Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3006 del 11/02/2014


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 3006 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: VIRGILIO BIAGIO

ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso proposto da:
A2A s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in Roma, via della Scrofa n. 57, presso gli avv.ti Giancarlo
Zoppini, Giuseppe Russo Corvace e Giuseppe Pizzonia, giusta delega in
atti;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in person del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, via de Portoghesi n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rapp senta e difende;
– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaia regionale della Lombardia
n. 99/19/10, depositata il 16 luglio 2010.
Udita la relazione della causa svolta nella pub lica udienza del 14 novembre
2013 dal Relatore Cons. Biagio Virgilio;
uditi l’avv. Giuseppe Pizzonia per la ricorr te e l’avvocato dello Stato

ud. 14/11/2013

Data pubblicazione: 11/02/2014

Gianni De Bellis per la controricorrente;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Ennio
Attilio Sepe, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso per quanto
di ragione.
Ritenuto in fatto
1. La A2A s.p.a., incorporante la A.S.M. Brescia s.p.a. e la A.E.M. s.p.a.,
ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione

accoglimento dell’appello dell’Ufficio locale dell’Agenzia delle entrate, è
stato rigettato il ricorso della società contro gli avvisi di accertamento ad
essa notificati a titolo di IRPEG ed ILOR, oltre interessi, in relazione agli
anni 1996/1999, al fine di recuperare dette imposte, non versate in forza del
regime agevolativo previsto dall’art. 66, comma 14, del d.l. 30 agosto 1993,
n. 331 (convertito nella legge 29 ottobre 1993, n. 427) e dall’art. 3, comma
70, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, per le società per azioni a capitale
pubblico maggioritario istituite ai sensi dell’art 22 della legge 8 giugno
1990, n. 142: tale regime è stato qualificato “aiuto di Stato”, incompatibile
con il mercato comune, con decisione della Commissione delle Comunità
europee del 5 giugno 2002, 2003/193/CE.
Si trattava, in particolare, di un c.d. terzo recupero, ai sensi dell’art. 19
del d.l. n. 135 del 2009, convertito in legge n. 166 del 2009.
Il giudice di appello ha ritenuto, in sintesi, che:
a) il giudice di primo grado ha indebitamente esteso alle ricorrenti il
giudicato esterno costituito da sentenza della CTP di Milano del 29 gennaio
2008, sia perché tale pronuncia era stata resa nei confronti della A.E.M.,
mentre la A.S.M. era estranea al contenzioso, sia perché, in ogni caso,
secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, il diritto comunitario osta
all’applicazione di una disposizione del diritto nazionale, come l’art. 2909
cod. civ., volta a sancire il principio dell’autorità di cosa giudicata, nei limiti
in cui l’applicazione di tale disposizione impedisce il recupero di un aiuto di
Stato erogato in contrasto con il diritto comunitario e la cui incompatibilità
con il mercato comune è stata dichiarata con decisione della Commissione
divenuta definitiva;
b) non si è verificata alcuna consumazione del potere di recupero da
parte dell’Amministrazione, poiché l’art. 19 del d.l. n. 135 del 2009
2

tributaria regionale della Lombardia indicata in epigrafe, con la quale, in

(convertito in legge n. 166 del 2009), che ha introdotto il comma 1 bis
nell’art. 24 del d.l. n. 185 del 2008 (convertito in legge n. 2 del 2009)
prevedendo la possibilità dell’Ufficio di integrare gli accertamenti già
emessi, è legittimo, quand’anche lo si volesse interpretare come norma
eccezionale, derogatoria del disposto dell’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973,
trattandosi di deroga introdotta dal legislatore per far fronte ad una
situazione particolare, in adempimento di obblighi comunitari; con

