Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30056 del 14/12/2017


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 30056 Anno 2017
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: PICARONI ELISA

SENTENZA

sul ricorso 8168-2015 proposto da:
HYRIA MINIERI

SALVATORE

&

C SAS,

elettivamente

domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la CORTE di
CASSAZIONE rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO
PARRELLA;
– ricorrente contro

MEC VINCENZO deceduto e per esso gli eredi DE SANTIS
MARIA ANTONIETTA, MEC FIORELLA, MEC GIANLUCA
elettivamente domiciliati in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la
CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli
avvocati TEODORO RUSSO, FRANCESCO FRANZESE

Data pubblicazione: 14/12/2017

- controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4849/2014 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 04/12/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 03/10/2017 dal Consigliere Dott. ELISA
PICARONI;

Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il’
rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato FONTANELLI Aldo, con delega orale
dell’Avvocato

PARRELLA

Domenico,

difensore

del

ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato FRANZESE Francesco, difensore dei
resistenti che si è riportato alle difese in atti ed ha
insistito per l’inammissibilità o per il rigetto del
ricorso.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza depositata il
4 dicembre 2014 e notificata il 15 gennaio 2015, ha
parzialmente accolto l’appello proposto da Hyria s.r.l. (poi
trasformata in Hyria di Minieri Salvatore & C. s.a.s.) avverso la

di Vincenzo Meo.
1.1. Il giudizio di primo grado era stato introdotto dalla
società Hyria per opporsi al decreto ingiuntivo che le intimava il
pagamento di euro 233.663,29 all’architetto Meo, a titolo di
(saldo del) corrispettivo delle attività di progettazione e
direzione lavori svolte nell’ambito della ristrutturazione
dell’albergo di proprietà Hyria.
La società contestò: a) la congruità degli importi indicati
nella parcella; b) l’avvenuta corresponsione di euro
66.457,160, di cui euro 40 mila in contanti; c) l’inadempimento
delle obbligazioni assunte dall’arch. Meo con riferimento sia alla
progettazione dell’opera sia alla direzione dei lavori, e formulò
domanda riconvenzionale risarcitoria.
1.2. Il Tribunale revocò il decreto ingiuntivo, condannò
Hyria al pagamento del minore importo di euro 220.001,90,
oltre interessi, e rigettò la domanda riconvenzionale.
2. La Corte d’appello ha ridotto l’importo dovuto al
professionista in euro 206.745,52 oltre accessori, avendo
accertato che non erano dovute alcune voci relative all’attività
di direzione lavori.
3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso
Hyria di Minieri Salvatore & C. sas, sulla base di cinque motivi.
Ha resistito con controricorso Vincenzo Meo, poi deceduto, in
luogo del quale sono intervenuti gli eredi. La ricorrente ha
depositato memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ.
i

sentenza del Tribunale di Noia n. 736 del 2006, e nei confronti

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è fondato nei limiti di seguito precisati.
1.1. Con il primo motivo è denunciata violazione degli
artt. 2230, 2729 cod. civ., 15 I. n. 143 del 1949, 2 CC.PP., e si
contesta che la Corte d’appello ha ritenuto dovuto il compenso

redatto il progetto esecutivo, il preventivo sommario, il
preventivo particolareggiato e i particolari costruttivi e
decorativi. Il CTU nominato nel giudizio di secondo grado aveva
rilevato che non vi era traccia della documentazione afferente
le indicate prestazioni professionali, e che il progetto inoltrato
al Comune di Noia, costituito da 9 tavole grafiche, era un
progetto di massima.
2. La doglianza è infondata.
2.1. Sebbene prospettata come violazione di legge, la
denunciata carenza si risolve nella sollecitazione di un nuovo
apprezzamento delle risultanze istruttorie per inferire
l’inadeguatezza degli elementi utilizzati dalla Corte territoriale
ai fini della configurabilità della prova per presunzioni.
La Corte d’appello ha accertato che l’opera era stata
realizzata, e che, in assenza di ipotesi alternative neppure
allegate dalla ricorrente (realizzazione sulla scorta di progetto
esecutivo realizzato da terzi), si doveva ritenere che il
progetto di massima era stato integrato dallo stesso
progettista, e reso perciò cantierabile, attraverso direttive
impartite nel corso dell’opera, essendo l’arch. Meo anche
direttore dei lavori.
Questa è la ratio decidendi che sorregge la sentenza
d’appello in parte qua,

e pertanto non assume rilievo la

mancanza di un documento unitario, che racchiudesse l’intero
progetto esecutivo. Analoga considerazione vale per i
2

richiesto, pur avendo accertato che il professionista non aveva

particolari costruttivi e decorativi, anch’essi realizzati, come
accertato dalla Corte di merito.
2.2. La decisione trova riscontro nel principio affermato
dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. 15/07/2008, n.
19492, richiamata dal giudice d’appello), secondo cui, poiché il

