Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30066 del 14/12/2017


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 30066 Anno 2017
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CONTI Vittorio, AGRESTA Leonardo, BITTO Giacomo, CASSIOLI Luciano, CORRENTI Ignazio, FABRIZI Roberto Maria, LO CASTRO Vincenzo, MARIOTTI Antonio, MURACE Stefano, PANTALONI Benito, PETROCCO Alberto Erasmo, SCARABELLI Cesare, ULIANO Lucio, rappresentati e difesi dall’Avvocato Carlo Borello, con domicilio eletto nel
suo studio in Roma, via di Vigna Fabbri, n. 29, scala A, int. 4;
– ricorrenti contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore;

intimato –

Data pubblicazione: 14/12/2017

avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia in data 24 marzo
2014.

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 13 ottobre 2017 dal Consigliere Alberto Giusti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore gene-

quanto di ragione;
udito l’Avvocato Carlo Borello.

FATTI DI CAUSA
1. – Vittorio Conti ed altri litisconsorti, con ricorso depositato in

data 8 luglio 2011, hanno chiesto la condanna del Ministero
dell’economia e delle finanze al pagamento dell’equa riparazione, ai
sensi della legge n. 89 del 2001, per l’irragionevole durata di un giudizio svoltosi dinanzi alla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per il
Lazio, in primo grado, e poi sezione centrale di appello.
Nella resistenza del Ministero, la Corte d’appello di Perugia, con
decreto in data 24 marzo 2014, ha respinto il ricorso e dichiarato integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio.
La Corte territoriale ha rilevato che nel giudizio presupposto
l’entità della posta in gioco era bagatellare. Secondo la Corte di Perugia, il giudizio di riferimento riguardava “una questione di modestissimo spessore”: “la rideterminazione dell’indennità di ausiliaria spettante ai ricorrenti (quali ex ufficiali delle Forze Armate), tenendo conto dell’indennità militare di cui all’art. 9 della legge n. 231/90, pari per gli ufficiali ed i sottufficiali – alla somma lorda di lire 75.000 mensili”
2. – Per la cassazione del decreto della Corte d’appello il Conti e
gli altri litisconsorti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso, con
atto notificato il 23 settembre 2014, sulla base di due motivi.

– 2 –

rale Corrado Mistri, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

L’intimato Ministero non ha svolto attività difensiva in questa sede.
RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo (violazione degli artt. 2 della legge n. 89
del 2001 e 35 della CEDU, omesso esame circa un fatto decisivo per il
giudizio nonché violazione dei principi stabiliti dalla Corte di cassazio-

ne e dglla Corte EDU, ai sensi dell’art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.)
i ricorrenti si dolgono che la Corte d’appello abbia escluso l’esistenza
di un pregiudizio significativo, senza considerare che il vantaggio economico riposto da ciascun ricorrente nel giudizio presupposto era pari
a circa 9.000 euro. Avrebbe errato la Corte di Perugia a calcolare
l’entità dell’indennità militare pari a lire 75.000 come se dovesse essere concessa una tantum: infatti, si sarebbe dovuto tenere conto
della esatta incidenza di tale indennità sul trattamento economico di
pensione a favore dei ricorrenti con decorrenza dall’anno 1992. I ricorrenti deducono altresì che, per quanto riguarda il danno non patrimoniale, accertata la sussistenza della violazione, deve, almeno
nella normalità dei casi, ritenersi raggiunta anche la prova della produzione di pregiudizi non patrimoniali a carico della parte interessata.
Con il secondo motivo (violazione dell’art. 2-bis della legge n. 89
del 2001, introdotto dal decreto-legge n. 83 del 2012) i ricorrenti denunciano che la decisione della Corte d’appello sarebbe contraria
all’indirizzo posto in materia dal legislatore, non avendo applicato il
nuovo parametro di liquidazione, non inferiore a 500 euro e non superiore a 1.500 euro, per ciascun anno, o frazione di anno superiore a
sei mesi, eccedente il termine ragionevole di durata del processo.
2. – Il primo motivo è fondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo, ai sensi dell’art. 12 del
Protocollo n. 14 alla CEDU, la soglia minima di gravità, al di sotto della quale il danno non è indennizzabile, va apprezzata nel duplice prou’\,,

filo della violazione e delle conseguenze, sicché dall’ambito di tutela
della legge n. 89 del 2001, restano escluse sia le violazioni minime
del termine di durata ragionevole, di per sé non significative, sia quelle di maggior estensione temporale, ma riferibili a giudizi presupposti
di carattere bagatellare, in cui esigua è la posta in gioco e trascurabili

2014, n. 633).
Infatti, in tanto può presumersi come normale l’afflizione derivante dalla durata di un processo, in quanto il pregiudizio sofferto raggiunga nel caso concreto una soglia minima di gravità, al di sotto della quale il paterna non è più oggettivabile e meritevole di tutela.
Nel caso in esame la Corte territoriale ha rilevato che il giudizio di
riferimento riguardava una questione di modestissimo spessore: la rideterminazione dell’indennità di ausiliaria spettante ai ricorrenti (quali
ex ufficiali delle Forze armate), tenendo conto dell’indennità militare
di cui all’art. 9 della legge n. 231 del 1990, pari – per gli ufficiali ed i
sottufficiali – alla somma lorda di lire 75.000 mensili.
Sennonché, così decidendo, la Corte territoriale ha omesso di
considerare un fatto decisivo per il giudizio, perché ha inteso l’entità
dell’indennità pari a lire 75.000 come se si trattasse di un importo da
corrispondere una tantum, laddove il vantaggio economico che ciascun ricorrente si riprometteva di conseguire attraverso la proposizione della domanda nel giudizio presupposto era ben superiore, trattandosi di differenza comportante la rideterminazione del trattamento
pensionistico definitivo, e quindi valevole per tutti i mesi e gli anni
(dal 1992) di fruizione della pensione.
3. – L’esame del secondo motivo resta assorbito.
4. – Il decreto impugnato è cassato in relazione alla censura accolta.
La causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di Perugia, che
la deciderà in diversa composizione.

i rischi sostanziali e processuali connessi (Cass., Sez. II, 14 gennaio

Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di
cassazione.

P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo;
cassa il decreto impugnato e rinvia la causa, anche per le spese del

posizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il 13 ottobre 2017.
Il Consigliere estensore

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Il Presidente

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DEPOSITATO IN CANCELLERIA
Roma,

14 DIC.2017

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giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Perugia, in diversa com-

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