Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30059 del 14/12/2017


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 30059 Anno 2017
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: PICARONI ELISA

ORDINANZA

sul ricorso 24846-2013 proposto da:
MINCARINI

ENZO

MNCNZE56M02G482Q,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA PAOLO EMILIO N. 71, presso lo
studio dell’avvocato ALESSANDRO MARCHETTI,
rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO PETITTI;
– ricorrente contro

COLAIOCCO VINCENZO, elettivamente domiciliato in ROMA,
2017
2377

9o),

VIA S. TOMMASO D’AQUINO 80, presso lo studio
dell’avvocato LUDOVICO GRASSI, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato OSVALDO GALIZIA;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 963/2012 della CORTE D’APPELLO
di L’AQUILA, depositata il 27/08/2012;

Data pubblicazione: 14/12/2017

udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 04/10/2017 dal Consigliere Dott. ELISA

PICARONI.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza depositata
il 27 agosto 2012, ha parzialmente accolto l’appello principale
proposto da Vincenzo Colaiocco avverso la sentenza del
Tribunale di Pescara n. 1027 del 2007, ed ha respinto l’appello

condannato il Mincarini al pagamento dell’importo di euro
1.896,43, con interessi legali dalla domanda al saldo, a titolo di
restituzione degli acconti ricevuti in esecuzione dell’incarico di
progettazione della sopraelevazione del fabbricato di proprietà
Colaiocco, nonché dell’ulteriore importo di euro 252,80, oltre
rivalutazione monetaria ed interessi legali, a titolo di
risarcimento danni.
1.1. Il Tribunale aveva rigettato sia la domanda
principale, proposta dal Colaiocco, di risoluzione del contratto
per inadempimento e risarcimento danni, sia la domanda
riconvenzionale, con la quale il geom. Mincarini aveva chiesto il
saldo dell’onorario e il risarcimento del danno all’immagine.
2.

La

Corte

d’appello

ha

ritenuto sussistente

l’inadempimento del professionista ed ha dichiarato risolto il
contratto.
2.1. Secondo la Corte territoriale, non era provato che il
geom. Mincarini avesse informato il committente, come era suo
preciso dovere, che il solo progetto architettonico non era
sufficiente ai fini della realizzazione dell’opera, essendo
necessario verificare la capacità del fabbricato preesistente di
sostenere il peso della sopraelevazione, e, in caso di esito
negativo, procedere all’esecuzione di lavori di rinforzo in
cemento armato, con l’intervento di un ingegnere. Il deficit
informativo, imputabile al professionista, aveva comportato
ulteriori esborsi per il committente, e pertanto, oltre alla
i

incidentale proposto da Enzo Mincarini, e, per l’effetto, ha

restituzione degli acconti ricevuti in esecuzione del contratto, il
geom. Mincarini è stato condannato al rimborso dell’onorario
corrisposto dal committente ad altro professionista per la
verifica statica.
3. Enzo Mincarini ricorre per la cassazione della sentenza

controricorso, anche illustrato da memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso é fondato nei termini di seguito indicati.
1.2. Con il primo motivo è denunciata violazione e falsa
applicazione degli artt. 132, n. 4, 352 cod.proc. civ., in
relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., e si contesta la
nullità della sentenza sotto il profilo della carenza assoluta di
motivazione e della oggettiva incomprensibilità della

ratio

decidendi.
1.3. La doglianza è inammissibile.
La giurisprudenza di questa Corte, a partire da Sezioni
Unite 07/04/2012, n. 8053, afferma S.U. che non è più
consentito denunciare un vizio di motivazione se non quando
esso dia luogo, in realtà, ad una vera e propria violazione
dell’art. 132, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., e che ciò si
verifica soltanto in caso di mancanza grafica della motivazione,
o di motivazione del tutto apparente, oppure di motivazione
perplessa od oggettivamente incomprensibile, oppure di
manifesta e irriducibile sua contraddittorietà e sempre che i
relativi vizi emergano dal provvedimento in sé, esclusa la
riconducibilità in detta previsione di una verifica sulla
sufficienza e razionalità della motivazione medesima mediante
confronto con le risultanze probatorie.
Nel caso in esame, la denuncia è solo formalmente
strutturata nel senso indicato, mentre attinge in realtà al
2

sulla base di tre motivi. Resiste Vincenzo Colaiocco con

contenuto della motivazione svolta dalla Corte d’appello,
contestando la mancata espressa enunciazione degli errori nei
quali sarebbe incorso il giudice di primo grado, e ricavando da
tale omissione anche l’incomprensibilità della ratio decidendi. Il
vizio così dedotto non rientra all’evidenza nel paradigma

