Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30063 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. I, 29/12/2011, (ud. 02/12/2011, dep. 29/12/2011), n.30063

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – rel. Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. BERNABEI Renato – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MASI RENZO & C. S.A.S., in persona del socio accomandatario

pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DI PRISCILLA 4,

presso l’avvocato COEN STEFANO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato RUGGERI IVO, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

MASI AGRICOLA FORESTALE S.P.A.;

– intimata –

sul ricorso 5154-2006 proposto da:

MASI AGRICOLA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE CLODIO 1, presso

l’avvocato GAITO VIRGILIO, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato SPIAZZI GIANFRANCO, giusta procura a margine del

controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

MASI RENZO & C. S.A.S.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 307/2005 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 04/02/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/12/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE MARIA BERRUTI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato RUGGERI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale, rigetto dell’incidentale;

udito, per la controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato

SPIAZZI che ha chiesto il rigetto del ricorso principale,

accoglimento dell’incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine rigetto del ricorso principale, assorbito il ricorso

incidentale condizionato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 31 gennaio 1995y la spa Masi Agricola Forestale conveniva davanti al tribunale di Firenze la sas Masi di Renzo Masi e c. Narrava di essere titolare del marchio di impresa registrato al numero (OMISSIS), costituito da una composizione grafica che includeva la parola “Masi” all’interno di una cornice rotonda. Con tale marchio essa attrice contraddistingueva i generi vinicoli che produceva e commercializzava. Precisava di essere titolare di altro marchio, anch’esso costituito dalla predetta parola M., da riprodursi in qualunque carattere grafico. Essa attrice aveva dunque appreso che la ditta vinicola Renzo Masi e c distribuiva vini distinti con il marchio Masi. Chiedeva pertanto che il giudice, accertato l’uso del cognome M. con funzione di marchio da parte della convenuta ne ordinasse la cessazione immediata con le conseguenti condanne previste dalla legge. La convenuta si costituiva ed affermava anzitutto che tra la denominazione M. da una parte, e la denominazione Renzo Masi dall’altra non vi era confondibilità.

In ogni caso eccepiva l’uso della propria denominazione sin dal 1925 antecedente la registrazione del marchio dell’attrice e chiedeva quindi il rigetto della domanda della medesima. Formulava, per la ragione appena detta, domanda riconvenzionale di nullità del marchio dell’attrice.

Il Tribunale respingeva la domanda ritenendo non sussistente la confondibilità tra i segni.

Proponeva appello la Agricola Masi dolendosi anzitutto del fatto che il Tribunale aveva effettuato il giudizio di confondibilità comparando, anzichè i segni in conflitto, il marchio di essa attrice con i prodotti della convenuta. Riproponeva la domanda di declaratoria di nullità del marchio dell’attrice. Resisteva la società appellata, ed in subordine proponeva ancora la richiesta di declaratoria di nullità del marchio della appellante. In particolare a proposito della predetta domanda di nullità del suo marchio,precisando le proprie conclusioni ne affermava l’inammissibilità non essendo stata essa oggetto di tempestivo appello incidentale condizionato. La corte d’appello di Firenze accoglieva l’appello proposto dalla società per azioni MASI Agricola Forestale. Riteneva anzitutto che appellante aveva registrato due marchi entrambi caratterizzati dalla presenza del cognome M. e che le due contendenti esercitavano attività analoghe di produzione e commercializzazione, su scala anche internazionale, di vini di pregio. Comparava quindi i due segni in conflitto e, richiamando il disposto della L. 4 dicembre del 1992, n. 408, art. 1 ravvisava la confondibilità sostenuta dall’appellante.

Osservava che la appellata Renzo Masi aveva sempre utilizzato il cognome in questione ma con funzione di soltanto di ditta e non come marchio. Pertanto tale utilizzo non aveva realizzato un preuso al quale riferire il diritto a continuare il comportamento commerciale medesimo.

Contro questa sentenza ricorre per cassazione con atto articolato su tre motivi la Renzo Masi e c. sas.

Resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato l’Masi Renzo sas.

Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I ricorsi vanno preliminarmente riuniti.

2. Con il primo motivo di ricorso la Masi sas lamenta la violazione e la falsa applicazione del R.D. n. 929 del 1942, art. 13, comma 2, e art. 14 nel testo antecedente la riforma introdotta con il D.Lgs. n. 480 del 1992, ovvero della ultima L. cit., art. 17, n. 1, lett. c) dell’ultima legge citata. Rileva che la convenuta costituendosi in giudizio di primo grado, ebbe a proporre domanda riconvenzionale con la quale chiedeva che, previo riconoscimento del fatto che essa per distinguere la propria attività imprenditoriale aveva fatto uso del segno Masi sin dal 1925, venisse dichiarata la nullità per mancanza di novità dei marchi registrati negli anni 1986 e 1987. Peraltro ella aveva sempre chiesto che venisse riconosciuto il suo diritto a continuare nell’uso di detto marchio nell’ambito territoriale storico. Erroneamente la Corte di merito dunque avrebbe respinto tale subordinata, sull’accertamento, che il motivo contesta, che la appellata aveva fatto uso del cognome M. come ditta e non come marchio. Sostiene invece che il principio della unitarietà; dei segni distintivi risolve il conflitto fra due segni confondibili nel senso dell’antecedenza, essendo sotto tale profilo irrilevante la distinzione dell’uso del segno come ditta o come marchio e invece rilevante puramente e semplicemente la sua anteriorità, distruttiva della novità del segno successivo.

