Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30059 del 21/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 21/11/2018, (ud. 31/05/2018, dep. 21/11/2018), n.30059

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1203-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE AGRICOLA MONGRENO SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 62/2009 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,

depositata il 19 novembre 2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

31 maggio 2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FEDERICI.

Fatto

RILEVATO

che:

l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso avverso la sentenza n. 62/36/09, depositata il 19 novembre 2009 dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte quale giudice di rinvio ex art. 392 c.p.c.;

la controversia traeva origine da due avvisi di accertamento notificati nel 1997 alla Immobiliare Agricola Mongreno s.r.l. in liquidazione per recupero di Ilor e Irpeg. La causa giungeva al giudizio di legittimità, residuando due questioni, una relativa alla ripresa di costi ritenuti non inerenti, del valore di vecchie Lire 5.458.000, su cui peraltro la contribuente aveva fatto acquiescenza, l’altra relativa al disconoscimento del disavanzo di fusione per incorporazione – tra la contribuente come incorporante e la Immobiliare Clementi srl come incorporata – pari a vecchie Lire 1.204.120.104, nonchè di mancata ricostituzione di fondi di sospensione d’imposta di vecchie Lire 96.700.226.

L’operazione di fusione, in cui si inseriva la vendita di un intero immobile, era ritenuta elusiva ai sensi della L. n. 408 del 1990, art. 10, ravvisandosi una simulazione di cessione a titolo oneroso tra le due società con pagamento del prezzo direttamente ai soci dell’incorporata sotto forma di prezzo delle quote sociali. La Commissione Tributaria Provinciale di Torino aveva accolto il ricorso con sentenza n. 113/01/98. La Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, adita dalla Agenzia delle Entrate, aveva rigettato l’appello con la sentenza n. 20/16/2000. La Corte di cassazione con sentenza n. 16097/2007 aveva invece cassato con rinvio la pronuncia del giudice regionale, avvertendo “…. l’assoluta insufficienza delle valutazioni e del peculiare caso compiuta dal giudice tributario di appello – la cui decisione sul punto deve essere, pertanto, cassata – atteso che lo stesso, da un lato, ha affermato che dalla fusione contestata è derivato “un notevole” (ma non meglio precisato) “vantaggio fiscale per la contribuente” e, dall’altro, ha ritenuto insussistente l’elusione denunciata dall’Ufficio erariale sulla base della mera enunciazione delle “motivazioni” dell’operazione addotte dalla contribuente (“eliminazione di costi derivanti dalla gestione di due entità”; agevolazione della “commercializzazione delle unità immobiliari” della incorporata; possesso di un “pacchetto clienti potenzialmente idoneo” da parte della incorporante), senza prima accertare (rendendone conto in motivazione), come dovuto, l’effettiva sussistenza, da un lato, di concreti “elementi dimostrativi di quelle “motivazioni” nonchè del loro valore economico e, dall’altro, dell’entità del vantaggio fiscale (specificamente contestato dalla contribuente nel suo ricorso incidentale) eventualmente conseguito ed indi operare un esame globale della situazione concretamente accertata al fine di verificare che la “ragione economica” per la quale la fusione è stata operata trascenda effettivamente la “ricerca di un’agevolazione puramente fiscale”.

A fronte della motivazione con cui la Corte cassava la sentenza disponendo il rinvio alla CTR piemontese in altra composizione, questa, con la sentenza ora impugnata, riteneva che “l’operazione immobiliare posta in essere dalla contribuente è basata su valide ragioni economiche e non di esclusivo scopo elusivo per ottenere fraudolentemente un risparmio d’imposta, considerate le due composizioni societarie alla data di cessione delle quote”, e ancora, “L’Immobiliare Agricola Mongreno ha inteso realizzare la sopra descritta operazione immobiliare con lo scopo di realizzare un utile dalla vendita frazionata dell’immobile ad essa pervenuto attraverso l’acquisto dell’intera partecipazione della Immobiliare Clementi, non avendo ricevuto altra offerta in termini di acquisto diretto dello stabile posseduto dalla stessa società poi incorporata”.

Tale motivazione viene ora censurata dalla Amministrazione con due motivi:

con il primo per violazione dell’art. 384 c.p.c., nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, perchè, a fronte del rinvio disposto dal giudice di legittimità per un nuovo esame di tutti gli elementi fattuali del caso concreto per la verifica della corretta applicazione dei principi di diritto enucleabili dall’art. 10 cit., il giudice del rinvio si sarebbe limitato a ripetere il dispositivo della sentenza cassata senza accennare alla effettuazione di un esame dei fatti come richiesto dalla Corte;

con il secondo per insufficiente motivazione su fatti controversi e decisivi, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per carente motivazione su questioni che dovevano essere oggetto di riesame e approfondimento per comprendere le valide ragioni della operazione.

