Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30054 del 31/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 31/12/2020, (ud. 14/10/2020, dep. 31/12/2020), n.30054

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1930-2019 proposto da:

COMUNE DI ADRANO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA MECENATE, 77, presso lo studio

dell’avvocato MICHELE FERRANTE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ALFIO PLATANIA;

– ricorrente –

CONTRO

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIUSEPPE CURRAO;

– controricorrente –

contro

REALE MUTUA ASSICURAZIONI;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2254/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 26/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. C1,0TILDE

PARISE.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La Corte d’appello di Catania, con sentenza n. 2254/2018 depositata il 25-10-2018 e notificata il 30-10-2018, ha rigettato l’appello proposto dal Comune di Adrano avverso la sentenza del Tribunale di Catania – Sez. di Adrano n. 99/2010, con la quale, in accoglimento delle domande attoree, il Comune di Adrano era stato condannato a pagare all’attore, a titolo di risarcimento per l’occupazione del terreno di proprietà di quest’ultimo finalizzata alla realizzazione di parte delle vie pubbliche, la somma di Euro21.050, oltre accessori di legge come specificato nella sentenza di primo grado.

2. Avverso detta sentenza il Comune di Adrano propone ricorso affidato a quattro motivi, a cui resiste con controricorso C.A.. E’ rimasta intimata Reale Mutua Assicurazione. Il controricorrente C. ha depositato memoria illustrativa.

3. Con il primo motivo il Comune ricorrente denuncia la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalla difesa dello stesso ricorrente sia in primo che in secondo grado. Deduce che le aree occupate erano private aperte al pubblico e pertanto già soggette ad uso pubblico e assume che su detta deduzione la Corte territoriale non si sia pronunciata, mentre dette circostanze, ad avviso del Comune, risultavano dai documenti e dalle foto in atti, nonchè dalla C.T.U. espletata.

3.1. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione al calcolo del risarcimento del danno, che assume erroneamente non effettuato sulla base dell’edificabilità di fatto, e si duole dell’omessa motivazione anche in ordine a detta questione.

3.2. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, lamentando che inspiegabilmente la Corte territoriale non abbia preso in considerazione il valore ridotto (Euro 80 al mq. in luogo di Euro 100) indicato nella relazione integrativa dal C.T.U., basato su una metodologia di calcolo effettuata mediante i nuovi elementi forniti. Rimarca che la Corte territoriale aveva disposto l’integrazione della consulenza tecnica d’ufficio in ordine al valore di mercato del bene, senza, tuttavia, fare menzione nella sentenza impugnata delle risultanze del supplemento peritale.

3.3. Con il quarto motivo il Comune, dichiarando di non impugnare la statuizione sulle spese di lite del secondo grado nei confronti di Reale Mutua, pur ritenendo ingiusta la statuizione, censura “il punto 2” del dispositivo della sentenza impugnata, del quale chiede la riforma.

4. I motivi primo e secondo, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono in parte infondati e in parte inammissibili.

4.1. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte “In seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un fatto storico, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di una diversa soluzione della controversia” (Cass. S.U. n. 8053/2014 e tra le tante da ultimo Cass. n. 22598/2018).

4.2. Premesso che nella fattispecie in esame trova applicazione l’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 5, come novellato nel 2012- la sentenza impugnata è stata depositata il 25-10-2018 -, le censure sono inammissibili nelle parti in cui sono state formulate secondo il paradigma previgente del vizio motivazionale.

Le censure sono, altresì, inammissibili nella parte in cui riguardano accertamenti di fatto (preesistenza della viabilità e prova della messa a disposizione della collettività) e ne prospettano una ricostruzione diversa da quella effettuata dai Giudici di merito, mentre sono infondate nella parte in cui il Comune ricorrente, illustrando i motivi, si duole, in buona sostanza, della mancanza di motivazione o motivazione apparente o perplessa.

