Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30058 del 26/10/2021

Cassazione civile sez. VI, 26/10/2021, (ud. 15/06/2021, dep. 26/10/2021), n.30058

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10276-2020 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

L.D.S. & C. SAS, in persona del legale rappresentante

pro tempore, D.S.L., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

TORTONA 4, presso lo studio dell’avvocato STEFANO LATELLA,

rappresentati e difesi dall’avvocato ANDREA AMATUCCI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10588/19/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 06/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 15/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CATALDI

MICHELE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1.L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza di cui all’epigrafe, con la quale la Commissione tributaria regionale della Campania ha accolto l’appello della L.D.S. & C. s.a.s. e di D.S.L. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli, che aveva accolto solo parzialmente, dopo averli riuniti, il ricorso della s.a.s. contro l’avviso d’accertamento in materia di Iva ed Irap, relative all’anno d’imposta 2010; e quello di D.S.L., socio accomandatario della medesima società, contro l’avviso d’accertamento in materia di Irpef sul maggior reddito da partecipazione, sempre relativamente all’anno d’imposta 2010. La L.D.S. & C. s.a.s. ed il socio D.S.L. si sono costituiti con controricorso.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Preliminarmente, il ricorso è tempestivo, in ragione della sospensione legale dei termini di impugnazione in esso evocata in premessa, ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 11, convertito dalla L. n. 136 del 2018, che opera automaticamente con riferimento alle liti definibili (arg. da Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11913 del 07/05/2019; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11531 del 06/06/2016; circolare n. 6/E/2019, invocata dagli stessi controricorrenti).

Invero l’opposta tesi dei controricorrenti – secondo cui sarebbe stato necessaria, per la sospensione dei termini di impugnazione, la richiesta di definizione della contribuente – è legata ad un precedente (Cass. n. 14884/2015) in materia di sospensione D.L. n. 98 del 2011 ex art. 39, comma 12, superato da interpretazioni successive di norme similari (cfr. i già richiamati precedenti di legittimità), e comunque fondato sull’espressa esplicita rinuncia ad avvalersi del condono, che nel caso di specie non è stata allegata né documentata.

Non può poi sottacersi che, al fine di sostenere la tesi della non automaticità della sospensione dei termini per impugnare, relativamente alle controversie anche solo potenzialmente definibili, i controricorrenti invocano anche il punto 9 della circolare dell’Agenzia n. 6/E del 2019, della quale si limitano a riprodurre l’ultimo capoverso.

Fermo restando che la prassi amministrativa non vincola l’interpretazione giudiziaria delle norme, si deve evidenziare che la lettura anche del penultimo capoverso del punto 9, pretermessa nel controricorso, evidenzia un contenuto esattamente opposto a quello invocato dai controricorrenti a sostegno della loro tesi.

Infatti, i due periodi così recitano: “La sospensione dei termini, come già evidenziato, opera per tutte le controversie astrattamente riconducibili all’ambito di applicazione dell’art. 6. Non opera, quindi, in ordine alle liti non definibili (quali, ad esempio, le liti avverso atti che non hanno natura impositiva, quelle in materia di rimborso e quelle di valore indeterminabile), per le quali è necessario rispettare gli ordinari termini di legge per l’impugnazione delle relative pronunce e per la riassunzione del giudizio.

Inoltre, in presenza di dubbi circa la definibilità della controversia, si ritiene opportuno che gli uffici provvedano ad effettuare le impugnazioni, le riassunzioni e a proporre il controricorso, a scopo prudenziale, secondo le ordinarie scadenze, non tenendo conto della sospensione.”.

Anche per la prassi, quindi, per quanto qui può rilevare, è sufficiente che le controversie siano solo ” astrattamente riconducibili all’ambito di applicazione dell’art. 6″, mentre la prudenza viene predicata in ragione di eventuali dubbi sulla “definibilità della controversia”, non sull’automatismo della sospensione dei termini di impugnazione rispetto a quello che invece siano, senza dubbi, “definibili”.

Sempre preliminarmente, deve aggiungersi che il ricorso è anche autosufficiente, risultando dallo stesso (con ampia riproduzione di documenti sui quali si fonda), oltre che comunque dalla medesima sentenza impugnata, gli elementi necessari ai fini della decisione.

2. Con il primo motivo la ricorrente Agenzia deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, per avere il giudice a quo ritenuto nulli entrambi gli avvisi, in quanto quello nei confronti della società, sul quale si fondava anche quello emesso nei confronti del socio, era stato sottoscritto da un delegato del capo dell’ufficio, ma in forza di una delega invalida, perché priva dell’indicazione delle ragioni e della durata della sostituzione, nonché del nominativo del sostituto.

Rileva infatti la ricorrente che si tratterebbe di delega di firma, e non di funzioni, con conseguente inapplicabilità delle categorie di invalidità applicate dalla CTR.

3. Con il secondo motivo la ricorrente Agenzia deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’omessa motivazione della sentenza impugnata sulla questione della nullità della delega de qua, con conseguente nullità della decisione.

4. Tutto ciò premesso, rileva questa Corte che dalle deduzioni delle parti e dallo stesso accertamento riprodotto nel ricorso risulta pacifico che era socia almeno una terza persona, che non risulta parte dei gradi di merito. E comunque, non essendo messa in dubbio la persistenza della società di persone in questione, la pluralità dei soci costituisce un dato logicamente necessario, con il quale contrasta la partecipazione ai giudizi esclusivamente del socio D.S.L..

Risulta quindi pretermesso, nel merito, almeno un socio della s.a.s., litisconsorte necessario.

Infatti, secondo questa Corte, l’accertamento di maggior imponibile IVA a carico di una società di persone, se autonomamente operato, non determina, in caso d’impugnazione, la necessità d’integrare il contraddittorio nei confronti dei soci, salvo che l’Ufficio abbia contestualmente proceduto, come nel caso sub iudice, con un unico atto, ad accertamenti ai fini anche di altre imposte (nella specie, IRAP), fondati su elementi comuni, atteso che, in detta ipotesi, il profilo dell’accertamento impugnato concernente l’imponibile IVA non si sottrae al vincolo necessario del “simultaneus processus” per l’inscindibilità delle due situazioni, in quanto insuscettibile di autonoma definizione. (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 6303 del 14/03/2018).

Si è aggiunto che l’Irap è imposta assimilabile all’Ilor, in quanto essa ha carattere reale, non è deducibile dalle imposte sui redditi ed è proporzionale, potendosi, altresì, trarre profili comuni alle due imposte dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 17, comma 1, e art. 44. Ne consegue che, essendo I’Irap imputata per trasparenza ai soci, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, sussiste il litisconsorzio necessario dei soci medesimi nel giudizio di accertamento dell’Irap dovuta dalla società (Cass. Sez. U, Sentenza n. 10145 del 20/06/2012; conformi, ex plurimis, Cass. Sez. U -, Sentenza n. 13452 del 29/05/2017; Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 19599 del 24/07/2018).

Inoltre, si è precisato che, in materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio.” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 14815 del 04/06/2008).

Pertanto, decidendo sul ricorso, deve essere dichiarata la nullità dell’intero giudizio, con rinvio della causa al giudice di prime cure, perché proceda previa insturazione del contraddittorio nei confronti di tutti i soci della s.a.s..

P.Q.M.

Decidendo sul ricorso, dichiara la nullità dell’intero giudizio e rinvia alla Commissione tributaria provinciale di Napoli, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 15 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2021

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