Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30056 del 26/10/2021

Cassazione civile sez. VI, 26/10/2021, (ud. 15/06/2021, dep. 26/10/2021), n.30056

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1842-2020 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

MOTO ITALIA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PACUVIO, 34, presso lo studio

dell’avvocato CHIARA ROMANELLI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato FRANCESCO MATTARELLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3993/16/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONAL della LOMBARDIA, depositata il 15/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 15/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CATALDI

MICHELE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, avverso la sentenza di cui all’epigrafe, con la quale la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha rigettato il suo appello avverso la sentenza della Commissione tributarla provinciale di Varese, che aveva accolto il ricorso della Moto Italia s.r.l. contro l’avviso d’accertamento con il quale venivano contestato a quest’ultima contribuente, per l’anno d’imposta 2013, l’omessa effettuazione e l’omesso versamento di ritenute d’imposta sulla distribuzione della riserva in conto capitale, assimilata ad una distribuzione di dividendi, e su royalties.

La contribuente si è costituita con controricorso ed ha poi depositato memoria.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo la ricorrente Agenzia deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 2.

Assume infatti l’Ufficio che erroneamente il giudice a quo, nel rigettare il relativo motivo d’appello erariale, ha ritenuto che l’avviso d’accertamento, notificato nell’aprile 2017, fosse nullo per vizio di sottoscrizione, a causa dell’indebito utilizzo della firma digitale, che sarebbe stato precluso dal predetto D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 2 (Codice dell’Amministrazione Digitale), rispetto ad un avviso d’accertamento precedente al 27 gennaio 2018, data di entrata in vigore del comma 6-bis, inserito nello stesso art. 2.

Ritiene infatti l’Agenzia che l’applicabilità delle norme del Codice dell’Amministrazione Digitale sia esclusa, ai sensi del suddetto codice, art. 2, comma 6, come modificato, a decorrere dal 14 settembre 2016, dal D.Lgs. n. 179 del 2016, art. 2, comma 1, lett. c), solo per le “attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale”, da intendersi per quelle attività di controllo fiscale svolte dall’Agenzia e dalla Guardia di Finanza rappresentata dagli accessi, ispezioni e verifiche sulla cui base vengono emessi gli avvisi di accertamento.

Tale interpretazione sarebbe confermata dall’ulteriore modifica dell’art. 2, ad opera del D.Lgs. n. 217 del 2017, art. 2, che, mediante l’aggiunta del comma 6-bis, rendeva esplicita tale applicazione.

Il motivo è fondato.

Infatti, questa Corte ha già avuto modo di affrontare la questione interpretativa del CAD, art. 2, comma 6, prima parte, nel testo vigente nel periodo dal 14 settembre 2016 al 26 gennaio 2018, secondo cui: “Le disposizioni del presente Codice non si applicano limitatamente all’esercizio delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, di ordine e sicurezza pubblica, difesa e sicurezza nazionale, polizia giudiziaria e polizia economico-finanziaria e consultazioni elettorali”, chiarendo che, in conformità alla tesi erariale, nella limitazione di cui alla suindicata disposizione non vadano inclusi gli avvisi di accertamento che pertanto, a decorrere dal 14 settembre 2016, sono stati legittimamente emessi con la forma del documento informatico e sottoscritti con firma digitale (Cass., Sez. 5, ordinanza n. 1150 del 21/01/2021, in motivazione).

Infatti è stato considerato che “la normativa in tema di digitalizzazione della pubblica amministrativa, anche in conseguenza degli obblighi di adeguamento al Regolamento comunitario noto con l’acronimo e- IDAS, entrato in vigore direttamente in tutti gli Stati Membri UE, senza necessità di atti di recepimento, il 17 settembre 2014, e divenuto applicabile a decorrere dal 1 luglio 2016, impone ormai come regola generale l’adozione dei documenti informatici, residuando ad eccezione il mantenimento dei documenti analogici.

Ai sensi del CAD, art. 40, le pubbliche amministrazioni formano gli originali dei propri documenti con mezzi informatici secondo le regole tecniche fissate dal D.P.C.M. 13 novembre 2014.

Posto che la regola generale è divenuta il ricorso ai documenti informatici, e le limitazioni l’eccezione, l’interpretazione del CAD, art. 2, comma 6, ratione temporis vigente, proposta dall’Agenzia delle Entrate merita di essere condivisa sulla base di una serie di valutazioni ermeneutiche sia di tipo letterale che sistematico.

Rileva, innanzitutto, sul piano terminologico che gli atti impositivi non rientrano tra gli atti emessi “nell’esercizio” delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, a cui sono certamente riconducibili gli atti adottati in occasione di indagini e verifiche ispettive propedeutiche all’esercizio del potere di accertamento e di irrogazione di sanzioni, bensì tra gli atti eventualmente emessi “all’esito” delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, attività che potrebbero anche concludersi con un esito favorevole per il contribuente, e quindi senza l’emissione di un atto impositivo.

La distinzione tra l’attività accertativa e quella preliminare di verifica e controllo risulta poi immanente nella normativa fiscale vigente.

In tema di imposte dirette, la definizione in termini distintivi è presente già nella rubrica del titolo quarto del D.P.R. n. 600 del 1973, denominato “Accertamento e controllo”; le attività di controllo sono autonomamente regolate allo stesso decreto, artt. 32 e 33, si realizzano attraverso accesi, ispezioni e verifiche, inviti a comparire e richieste di documentazione che richiedono una diretta interlocuzione con il contribuente, prevedono la cooperazione della Guardia di Finanza nonché di qualsiasi altro soggetto pubblico incaricato istituzionalmente di svolgere attività ispettive o di vigilanza.