All’udienza tenutasi il 17 luglio 2017 era disposto il rinnovo della notificazione del ricorso alla resistente presso il suo procuratore domiciliatario. Rinnovata ritualmente la notificazione con posta certificata, era fissata l’adunanza camerale del 31 maggio 2018. La contribuente parimenti non si è costituita.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo l’Amministrazione si duole che il giudice del rinvio abbia sostanzialmente ignorato il dictum della sentenza del giudice di legittimità, che cassando la sentenza impugnata e disponendo il rinvio alla medesima CTR, demandava un esame più concreto e specifico delle circostanze fattuali affermate dalla difesa della contribuente a giustificazione della operazione di fusione e vendita dello stabile al fine di escludere l’intento meramente elusivo della operazione stessa. Lamenta che il giudice del rinvio abbia così violato l’art. 384 c.p.c., comma 2, per inosservanza delle statuizioni della Corte. Il motivo è fondato.

A fronte di una critica circoscritta della Corte sulla sentenza poi cassata, per essersi limitata quest’ultima a fondare il giudizio di esclusione della elusione sulle sole motivazioni enunciate dalla contribuente, senza alcun riscontro fattuale delle medesime enunciazioni, demandando quindi al giudice del rinvio gli appropriati riscontri, soprattutto in riferimento alla “eliminazione di costi derivanti dalla gestione di due entità”, sulla agevolazione della “commercializzazione delle unità immobiliari” della incorporata; sul possesso dí un “pacchetto clienti potenzialmente idoneo” da parte della incorporante, sull’entità del vantaggio fiscale senza prima accertare (rendendone conto in motivazione), come dovuto, l’effettiva sussistenza, da un lato, di concreti “elementi dimostrativi di quelle “motivazioni”, nonchè del loro valore economico e dall’altro dell’entità del vantaggio fiscale eventualmente conseguito, così da operare un esame globale della situazione concretamente accertata al fine di verificare che la “ragione economica” della fusione non fosse riconducibile al solo conseguimento di un vantaggio fiscale”, quest’ultimo si è limitato ad affermare che “l’operazione immobiliare posta in essere dalla contribuente è basata su valide ragioni economiche e non di esclusivo scopo elusivo per ottenere fraudolentemente un risparmio d’imposta, considerate le due composizioni societarie alla data di cessione delle quote”, e ancora che, “L’Immobiliare Agricola Mongreno ha inteso realizzare la sopra descritta operazione immobiliare con lo scopo di realizzare un utile dalla vendita frazionata dell’immobile ad essa pervenuto attraverso l’acquisto dell’intera partecipazione della Immobiliare Clementi, non avendo ricevuto altra offerta in termini di acquisto diretto dello stabile posseduto dalla stessa società poi incorporata”. E’ evidente come le considerazioni del giudice del rinvio non soddisfino affatto le esigenze pur chiaramente evidenziate nella sentenza del giudice di legittimità, riproducendo anzi gli stessi vizi riscontrati nella sentenza già cassata. L’inappropriatezza della pronuncia è tanto più evidente quando si consideri che la Corte aveva ricondotto la necessità di approfondimento della concreta fattispecie all’esigenza del rispetto dei principi enucleabili dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia in ordine all’art. 11 della Direttiva n. 434/1990/CE, trasfusa nella L. n. 408 del 1990, art. 10, ed in particolare aveva evidenziato che la corte europea, nella sentenza depositata il 17 luglio 1997 nel procedimento C-28/95, aveva “precisato (p. 48, lett. b) che:- “L’art. 11 della direttiva” del Consiglio CEE n. 434 del 23 luglio 1990 “va interpretato nel senso che per accertare se l’operazione che si intende effettuare abbia come obiettivo principale o come uno dei suoi obiettivi principali la frode o l’evasione fiscale le autorità nazionali competenti devono procedere, in ciascun caso, ad un esame globale della detta operazione”; “tale esame deve poter costituire oggetto di un controllo giurisdizionale”; “ai sensi della direttiva, art. 11, n. 1, lett. a), gli Stati membri possono prevedere che il fatto che l’operazione progettata non venga effettuata per valide ragioni economiche legittima una presunzione di frode o di evasione fiscale”;”. In conclusione il perimetro d’indagine era circoscritto ai fatti e precisamente ricondotto ai principi giuridici. Nè degli uni nè degli altri la sentenza ha tenuto conto.

Ne discende la violazione dell’art. 384 c.p.c.

Le medesime considerazioni consentono di affermare la fondatezza del secondo motivo del ricorso, con il quale l’Amministrazione lamenta l’insufficiente motivazione. E’ indubbio infatti che alla luce delle esigenze illustrate dalla Corte la sentenza del giudice di rinvio non soddisfa i canoni di sufficienza della motivazione, che resta del tutto carente, quando non apparente, a fronte delle statuizioni della Corte e dei riscontri fattuali alle motivazioni illustrate ma non dimostrate dalla contribuente a sostegno della esistenza di interessi economici alla fusione, non riconducibili a meri vantaggi fiscali. In conclusione il ricorso è fondato.

Considerato che il ricorso va pertanto accolto, la sentenza va cassata e di nuovo rinviata alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, che in diversa composizione dovrà pronunciarsi, ribadendo a tal fine quanto già prescritto nella precedente sentenza della Corte, ossia che il giudice di rinvio esamini tutti gli elementi fattuali offerti, caratterizzanti l’operazione di fusione considerata elusiva dall’Ufficio, dando congrua, logica e convincente motivazione, nonchè provvedendo sulle spese processuali del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 31 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2018

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