Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30064 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. I, 29/12/2011, (ud. 02/12/2011, dep. 29/12/2011), n.30064

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – rel. Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. BERNABEI Renato – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.T. (c.f. (OMISSIS)), R.L. (c.f.

(OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA DEL

POPOLO 18, presso l’avvocato FRISANI PIETRO L., che li rappresenta e

difende, giusta procure in calce al ricorso;

– ricorrenti –

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– Intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositato il

23/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/12/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE MARIA BERRUTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.T. e R.L. impugnavano davanti al Tar del Lazio il provvedimento del Consiglio Regionale piemontese relativo ad una loro richiesta di riduzione della fascia di rispetto cimiteriale nel Comune di (OMISSIS). Il ricorso veniva iscritto a ruolo in data 22 febbraio 1994.

Quattordici anni dopo di tale iscrizione la causa non era stata ancora definita. I predetti pertanto, con atto depositato il 22 febbraio 2008, chiedevano la condanna del Ministro dell’Economia e delle Finanze al pagamento di una somma di denaro a titolo di equa riparazione L. n. 89 del 2001, ex art. 2. Resisteva l’amministrazione convenuta.

La Corte di Torino accertava che nel processo instaurato davanti al Tar Piemonte era stato violato il diritto dei due ricorrenti al processo di durata ragionevole ai sensi dell’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e, quindi, della Legge Nazionale n. 89 del 2001, ex art. 2. Condannava pertanto il Ministro convenuto a pagare a ciascuno dei due ricorrenti a titolo di equa riparazione la somma di Euro 6600,00 oltre interessi legali e spese di giudizio.

Il giudice del merito, escluso in via di principio che il criterio di quantificazione in uso, ovvero quello di corrispondere per ciascun anno di ritardo una somma variabile tra Euro 1000,00 e Euro 1500,00, potesse essere ritenuto portatore di un limite non superabile, rilevava che nella specie la vicenda era caratterizzata anche dalla mancanza di qualunque sollecitazione all’esercizio dell’attività giurisdizionale da parte del Tribunale Amministrativo adito. Ciò a dimostrazione della minore ricaduta psicologica dell’ansia da attesa, in capo ai due ricorrenti.

Pertanto fissava l’equo compenso in questione nella somma di Euro 600,00 per ciascun anno di ritardo, e così complessivamente in Euro 6600,00, ritenendo che lo stesso dovesse misurarsi in circa 11 anni e considerando che, per il medio livello di impegno processuale che presentava, la durata ragionevole doveva valutarsi in tre anni.

C.T. e R.L. ricorrono alla corte di cassazione con atto articolato su due motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, che si conclude con la formulazione del quesito di diritto, i ricorrenti lamentano che la Corte di merito, dopo aver premesso esatti criteri giuridici risalenti alla giurisprudenza della Cedu, mostra tuttavia di ignorare che essi medesimi, nel corso del giudizio presupposto, inoltrarono ben tre sollecitazioni al giudice adito, rimaste inascoltate.

Ritengono pertanto che l’avere il giudice di merito riconosciuto una somma inferiore a quella ordinariamente riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte europea e dalla giurisprudenza della corte di Cassazione,sia conseguente alla mancata osservazione della circostanza processuale predetta, e rappresenti una violazione dei principi giuridici della materia.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la motivazione inadeguata sul fatto decisivo della controversia rappresentato dall’accennata obliterazione delle tre istanze di sollecitazione dell’attività giudiziaria da essi avanzate.

3. Osserva il collegio che la complessiva doglianza, che sostanzialmente lamenta che il giudice di merito ha trascurato il dato di fatto delle tre istanze di prelievo, motivando pertanto sulla scarsità dell’ansia partita dai due odierni ricorrenti nell’attesa dell’attività giurisdizionale a loro dovuta, è fondata. La circostanza infatti risulta dagli atti.

Ritiene tuttavia il collegio che tale errore del giudice del merito non conduca alla cassazione del decreto impugnato giacchè, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, siccome la soluzione adottata è conforme al diritto, occorre semplicemente provvedere a correggere la motivazione.

La giurisprudenza della CEDU, seguita da quella della Corte di Cassazione ha infatti di recente ritenuto che nei giudizi davanti al giudice amministrativo italiano la durata eccedente il termine di ragionevolezza debba dare luogo ad un’equa riparazione commisurata in una somma che può anche essere inferiore a quella di Euro 500,00 per ciascuno degli anni nei quali l’intero processo si è svolto (vedi Cedu sez. seconda 16 marzo 2010, Volta ed altri contro Italia, ric. N. 43674 e cass. N. 13019 del 2010).

Nella specie come si è detto ai ricorrenti è stata riconosciuta dal giudice del merito la somma complessiva di Euro 6600,00, a fronte, si è detto, di 11 anni di ritardo. In questo modo è stato riconosciuto un indennizzo annuo, pur limitato al periodo eccedente, di Euro 600,00 circa per anno.

Pertanto, facendo applicazione dei predetti criteri di recente messi a punto dalla giurisprudenza emerge che il decreto impugnato ha riconosciuto in sostanza all’incirca la stessa cifra che sarebbe risultata calcolando Euro 500,00 all’anno per tutta la durata del giudizio, ovvero includendo in essa anche i tre anni iniziali.

I due ricorrenti pertanto avendo conseguito comunque il bene della vita spettante ad essi secondo diritto, allegano una doglianza che non ha fondamento.

3. Il ricorso va pertanto rigettato. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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