costituzionale del citato art. 19, sollevata dalla ricorrente in riferimento agli
artt. 3, 23, 41, 42, 53 e 97 Cost.;
c) gli avvisi di accertamento hanno una motivazione completa, esauriente
ed autosufficiente, sia sul tema della turbativa della libera concorrenza, sia
sul computo degli interessi;
d) la pretesa tributaria è fondata, in quanto la tesi della non applicabilità
alla ricorrente della Decisione della Commissione europea sopra indicata è
stata già ampiamente esaminata dal Tribunale di primo grado delle
Comunità europee, che, con sentenza del’ 11 giugno 2009, ha rigettato il
ricorso proposto dalla società avverso detta Decisione, affermando, fra
l’altro, che anche nel caso di impresa che fornisce servizi pubblici a livello
locale in regime di esclusiva si è in presenza di un aiuto di Stato, in quanto il
mercato delle concessioni di tali servizi è aperto alla concorrenza
comunitaria e l’aiuto in favore di una s.p.a. ai sensi della legge n. 142 del
1990 disincentiva i Comuni ad affidare ad altre società questi servizi (va
aggiunto che l’impugnazione proposta dalla A2A s.p.a. avverso tale
sentenza è stata respinta dalla Corte di giustizia con sentenza 21 dicembre
2011, C-320/09 P);
e) infine, il calcolo degli interessi su base composta è corretto, in quanto
effettuato in conformità della previsione di cui all’art. 24, comma 4, del d.l.
29 novembre 2008, n. 185 (convertito in legge 28 gennaio 2009, n. 2),
secondo il quale gli interessi vanno calcolati ai sensi delle disposizioni del
capo V del Regolamento (CE) della Commissione n. 794/04 del 21 aprile
2004, il quale è stato emanato per dare esecuzione al Regolamento (CE) del
Consiglio n. 659/99 del 22 marzo 1999 e si pone come meramente
ricognitivo di una prassi già in uso presso la Commissione europea almeno a
far tempo dal 1997.
3

conseguente manifesta infondatezza della eccezione di illegittimità

2. L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.
3. La ricorrente ha depositato memoria.
Considerato in diritto
1. I termini della questione.
Ritiene il Collegio che, tenuto conto della giurisprudenza comunitaria e
nazionale in materia, decisivo rilievo ai fini della soluzione della
controversia assume la questione concernente i criteri di determinazione

al problema se essi vadano calcolati su base semplice o composta.
Infatti, la società ricorrente, con il nono motivo di ricorso, investe il capo
della sentenza impugnata sopra riportato sub e) e, denunciando la violazione
“del combinato disposto degli artt. 3 Decisione n. 2003/193/CE e 13
Regolamento CE n. 794/2004”, deduce il contrasto con il diritto comunitario
della disciplina nazionale dettata, ai fini del computo degli interessi, dal
citato art. 24 del d.l. n. 185 del 2008 (il quale andrebbe dunque
disapplicato), in quanto esso rinvia al Regolamento (CE) n. 794/2004,
recante, negli artt. 9 e 11, un regime di calcolo degli interessi più aspro di
quello in precedenza adottato, laddove l’art. 13, quarto comma, del
medesimo regolamento stabilisce che tale regime si applica alle decisioni di
recupero notificate successivamente alla data della sua entrata in vigore, e
non, quindi, alla decisione de qua.

2. La Decisione della Commissione n. 2003/193/CE.
Il 5 giugno 2002 la Commissione ha adottato la decisione, i cui articoli
da 1 a 4 hanno il seguente tenore:
«Articolo 1
L’esenzione dalle tasse sui conferimenti, di cui all’art. 3, comma 69,
della legge n. 549 del 28 dicembre 1995, non costituisce aiuto ai sensi
dell’articolo 87, paragrafo 1, del trattato.
Articolo 2
L’esenzione triennale dall’imposta sul reddito disposta dall’art. 3,
comma 70, della legge n. 549 del 28 dicembre 1995, e dall’art. 66, comma
14, del decreto legge n. 331 del 30 agosto 1993, convertito con legge n. 427
del 29 ottobre 1993, e i vantaggi derivanti dai prestiti concessi ai sensi
dell’art. 9 bis del decreto legge n. 318 del 1° luglio 1986, convertito con
modifiche, con legge n. 488 del 9 agosto 1986, a favore di società per azioni
a partecipazione pubblica maggioritaria istituite ai sensi della legge n. 142