della realizzazione di una costruzione, nel caso in cui la
prestazione professionale includa, oltre alla progettazione di un
edificio, anche la direzione dei lavori, il compenso per la
redazione del progetto esecutivo non può essere escluso
quando i lavori siano stati eseguiti, in quanto tale circostanza
postula l’avvenuto sviluppo in senso esecutivo dell’originario
progetto di massima.
2.3. La Corte d’appello ha anche evidenziato che
l’ammissione dell’opera a finanziamento ex legge n. 488 del
1992 confermava, in senso indiziario, l’avvenuta redazione del
preventivo sommario e di quello particolareggiato, e la
ricorrente non indica i criteri per l’ammissione al finanziamento
né documenta che tale ammissione sia avvenuta sulla scorta
del solo preventivo sommario.
3. Con il secondo motivo è denunciata violazione degli
artt. 2232, 2230, 2236, 1710 e ss. cod. civ. e si contesta che
la Corte d’appello, sulla scorta anche della CTU, ha ritenuto che
molte scelte progettuali ed esecutive non potevano essere
contestate in ragione dell’ampio mandato conferito al
professionista, senza considerare che sia il mandato sia
l’incarico professionale avrebbero dovuto essere eseguiti con la
diligenza del buon padre di famiglia.
3.1. La doglianza è inammissibile.
Secondo la ricostruzione del contenuto del rapporto
contrattuale fatta dalla Corte d’appello, che non è in
3

progetto esecutivo costituisce un presupposto indispensabile

discussione né potrebbe esserlo in carenza di specificità del
motivo, che non riporta il testo contrattuale, la particolare
ampiezza dell’incarico conferito all’arch. Meo anche sotto il
profilo della discrezionalità tecnica riconosciuta al
professionista dal testo contrattuale, giustifica la conclusione

progettuali ed esecutive fatte dal professionista, tanto più se
dalle stesse non era derivato un danno. A fronte di questa
ratio,

idonea a sorreggere il

decisum,

la ricorrente

genericamente lamenta la violazione dell’obbligo di diligenza da
parte del professionista, senza indicare le opere asseritamente
eseguite in violazione di tale obbligo.
4. Con il terzo motivo è denunciata violazione degli artt.
2222, 2230, 1176, secondo comma, 1218, 1453 cod. civ. e
115 cod. proc. civ. e si contesta che la Corte d’appello ha
ritenuto che il difetto di insonorizzazione delle camere,
accertato dal CTU, non avesse inciso negativamente sulla
valutazione di qualità della struttura né comportasse la
necessità di affrontare la spese preventivata dal CTU per porvi
rimedio, pari a circa 150.000 euro.
4.1. La doglianza è fondata.
La Corte d’appello dà atto che il CTU ha ritenuto
«ingiustificabili le deficienze relative alla mancata e/o carente
insonorizzazione degli ambienti», riscontrate mediante prove
fonometriche, per poi affermare, in senso riettivo della
domanda, che «la questione della insonorizzazione degli
ambienti non risulta essere stata affrontata nell’elaborato
peritale, versato in atti in questa sede, redatto nella diversa
causa vertente con l’impresa esecutrice dei lavori ed il direttore
dei lavori»; che non è provato che il difetto di insonorizzazione
abbia inciso negativamente nella valutazione della struttura
4

che la società non potesse utilmente contestare le scelte

alberghiera, con conseguenti riflessi sui prezzi delle camere e
degli altri servizi, né che vi siano state rimostranze degli ospiti
di entità tale da costringere la società a porvi riparo.
Il ragionamento si risolve nella erronea applicazione dei
principi in materia di inadempimento contrattuale, e pertanto

4.2. Risulta privo di significato il rilievo che la questione
dell’insonorizzazione degli ambienti non era stata affrontata
nella CTU disposta nel diverso, parallelo giudizio tra la
committente Hyria, l’impresa appaltatrice e l’arch. Meo. La
Corte d’appello non chiarisce il senso dell’osservazione, né
emergono aliunde elementi per ritenere che il mancato esame,
in quel giudizio, della questione della insonorizzazione ridondi
in termini di preclusione in questo giudizio, nel quale la società
debitrice ingiunta ha eccepito l’inadempimento del direttore dei
lavori sotto diversi profili, compreso il difetto di
insonorizzazione, e chiesto il risarcimento del danno.
Il CTU, appositamente nominato dalla Corte d’appello, ha
riscontrato il denunciato difetto e ciò integra l’inadempimento
del direttore dei lavori.
Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte
regolatrice, in tema di responsabilità conseguente a vizi o
difformità dell’opera appaltata, il direttore dei lavori per conto
del committente, sebbene presti un opera professionale in
esecuzione di un’obbligazione di mezzi e non di risultati, poiché
è chiamato a svolgere la propria attività in situazioni involgenti
l’impiego di peculiari competenze tecniche, deve utilizzare le
proprie risorse intellettive ed operative per assicurare,
relativamente all’opera in corso di realizzazione, il risultato che
il committente si aspetta di conseguire, onde il suo
comportamento deve essere valutato non con riferimento al
5

non può essere condiviso.