2.a. Osserva la Corte che tanto nella domanda riconvenzionale in primo grado quanto nell’appello incidentale, l’odierna ricorrente ha radicato la sua pretesa in relazione ad un proprio uso del patronimico M. come marchio, e non come ditta. La sentenza impugnata infatti, a foglio tre, individua per l’appunto il fondamento di tali difese della convenuta,anzitutto nella sostenuta mancanza di confondibilità e quindi nell’antecedenza del suo uso rispetto alla registrazione da parte dell’avversario. La logica coerenza fra le due predette posizioni fa individuare per l’appunto, al giudice del merito, il fondamento della domanda riconvenzionale di nullità in un uso del nome fatto per contrassegnare il prodotto e non l’imprenditore.

E’ dunque conseguente a tale ricostruzione dell’itinerario processuale e delle domande e delle difese in esso esaminate, che la sentenza fiorentina in esame a foglio sei, precisa che il cognome M. era stato utilizzato dall’appellata oggi ricorrente come avente funzione di marchio (rigo 10). Pretesa che la sentenza stessa ha contraddetto accertando invece che il cognome M. era stato utilizzato come ditta e non aveva dato luogo ad alcun preuso, capace di sostenere la domanda di nullità del marchio dell’odierna ricorrente.

Si deve dunque concludere che per tutto il giudizio di merito si è discusso della sussistenza o meno della pretesa di uso del nome patronimico come marchio di fatto ma antecedente. Non si è mai discusso invece di antecedenza di una ditta soltanto.

2.c. Osserva ancora la Corte,anche in considerazione della sua funzione nomofilattica e dunque per ragioni di chiarezza della propria giurisprudenza, che la sentenza numero 1305 del 1999, invocata nel motivo che segue dalla difesa ricorrente, richiama, è vero, il concetto di unitarietà dei segni e dunque la possibilità di confondibilità tra ditta e marchio, ma tuttavia in una vicenda di concorrenza sulle e dunque nella specifica ottica dell’art. 2598 c.c., n. 1, norma ben diversa da quella che disciplina specificamente il conflitto tra segni. Essa dunque non è invocabile nel senso preteso.

3. Con il secondo motivo di ricorso la società Renzo Masi lamenta la violazione e la falsa applicazione della L. Marchi, art. 17 (normativa del 1942 come riformata dal D.Lgs. n. 480 del 1990, art. 17, n. 2. Lamenta anche la motivazione omessa insufficiente contraddittorio sul punto relativo, decisivo della causa.

La doglianza contesta l’accertamento, e la conclusione, del giudice di merito relativi all’uso del cognome M. come ditta e non come marchio. La Corte e di merito avrebbe, dimenticando il principio della unitarietà dei marchi di cui si è detto esaminando il primo motivo, dimenticato innanzitutto la difficoltà di accertare se un segno distintivo sia stato usato come ditta piuttosto che come marchio (il ricorso sul punto richiama la citata sentenza di questa corte del 1999) e sostanzialmente ribadisce che il preuso certo del nome M. avrebbe comunque dovuto condurre alla esclusione della novità delle successive registrazioni.

In sostanza il mezzo sostiene che la corte di merito avendo accertato l’uso antecedente del patronimico come ditta, doveva presumerne anche quello come marchio.

Ritiene quindi che la valutazione della natura dell’uso da parte della ricorrente del proprio patronimico sia stata illogica e che l’indicazione generica dei documenti dai quali sarebbe stata tratta la convinzione dell’uso come ditta, equivale a vizio di motivazione insufficiente.

3.a. Osserva la corte che le prime riassunte due argomentazioni contestano, ancora, le conclusioni della sentenza impugnata dell’avere l’odierno ricorrente allegato il proprio uso del cognome come marchio di fatto. Esse pertanto non possono essere esaminate giacchè riproducono la questione, dichiarata inammissibile, proposta con il primo motivo.

3.b. Quanto poi alla pretesa mancanza di motivazione la ricorrente avrebbe dovuto essa oggi indicare quali dei documenti da essa prodotte nel giudizio di merito, ed in tesi mal valutati dal giudice di merito, avrebbero dovuto condurre a conclusione opposta a quella oggi criticata. Questa parte della doglianza è dunque inammissibile per genericità.

4. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione o la falsa applicazione dell’articolo 115 c.p.c. nonchè la omessa motivazione sul punto relativo. Sostiene che la corte d’appello dopo aver ritenuto insufficienti le prove documentali allegate a dimostrare la natura di marchio nell’uso del nome M. da parte di essa ricorrente, nulla ha detto circa le prove testimoniali pure proposte in primo grado.

La censura, dunque, è inammissibile perchè generica.

4. Il ricorso principale deve essere respinto.

La trattazione del ricorso incidentale è assorbita da tale rigetto essendo esso espressamente condizionato.

5. La contendibilità della questione giustifica la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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