4

degli interessi dovuti sulle somme da recuperare, con particolare riferimento

Articolo 3
L’Italia prende tutti i provvedimenti necessari per recuperare presso i
beneficiari l’aiuto concesso in virtù dei regimi di cui all’articolo 2, già posti
illegittimamente a loro disposizione.
11 recupero viene eseguito senza indugio e secondo le procedure del
diritto nazionale, sempreché queste consentano l’esecuzione immediata ed
effettiva della decisione.
L’aiuto da recuperare è produttivo di interessi, decorrenti dalla data
in cui l’aiuto è stato posto a disposizione dei beneficiari fino alla data di
effettivo recupero, calcolati sulla base del tasso di riferimento utilizzato per
il calcolo dell’equivalente sovvenzione nell’ambito degli aiuti a finalità
regionale.
Articolo 4
Entro due mesi dalla data di notificazione della presente decisione,
l’Italia comunica alla Commissione i provvedimenti presi per
conformarvisi> > .
Il 7 giugno 2002 la decisione è stata notificata al governo italiano.
3. Il diritto dell’Unione.
3.1. 11 Regolamento (CE) n. 659/1999.
Il Regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio del 22 marzo 1999 (in
GU L 83 del 27 marzo 1999), recante modalità di applicazione dell’articolo
93 del trattato CE, prevede, all’articolo 14, rubricato “Recupero degli aiuti”,
quanto segue:
<<1. Nel caso di decisioni negative relative a casi di aiuti illegali la Commissione adotta una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l'aiuto dal beneficiario (in seguito denominata «decisione di recupero»). La Commissione non impone il recupero dell'aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario. 2. All'aiuto da recuperare ai sensi di una decisione di recupero si aggiungono gli interessi calcolati in base a un tasso adeguato stabilito dalla Commissione. Gli interessi decorrono dalla data in cui l'aiuto illegale è divenuto disponibile per il beneficiario, fino alla data di recupero. 3. Fatta salva un'eventuale ordinanza della Corte di giustizia delle Comunità europee emanata ai sensi dell'articolo 185 del trattato, il recupero va effettuato senza indugio secondo le procedure previste dalla legge dello Stato membro interessato, a condizione che esse consentano l'esecuzione immediata ed effettiva della decisione della Commissione. A tal 5 dell'8 giugno 1990, costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato. Detti aiuti non sono compatibili con il mercato comune. fine e in caso di procedimento dinanzi ai tribunali nazionali, gli Stati membri interessati adottano tutte le misure necessarie disponibili nei rispettivi ordinamenti giuridici, comprese le misure provvisorie, fatto salvo il diritto comunitario». <>.
3.2. La Comunicazione della Commissione 1999/C 241/09.
La Commissione delle Comunità europee, con la comunicazione 1999/C
241/09 (in GU C 241 del 26 agosto 1999), riguardante un adeguamento
tecnico del metodo di fissazione dei tassi di riferimento/attualizzazione, ha
stabilito che:
<<1. Dal I° agosto 1999 il tasso di riferimento sarà identico per gli undici Stati membri che hanno adottato l'euro. 2. Per tali paesi il tasso indicativo sarà definito come la media dei tassi swap interbancari a cinque anni, maggiorata di un premio di 75 punti base». 3.3. La Comunicazione della Commissione 2003/C 110/08. Con la Comunicazione 2003/C 110/08 (in GU C 110 dell'8 maggio 2003), relativa ai tassi di interesse da applicarsi in caso di recupero di aiuti illegali, la Commissione ha rilevato che: « (....) In una lettera inviata agli Stati membri il 22 febbraio 1995 la Commissione aveva espresso il parere che l'utilizzazione del tasso di mercato consente di calcolare in maniera più corretta il vantaggio indebito ottenuto dal beneficiario dell'aiuto illegale, al fine di ristabilire lo status quo ante. La Commissione informava pertanto gli Stati membri che nelle decisioni di ricupero di un aiuto illegale essa avrebbe applicato il tasso di riferimento utilizzato per il calcolo dell'equivalente sovvenzione netto nell'ambito degli aiuti regionali come base del tasso di interesse di mercato. Per diversi anni quindi la Commissione ha seguito la prassi di imporre nelle decisioni di recupero il calcolo basato sul predetto tasso di riferimento. Nel contesto del leale rapporto di collaborazione tra la Commissione e gli Stati membri nell'esecuzione di determinate decisioni di recupero, è 6 Il successivo art. 27 ("Disposizioni di attuazione") stabilisce che: sorta la questione se il predetto tasso d'interesse debba essere applicato su base semplice o composta. (....) (...) Sembrerebbe quindi che, nonostante la varietà delle situazioni, gli aiuti illegali abbiano l'effetto di fornire fondi al beneficiario a condizioni analoghe ad un prestito a medio termine senza interessi. L'applicazione di interessi composti appare pertanto necessaria per neutralizzare tutti i vantaggi fiscali risultanti da una tale situazione. La Commissione desidera pertanto informare gli Stati membri e le parti interessate che in tutte le decisioni che essa adotterà in futuro per disporre il recupero di aiuti illegali verrà applicato il tasso di riferimento utilizzato per calcolare l'equivalente sovvenzione netto nell'ambito degli aiuti regionali su base composta. Conformemente alla normale pratica di mercato, la composizione dovrà effettuarsi su base annua. Allo stesso modo, la Commissione si aspetta che gli Stati membri applichino interessi composti all'atto dell'esecuzione delle decisioni di recupero ancora in corso, a meno che ciò non sia contrario ad un principio generale del diritto comunitario>>.
3.4. 11 Regolamento (CE) n. 794/2004.
In applicazione dell’art. 27 del Regolamento (CE) n. 659/1999, sopra
riportato, la Commissione ha adottato il Regolamento n. 794/2004 del 21
aprile 2004 (in GU L 140 del 30 aprile 2004), recante disposizioni di
esecuzione del citato regolamento del 1999.
Per quanto qui interessa, il regolamento stabilisce quanto segue.
<>.
<> (punto 46);
<> (punto 83);
<> (punto 84);
<> (punto 85).
4. Il diritto nazionale.
4.1. A seguito della sentenza della Corte di giustizia del 1° giugno 2006,

