Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30065 del 31/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 31/12/2020, (ud. 26/11/2020, dep. 31/12/2020), n.30065

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28986-2018 proposto da:

R.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TACITO 23,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI GIUSTINIANI, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARCO BORRACCINO;

– ricorrente –

contro

D.V.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIORGIO CUGOLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1997/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 13/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA

NAZZICONE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Come risulta dalla sentenza impugnata e per quanto ancora rileva, con sentenza del 7 febbraio 2012 il Tribunale di Verona, su domanda di D.V.A., promittente venditore, respinse la domanda di pagamento del residuo prezzo di Euro 90.000,00, sul totale pattuito di Euro 315.000,00, asseritamente dovuto da R.M., promissario acquirente, per la vendita del 16,665% del capitale sociale della Cobs Constructons Buildings and Services s.r.l., conclusa il 9 settembre 2003.

Ritenne, infatti, il Tribunale che il nuovo socio fosse entrato in società non a seguito di cessione della quota da parte del D.V., ma a seguito di un’operazione di aumento del capitale sociale, deliberata dai due soci D.V. e Z. nell’assemblea del 24 marzo 2004, con contestuale rinuncia al loro diritto di opzione e sottoscrizione diretta da parte del socio entrante R..

Pertanto, tale diverso meccanismo negoziale impediva l’accoglimento della domanda di pagamento del residuo prezzo pattuito, dovendosi intendere allora risolto l’iniziale contratto preliminare.

2. – Adita da D.V.A., la Corte d’appello di Venezia con la sentenza del 13 luglio 2018, n. 1997, ha accolto l’impugnazione, condannando R.M. al pagamento del prezzo residuo di Euro 90.000,00, con gli interessi legali dal 24 marzo 2004.

3. – Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione

R.M., affidato a tre motivi.

Si difende con controricorso l’intimato.

Il ricorrente ha depositato altresì la memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – I motivi di ricorso possono essere così riassunti:

1) violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per insanabile contraddittorietà della motivazione, dato che la corte territoriale ha ritenuto, da un lato, che il prezzo della cessione della quota sociale non sia stato interamente corrisposto mediante la sottoscrizione dell’aumento del capitale sociale, e, dall’altro lato, che comunque dovesse riconoscersi l’avvenuto versamento dell’intero importo dell’aumento di capitale deliberato e sottoscritto, avendo il ricorrente adempiuto in toto ai propri obblighi;

2) falsa applicazione degli artt. 1351,1362,1372,2697 e 2932 c.c., in quanto comunque, una volta concluso il contratto definitivo a regolamentazione dei reciproci interessi, il contratto preliminare non può più avere nessun effetto, posto che, nella specie, l’operazione di aumento del capitale con rinuncia al diritto di opzione ha “tolto di mezzo” il contratto preliminare;

3) omesso esame di fatti decisivi, consistenti l’uno nella quietanza del pagamento del sovrapprezzo e del conferimento in sede di aumento del capitale sociale, menzionata nel verbale assembleare, e l’altro nel fatto che la quota, infine pervenuta nella titolarità del ricorrente, non è quella inizialmente fatta oggetto del contratto preliminare, ma quella derivante dall’aumento del capitale sociale.

2. – La Corte d’appello di Venezia con la sentenza del 13 luglio 2018, n. 1997 – premesso come un analogo contratto preliminare il socio entrante avesse in principio concluso anche con l’altro socio Z.L., per la cessione di pari quota del 16,665% del capitale sociale in suo favore – ha osservato che l’intera operazione ha condotto, all’esito della stessa, proprio all’entrata di R.M. in società per un terzo del capitale sociale (33,33%): ciò, non più per trasferimento diretto ad opera dei due soci originari, come dapprincipio pattuito, ma mediante un aumento del capitale sociale con contestuale rinuncia, da parte dei due soci, al diritto di opzione loro spettante, e mediante la sottoscrizione, con sovrapprezzo, dell’aumento da parte del socio entrante, originario promissario acquirente.