Prerogativa esclusiva dell’Amministrazione finanziaria è invece l’adozione degli atti impositivi, di cui agli artt. 36-bis, 36-ter, 38, 39 ecc., che hanno ad oggetto la liquidazione delle imposte o delle maggiori imposte e delle eventuali sanzioni.

Anche il D.P.R. n. 633 del 1972, in tema di IVA, regola separatamente all’art. 52 gli accessi, ispezioni e verifiche ed agli artt. 54 e ss le rettifiche e gli accertamenti.

Lo Statuto del contribuente, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, all’art. 12, comma 7, conferma la distinzione delle due attività imponendo, a pena di illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, l’osservanza di un termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, decorrente dal rilascio al soggetto nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni.

3.3 Correttamente la ratio dell’esclusione degli atti propedeutici all’esercizio del potere di accertamento è stata rinvenuta nel fatto che nell’ambito di tali attività di verifica si impone la partecipazione del contribuente che potrebbe non essere munito di firma digitale, sicché l’applicazione del CAD determinerebbe un aggravio dei suoi diritti di difesa ed un ostacolo al rapporto di collaborazione che dovrebbe sempre ispirare tali incombenti.

Non da ultimo va evidenziato che l’interpretazione contraria proposta dalla CTR si porrebbe in disarmonia con la volontà del legislatore come manifestata negli interventi normativi successivi.

La modifica apportata al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, ad opera del D.L. n. 193 del 2016, art. 7-quater, comma 6, con l’inserimento del comma 6 che ha introdotto la possibilità della notifica a mezzo PEC degli avvisi di accertamento, tende ad una implementazione dell’utilizzo dei documenti informatici. Il comma 6-bis, aggiunto al CAD, art. 2, dal D.Lgs. n. 217 del 2017, art. 2, lett. e), ne sancisce espressamente l’applicabilità “agli atti di liquidazione, rettifica, accertamento e di irrogazione delle sanzioni di natura tributaria” e rimette ad un successivo decreto l’adozione delle modalità e dei termini per l’applicazione anche alle “attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale”.

Seppure non si voglia attribuire a tale ultima disposizione la natura di norma di interpretazione autentica con portata retroattiva, è indubbio che da essa non può che trarne conferma l’impostazione esegetica che distingue l’attività di accertamento da quella di controllo fiscale.” (Cass., Sez. 5, ordinanza n. 1150 del 21/01/2021, in motivazione).

Intendendo il Collegio condividere tale orientamento, dai cui principi si è discostata la CTR, va quindi accolto il ricorso e va cassata la sentenza impugnata.

Non osta a tale soluzione l’argomentazione di parte controricorrente riguardo l’assunta inidoneità dell’attestazione rilasciata, in calce alla copia cartacea dell’atto impositivo notificato alla contribuente, in ordine alla conformità con l’originale informatico dello stesso accertamento. Sostiene infatti la contribuente, nel controricorso, che tale attestazione non ricomprenderebbe anche la conformità della copia cartacea relativamente alla firma digitale dell’originale informatico, nel senso che non riferendosi espressamente a tale firma digitale, non garantirebbe che l’originale informatico ne fosse munito. Infatti, deve rilevarsi che il controricorso (né a pag. 3, dove descrive il contenuto del ricorso introduttivo; né alle pagg. 17 s., dove pone la problematica) non dà atto che tale specifica questione, diversa ed ulteriore rispetto a quella dell’asserita inesistenza, a monte, della facoltà dell’Amministrazione di sottoscrivere in forma digitale l’originale informatico (sulle quali si sono pronunciate la CTP e La CTR), sia stata puntualmente posta dalla contribuente del giudizio di merito, accanto a quella (riprodotta ed enfatizzata a pag. 3 del controricorso) della violazione del CAD, art. 2, trattandosi di atto di “controllo fiscale”. Ne’ comunque la questione può ritenersi necessariamente implicita nell’eccezione, così come riportata nella sentenza di primo grado (come risulta dalla sentenza d’appello e dal ricorso che in parte la trascrive), relativa al ” vizio di sottoscrizione dell’atto impugnato, in quanto lo stesso non reca alcuna firma autografa così come è previsto, a pena di nullità, dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, bensì solo la dicitura a margine che lo identifica come copia conforme all’originale informatico sottoscritto digitalmente e archiviato in un sistema digitale di conservazione dei documenti informatici”, che non attiene alla completezza ed efficacia della dichiarazione di conformità, ma all’asserita illegittima sottoscrizione digitale dello stesso originale informatico, come ribadito nel controricorso.

Nella sostanza, quindi, la contribuente non ha dedotto dove abbia contestato, nel merito, non soltanto che l’Amministrazione non fosse legittimata ad apporre la firma digitale sullo stesso originale informatico, ma anche che la conformità della copia cartacea fosse attestata pure con riferimento alla firma digitale dell’originale informatico, e/o che tale originale fosse stato effettivamente sottoscritto digitalmente.

Inoltre, la CTR ha accolto il ricorso in ordine all’asserita inesistenza, a monte, della facoltà stessa dell’Amministrazione di sottoscrivere in forma digitale l’originale informatico, con la conseguenza che nessuna decisione, neppure implicita, è stata, comunque, resa su ulteriori questioni che invece presupponessero la legittima sottoscrizione digitale.

L’ulteriore questione posta nel punto 2 del controricorso è quindi inammissibile in questa sede.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, rinviando alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 15 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2021

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