entro i termini prescritti i provvedimenti necessari per recuperare presso i
beneficiari gli aiuti dichiarati illegittimi ed incompatibili con il mercato
comune dalla decisione della Commissione 5 giugno 2002, 2003/193/CE,
relativa all’aiuto di Stato relativo alle esenzioni fiscali e prestiti agevolati
concessi dall’Italia in favore di imprese di servizi pubblici a prevalente
capitale pubblico, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad
essa imposti dagli artt. 3 e 4 di tale decisione» -, il legislatore è
intervenuto disciplinando l’azione di recupero degli aiuti

de quibus

dapprima con l’art. 1 del decreto-legge 15 febbraio 2007, n. 10 (convertito,
con modificazioni, dalla legge 6 aprile 2007, n. 46), poi con l’art. 24 del
decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (convertito, con modificazioni,
dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2), ed infine con l’art. 19 del decreto-legge
25 settembre 2009, n. 135 (convertito, con modificazioni, dalla legge 20
novembre 2009, n. 166).
Per quanto qui rileva, il comma 3 dell’art. 1 del d.l. n. 10 del 2007 e il
comma 4 dell’art. 24 del d.l. n. 185 del 2008 hanno identicamente stabilito
che:
«Gli interessi sono determinati in base alle disposizioni di cui al capo
V del regolamento (CE) n. 794/2004 della Commissione, del 21 aprile 2004,
secondo i criteri di calcolo approvati dalla Commissione europea in
relazione al recupero dell’aiuto di Stato C57/03, disciplinato dall’articolo
24 della legge 25 gennaio 2006, n. 29. Il tasso di interesse da applicare è il
tasso in vigore alla data di scadenza ordinariamente prevista per il
versamento di saldo delle imposte non corrisposte con riferimento al primo
periodo di imposta interessato dal recupero dell’aiuto».
Il citato art. 24 della legge 25 gennaio 2006, n. 29, disciplina l’attuazione
della decisione della Commissione del 20 ottobre 2004, n. 2003/315/CE
10

C-207/05 — con la quale la Corte ha dichiarato che «Non avendo adottato

(con la quale fu dichiarato parzialmente incompatibile con il mercato
comune il regime di aiuti a favore delle imprese che avevano realizzato
investimenti nei comuni colpiti da eventi calamitosi nel 2002, disposto
dall’art. 5 sexies del d.l. n. 282 del 2002), e stabilisce, al comma 3, che gli
interessi vanno <>.

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