Tutto questo mediante il meccanismo del collegamento negoziale, attraverso il quale si è realizzato un risultato economico complesso, grazie ad una pluralità coordinata di negozi a causa autonoma, ma concorrente nell’esito.

Ha concluso, pertanto, che nessuna risoluzione del contratto preliminare de quo si è mai realizzata, restando il medesimo idoneo a fondare il diritto vantato dall’originario attore.

3. – Ciò posto, il primo motivo è manifestamente infondato, avendo la corte del merito compiutamente argomentato le conclusioni raggiunte, nè palesando alcuna motivazione contraddittoria, tale da rendere la medesima addirittura non conforme all’obbligo costituzionale.

4. – Il secondo motivo è in parte inammissibile ed in parte manifestamente in fondato.

Invero, sotto il primo profilo, esso intende ripetere un giudizio sul fatto, in quanto la successione degli eventi e degli accordi è stata, nella concreta vicenda, ricostruita dal giudice del merito, nè essa è riproponibile in sede di legittimità.

Sotto il secondo profilo, esso non considera come la corte del merito abbia ravvisato un collegamento negoziale tra i vari atti, concorrenti al medesimo scopo dell’ingresso in società del terzo socio in misura paritaria rispetto agli altri due e con pari diminuzione percentuale della quota di ciascuno di questi, situazione che dà pienamente ragione, in punto di diritto, della ritenuta perdurante valenza ed efficacia dell’accordo sul prezzo, contenuto nel contratto preliminare de

In tal modo, la corte territoriale ha bene applicato il principio, enunciato da questa Corte, secondo cui è vero che il contratto definitivo, anche se contenente una disciplina diversa da quella prevista dal contratto preliminare, si presume unico regolamento del rapporto: ma resta, però, salva la prova della sopravvivenza degli altri obblighi previsti dal contratto preliminare, in quanto risulti, da un accertamento in fatto, che altri obblighi o prestazioni, contenuti nel preliminare, permangano (cfr. Cass. 23 novembre 2018, n. 30466, non massimata; Cass. 21 dicembre 2017, n. 30735; Cass. 5 giugno 2012, n. 9063; Cass. 11 luglio 2007, n. 15585; Cass. 10 gennaio 2007, n. 233).

La corte del merito ha dunque ritenuto che, con l’aumento del capitale sociale da Euro, 10.000,00 (in titolarità per 5.000,00 in capo a ciascuno degli originari soci) ad Euro 15.000,00 (di cui Euro 5.000,00 acquisita dal socio entrante), mediante il versamento dell’intera somma nominale in aumento di Euro 5.000,00 e del sovrapprezzo di 23.576,00 -entrambi, come è naturale, in favore della società e non degli altri soci – si sia realizzato l’esatto regolamento d’interessi preordinato sin dall’inizio, sia pure infine raggiunto mediante una operazione societaria, in luogo della conclusione di meri contratti definitivi di trasferimento della quota.

Ha anche accertato come, invece, quale corrispettivo per la rinuncia del diritto di opzione, sia stata versata la mera somma di 11.788,00, onde il contratto preliminare non è stato affatto risolto dalle parti, per le clausole relative al prezzo continuando a costituire titolo dei reciproci diritti ed obblighi.

Il concreto accertamento della volontà dei contraenti di concludere contratti collegati integra un tipico accertamento di fatto, che sfugge al giudice di legittimità (Cass. 11 giugno 2018, n. 15148, e precedenti ivi citati).

5. – Quanto esposto dà conto anche del rigetto del terzo motivo, non avendo affatto la sentenza impugnata omesso l’esame nè dell’avvenuta quietanza rilasciata dalla società a fronte del pagamento del sovrapprezzo e del conferimento da sottoscrizione del capitale sociale, nè del diverso regolamento negoziale risultatone.

6. – Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 4.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie al 15% ed agli accessori come per legge.

Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 dicembre 2020

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