiliare acquistato diversi anni prima rispetto ai tre esercizi di riferimento dei bilanci prodotti);
– che non occorre provvedere sulle spese di lite.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 31 dicembre 2020