Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30059 del 29/12/2011
Cassazione civile sez. I, 29/12/2011, (ud. 30/11/2011, dep. 29/12/2011), n.30059
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –
Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –
Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –
Dott. DI VIRGILIO Maria Rosa – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
M.S. (cod.fisc. (OMISSIS)), elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA GIULIA DI COLLOREDO 46, presso l’avvocato DE
PAOLA GABRIELE, rappresentato e difeso dall’avvocato BULLARO NINO,
giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro
tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il
12/08/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
30/11/2011 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FIMIANI Pasquale che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con il decreto impugnato, depositato il 12/8/2008, la Corte d’appello di Palermo ha respinto la domanda proposta da M.S., intesa ad ottenere l’equa riparazione per la durata irragionevole del giudizio promosso avanti alla Corte dei Conti per il riconoscimento del trattamento pensionistico privilegiato per infermità contratta durante il servizio militare, introdotto con ricorso 4 maggio 1993 e definito con sentenza di rigetto il 17 maggio 2006, ritenendo la temerarietà della lite, per avere il M. attribuito al servizio l’infermità denunciata, dopo dieci anni dalla cessazione del servizio militare, e per avere, nonostante la reiezione in sede amministrativa, introdotto il giudizio, definito dal Giudice delle pensioni con il rilievo della decadenza, attesa la presentazione della domanda dopo cinque anni dalla cessazione dal servizio.
Ricorre il M. sulla base di unico motivo. Si difende il Ministero con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1.- Con l’unico articolato motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 6 par. 1 CEDU, L. n. 89 del 2001, art. 2 e vizio di motivazione.
2.1.- E’ opportuno premettere che il ricorso è soggetto al disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c., introdotto, con decorrenza dal 2/3/2006 dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 e abrogato con decorrenza dal 4 luglio 2009 dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47 (abrogazione efficace nei confronti di pronunce pubblicate o depositate successivamente alla data di entrata in vigore di detta legge), che dispone che, allorquando il ricorrente denunzi la sentenza impugnata per i motivi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo, a pena di inammissibilità, si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, che, come ritenuto dalla giurisprudenza di questa Corte, “deve consistere in una chiara sintesi logico-giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa o affermativa – che ad esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del gravame” (così la sentenza delle sezioni unite, n. 20360 del 2007, e in senso conforme, la successiva ordinanza 2658/08).
La norma, nel caso di impugnazione per il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sempre a pena di inammissibilità, prevede che il ricorso debba contenere l’indicazione chiara del fatto controverso, in relazione al quale si assume la carenza o contraddittorietà della motivazione, ovvero le ragioni per le quali, la dedotta insufficienza rende la motivazione inidonea a giustificare la decisione, onere che deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma formulando, al termine dello stesso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisce un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (così Cass. 27680/2009, Cass. 8897/2008).
Orbene, è di immediata evidenza la mancanza del momento di sintesi.
Quanto al quesito di diritto, la parte ha articolato due quesiti che, si appalesano generici, e non correlati alla ratio decidendi addotta dalla Corte del merito.
Il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro 1500,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 30 novembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011