La Corte territoriale, nell’affermare che l’occupazione sia stata irreversibile, definitiva e senza titolo, ha esaminato i fatti di rilevanza (realizzazione da parte del Comune di vie aperte al pubblico transito e di opere di urbanizzazione primaria), ha ritenuto non dimostrata dal Comune la preesistente messa a disposizione del bene a favore della collettività da parte del proprietario ed ha dato atto dell’assenza di dichiarazione di pubblica utilità e dell’avvio di procedura ablativa. La Corte d’appello ha, pertanto, esaminato la questione della destinazione giuridica di uso pubblico e l’ha esclusa con motivazione adeguata (Cass. S.U. n. 8053/2014), ritenendo integrata, nella fattispecie, una mera occupazione di fatto di natura usurpativa.

Le censure si risolvono, per il resto, in contestazioni sulla valutazione probatoria delle risultanze processuale e in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012.

Con il secondo motivo il Comune ha denunciato il vizio motivazionale relativo al criterio adottato dalla Corte d’appello per la liquidazione del danno, assumendo l’errata considerazione della sola edificabilità legale e non anche di quella effettiva.

Non ricorre il suddetto vizio motivazionale, che è stato denunciato, con il secondo motivo, nei termini precisati e, quindi, non specificamente incentrati sull’omessa menzione delle risultanze dell’integrazione peritale di cui appena di seguito si dirà (terzo motivo).

La Corte d’appello ha, infatti, affermato che il danno deve essere commisurato all’integrale valore di mercato del suolo, sulla base delle obiettive ed intrinseche caratteristiche ed attitudini dell’area, come accertate con la C.T.U., richiamando, perciò, correttamente gli stessi criteri, in ordine all’effettiva potenzialità di utilizzo del bene al momento dell’abdicazione al diritto domenicale (cfr. Cass. S.U. n. 735/2015 e Cass.n. 15412/2019), che indica il Comune ricorrente.

5. Il terzo motivo è fondato.

5.1. Secondo costante orientamento di questa Corte, al quale il Collegio intende dare continuità, il mancato esame delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio – qualora veicoli nel processo un fatto idoneo a determinare una decisione di segno diverso – integra un vizio della sentenza che può essere fatto valere, nel giudizio di cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (tra le tante Cass. n. 9673/2019).

Ritiene il Collegio che il Comune ricorrente, nell’illustrazione del motivo, abbia indicato i fatti storici, risultanti dal supplemento peritale disposto in appello, astrattamente idonei a determinare una decisione di segno diverso, e in particolare una riduzione del valore di mercato del bene, calcolato mediante i nuovi elementi forniti.

La Corte d’appello, pur dando atto nella sentenza del “richiamo” a chiarimenti del C.T.U. nominato in primo grado ing. R.D. (pag. n. 4), non ha esaminato le risultanze del supplemento peritale, nè ha dato conto in senso critico, ove avesse voluto discostarsene, della “metodologia di calcolo in ordine all’effettivo valore di mercato fondato considerando i nuovi elementi forniti” (così pag. n. 20 del ricorso, nella quale è riportato quanto esposto a pag. n. 6 della relazione suppletiva del C.T.U.).

Integrano, pertanto, il vizio denunciato con il terzo motivo il suddetto mancato esame e, di conseguenza, la mancata esplicitazione delle ragioni di eventuale non condivisibilità delle conclusioni espresse nel supplemento peritale in ordine alla quantificazione del danno, e, segnatamente, in ordine all’effettiva potenzialità di utilizzo del suolo ed al corrispondente suo reale valore di mercato, da determinarsi avendo riguardo alla data dell’intervenuta rinuncia al diritto di proprietà del suolo stesso (cfr. Cass. S.U. n. 735/2015 citata).

6. In conclusione, il terzo motivo va accolto, restando assorbito il quarto, la sentenza impugnata è cassata nei limiti del motivo accolto e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettati i primi due e dichiarato assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 dicembre 2020

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