normale concetto di diligenza, ma alla stregua della diligentia
quam in concreto;

costituisce, pertanto, obbligazione del

direttore dei lavori l’accertamento della conformità sia della
progressiva realizzazione dell’opera al progetto, sia delle
modalità dell’esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole

responsabilità ove ometta di vigilare e di impartire le
opportune disposizioni al riguardo, nonché di controllarne
l’ottemperanza da parte dell’appaltatore ed, in difetto, di
riferirne al committente (ex plurimis, 03/05/2016, n. 8700; id.
28/11/2001, n. 15124).
4.3. Se, infatti, la ritenuta particolare ampiezza del
mandato conferito al professionista nel caso in esame ha
comportato il rigetto delle contestazioni della committente
afferenti le scelte progettuali o esecutive, tanto più in assenza
di danno, discorso diverso deve essere svolto con riferimento
all’«ingiustificabile» difetto di insonorizzazione dei locali
dall’albergo, che sancisce l’inadeguatezza dell’opera

in parte

qua, e, al tempo stesso, concretizza l’inadempimento del
direttore dei lavori. La difesa del professionista, del resto, in
questa sede, per la prima volta, assume che i lavori di
insonorizzazione furono progettati e seguiti nella fase esecutiva
da altri (pag. 7 del controricorso).
4.4. La Corte d’appello ha rigettato la domanda
risarcitoria della committente sul rilievo della mancanza di
prova del danno (classificazione dell’albergo inferiore a quella
prevista o sperata, con riflessi sui prezzi praticabili) e
sull’assenza di prova della necessità di porre rimedio al difetto
(non era dimostrato che vi fossero state rimostranze degli
ospiti di «entità tale» da imporre lavori di adeguamento).

6

della tecnica, con la conseguenza che non si sottrae a

In disparte la genericità e reversibilità degli argomenti
utilizzati, la Corte d’appello ha ribaltato sulla committente gli
effetti dell’accertato inadempimento, onerandola di dimostrare
ciò che era già provato, e cioè il difetto di insonorizzazione
degli ambienti della struttura alberghiera, essendo pacifico,

non era stato rilevato dal direttore dei lavori, e altrettanto
indiscutibile la natura non marginale del difetto in
considerazione della destinazione della struttura.
La sentenza, sul punto, deve essere cassata con rinvio,
per un nuovo esame della domanda risarcitoria, nei limiti
dell’accertamento svolto.
4. Con il quarto motivo è denunciata violazione dell’art.
115 cod. proc. civ. nonché omesso esame di un fatto decisivo,
e si lamenta la mancata detrazione della somma di 40 mila
euro, che sarebbe stata corrisposta in contanti, come
riconosciuto dal professionista che l’aveva imputata al disbrigo
delle pratiche amministrative
4.1. La doglianza, che attinge in realtà al riparto
dell’onere della prova, è infondata.
Il professionista ha riconosciuto di avere ricevuto «altre
somme» e non l’importo di 40 milioni di lire affermato dalla
società debitrice, indicando la causale di detti imprecisati
versamenti in prestazioni estranee al contratto, neppure
contestate dalla società.
Nel contesto delineato, la Corte d’appello ha rilevato che
la società debitrice non aveva provato di avere corrisposto
somme idonee ad estinguere in tutto o in parte il debito, e tale
rilievo elide il presupposto dell’invocato ribaltamento dell’onere
della prova sul creditore. Come affermato dalla giurisprudenza
consolidata di questa Corte regolatrice, quando il debitore
7

nella stessa ricostruzione della Corte d’appello, che il difetto

abbia dimostrato di avere corrisposto somme idonee ad
estinguere il debito, incombe a colui che pretenda di imputare
l’adempimento ad altro credito, l’onere della prova delle
condizioni di una diversa imputazione

(ex plurimis,

Cass.

31/03/2007, n. 8066; id. 19/01/2005, n. 1064).

(violazione dell’art. 132 cod. proc civ. per contrasto tra
motivazione e dispositivo con riferimento alla somma
riconosciuta a favore del professionista), rimane assorbita
nell’accoglimento del terzo motivo di ricorso, che comporta la
cassazione con rinvio della sentenza impugnata per un nuovo
esame della domanda risarcitoria proposta dalla società, nei
termini sopra precisati. Il giudice di rinvio, designato in
dispositivo, provvederà anche a regolare le spese del giudizio
di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbito il
quinto motivo, rigetta i rimanenti, cassa la sentenza impugnata
nei limiti del motivo accolto e rinvia, anche per le spese del
giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Napoli in diversa
sezione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, in
data 3 ottobre 2017.
Il Consigliere estensore

Il Presidente

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5. La doglianza prospettata con il quinto motivo

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