2. Con il secondo motivo è denunciata violazione e falsa
applicazione degli artt. 1218, 1453, 1455, 2236 cod. civ., 112
cod. proc. civ., 16 r.d. n. 274 del 1929, nonché della legge n.
1086 del 1971, del d.P.R. n. 380 del 2001, e «dei principi
generali in materia».
Il ricorrente contesta che la Corte d’appello ha ritenuto
risolto il contratto d’opera professionale là dove le limitazioni
fissate dalla legge riguardavano la fase esecutiva, nella quale
vi era necessità di un progetto redatto da un ingegnere.
Diversamente, il contratto inter partes, che aveva ad oggetto il
solo progetto architettonico, era valido, come confermato
dall’avvenuto rilascio della concessione edilizia, e, in ogni caso,
eventuali invalidità avrebbero dovuto essere sanzionate con la
declaratoria di nullità.
In ogni caso, la pronuncia di risoluzione del contratto era
frutto di extrapetizione, in quanto l’appellante Colaiocco aveva
concluso chiedendo che fosse accertata la responsabilità
professionale per colpa grave del geom Mincarini.
3. La complessa doglianza è fondata esclusivamente
sotto il profilo del vizio processuale, risultando inammissibile
nella restante parte, poiché non coglie la ratio decidendi della
pronuncia. La Corte d’appello, infatti, ha censurato il
comportamento del geometra Mincarini con riferimento al
mancato assolvimento del dovere di informazione a protezione
del cliente.
3

dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.

4. Sussiste, invece, la denunciata extrapetizione nella
parte in cui la Corte d’appello ha ritenuto, in assenza di
domanda di risoluzione, che l’inadempimento del professionista
agli obblighi generali di protezione determinasse la risoluzione
del contratto d’opera, che aveva ad oggetto il solo progetto

4.1. Dall’esame degli atti, consentito dalla natura del
vizio denunciato (ex plurimis, Cass. 02/02/2017, n. 2771),
risulta che l’appellante ha riproposto la domanda di
accertamento dell’inadempimento contrattuale della
controparte, e la connessa condanna al pagamento di quanto
versato in esecuzione del contratto, delle spese sostenute e del
danno subito, ma non ha riproposto la domanda di risoluzione
del contratto.
Diversamente da quanto sostenuto nel controricorso, non
è in discussione il potere del giudice di applicare norme diverse
da quelle invocate al fine di attribuire il bene della vita richiesto
dalla parte, bensì il contenuto della devoluzione – quale risulta
fissato dai motivi specifici che l’appellante ha l’onere di
proporre con il gravame – nei limiti della quale, soltanto, può
esplicarsi il suddetto potere. La risoluzione del contratto non è
conseguenza automatica dell’inadempimento e pertanto la
relativa questione non può ritenersi devoluta al giudice
dell’impugnazione per effetto della richiesta di accertamento
dell’inadempimento e neppure è sufficiente, a tal fine, che
l’appellante abbia chiesto anche il rimborso degli acconti
versati al professionista e il risarcimento del danno, giacché tali
pretese implicano quale antecedente necessario
l’inadempimento contrattuale, non anche la risoluzione del
contratto.

4

architettonico della sopraelevazione.

5. L’accoglimento del motivo, con riferimento al vizio
processuale, comporta la cassazione della sentenza impugnata
con rinvio al giudice designato in dispositivo, ai fini della
rivalutazione dell’inadempimento contrattuale e delle
conseguenziali richieste restitutorie e risarcitorie.

censurato il rigetto della domanda di pagamento del saldo
dell’onorario del professionista, che la Corte territoriale ha
statuito come conseguenza immediata e diretta della dichiarata
risoluzione del contratto.
Il giudice del rinvio provvederà anche a regolare le spese
del giudizio di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso
limitatamente al vizio processuale, assorbito il terzo motivo,
dichiara inammissibile il primo motivo, cassa la sentenza
impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di
legittimità, alla Corte d’appello di L’Aquila, in diversa
composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, in
data 4 ottobre 2017.
Il Presidente

Il Munzionario
M:tuo.

f

Rimane assorbito il terzo motivo di ricorso, nel quale è

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