Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30054 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. I, 29/12/2011, (ud. 30/11/2011, dep. 29/12/2011), n.30054

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Maria Rosa – rel. Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.P.N. (c.f. (OMISSIS)), nella qualità di legale

rappresentante della DE.PI. COSTRUZIONI S.P.A., elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA G. ROMAGNOSI 1/B, presso l’avvocato PANSINI

GUSTAVO, rappresentato e difeso dall’avvocato LEONE GIUSEPPE, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.G. (C.F. (OMISSIS)), A.G. (C.F.

(OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CALCUTTA

45, presso l’avvocato D’AURIA ALBERTO, rappresentati e difesi

dall’avvocato D’AVINO ARCANGELO, giusta procura a margine del

controricorso;

N.V. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELL’ANNUNZIATELLA 40, presso l’avvocato

TUORTO GERARDO, rappresentato e difeso dall’avvocato MENNA MARIANO,

giusta procura a margine del controricorso;

G.G. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA NIZZA 59, presso l’avvocato DI AMATO

ASTOLFO, rappresentato e difeso dall’avvocato DE SIMONE FRANCESCO,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

contro

FALLIMENTO DE.PI. COSTRUZIONI S.P.A., + ALTRI OMESSI

;

– intimati –

avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il 23/09/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/11/2011 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FIMIANI Pasquale che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto 31 ottobre 2000, il Tribunale di Napoli respingeva il reclamo proposto da D.P.N., legale rappresentante della società fallita, avverso il decreto del Giudice delegato al Fallimento della De. Pi. Costruzioni s.p.a., di reiezione della istanza di sospensione della vendita di alcuni immobili della società, provvisoriamente aggiudicati in occasione dell’incanto del 18 luglio 2000.

Il D.P. proponeva ricorso per cassazione.

Con sentenza 21 maggio-23 settembre 2003, la S.C. cassava con rinvio la pronuncia del Tribunale, per non essere stati chiamati a partecipare al procedimento gli aggiudicatari degli immobili subastati il 18/7/2000, e rinviava al Tribunale di Napoli per la rinnovazione a contraddittorio integro del procedimento. Il D. P. riassumeva il procedimento di reclamo; venivano notificati il ricorso m riassunzione con il pedissequo decreto ed il reclamo a soggetti che, per stessa ammissione del D.P., erano risultati aggiudicatari all’incanto del 5 dicembre 2000, anzichè a quello del 18 luglio 2000; il D.P. veniva autorizzato ad instaurare il contraddittorio con gli aggiudicatari degli immobili della fallita all’incanto del 13 luglio 2000, ed il procedimento notificatorio si concludeva ritualmente per una parte dei resistenti in riassunzione.

La Corte d’appello, premesso che l’oggetto del rinvio disposto dalla S.C. riguardava la totale rinnovazione del procedimento per reclamo L.Fall., ex art. 26 a partire dal momento successivo alla proposizione dello stesso, che la trattazione in contraddittorio con gli aggiudicatari, comunque titolari di situazione soggettive ben distinte non in litisconsorzio nemmeno processuale, e che doveva ritenersi operata la riassunzione dal D.P. non in proprio, ma in nome e per conto della De.Pi., ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva di coloro che non risultavano essere acquirenti di immobili della fallita all’incanto del 13 luglio 2000, ed ha dichiarato improcedibile il ricorso nei confronti di coloro che, pur legittimi contraddittori, non avevano ricevuto rituale notificazione del ricorso, del verbale dell’udienza camerale e del reclamo.

Nel merito, rilevato che la vendita degli immobili si era conclusa con l’emissione del decreto di trasferimento agli aggiudicatari e che tale decreto non era stato impugnato; richiamato l’orientamento che ritiene possibile la sospensione della vendita dopo l’aggiudicazione ed il pagamento del prezzo, ma solo sino all’emissione del decreto di trasferimento, ha dichiarato l’inammissibilità del reclamo; ha compensato tra la società ed il Fallimento le spese del procedimento per reclamo e del giudizio di cassazione, mentre ha condannato il reclamante alle spese, liquidate d’ufficio, a favore delle controparti costituite. Ricorre il D.P., nella qualità di legale rappresentante della De.Pi. Costruzioni s.p.a., sulla base di tre motivi. Hanno depositato controricorso G.G., N.V., B.G. ed A.G..

G. ha depositato la memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1.- Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 384 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, deducendo che il Tribunale di Napoli, nel dichiarare inammissibile il ricorso, avrebbe violato il giudicato formatosi per la statuizione del S.C. di cui alla sentenza 14101/2003, che,decidendo sul reclamo, lo aveva implicitamente riconosciuto ammissibile.

1.2.- Con il secondo, la parte ricorrente denuncia il vizio di violazione di legge e di carenza di motivazione, atteso che: 1) per il principio della estensione della nullità di un atto ai successivi, l’invalidità dell’ordinanza di vendita travolge anche il decreto di trasferimento; 2) la preclusione posta dall’art. 2929 c.c. opera solo se la vendita è esente da vizi formali, mentre ben possono sussistere vizi procedimentali tali da travolgere per nullità derivata anche il contratto traslativo, e nel caso, le dedotte illegittimità avrebbero potuto comportare l’invalidità dell’ordinanza di vendita e detta invalidità si sarebbe riverberata sugli atti successivi, compreso il decreto di trasferimento; 3)il Giudice del rinvio avrebbe dovuto esaminare il reclamo nel merito; 4) il decreto del Tribunale di Napoli depositato il 18 dicembre 2000 era inesistente perchè sottoscritto dal solo Presidente, peraltro non relatore, e quindi mancava proprio l’ordinanza che disponeva la vendita.

1.3.- Con il terzo motivo, il ricorrente fa valere i vizi di cui all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, in relazione all’art. 10 c.p.c. ed al D.M. n. 127 del 2004, artt. 5 e 6 atteso che il Tribunale, dopo avere ritenuto scindibili le posizioni degli assegnatari, non sussistendo litisconsorzio necessario neppure di carattere processuale, ha liquidato le spese d’ufficio, tenendo conto del valore indeterminato della controversia e delle voci di tariffa rispetto alle attività processuali, mentre occorre individuare il valore delle singole controversie, nel rispetto degli articoli della Tariffa indicati.

2.1.- Va in primis rilevato che N.V. è stato dichiarato carente di legittimazione dal Tribunale, e che non v’è alcuna censura su tale capo della pronuncia, da cui l’inammissibilità in radice del ricorso come avanzato nei confronti di detta parte.

Ciò posto, si deve ritenere l’inammissibilità della censura motivazionale del primo motivo e l’infondatezza della censura di violazione di legge.

Il ricorrente ha inteso censurare la sentenza impugnata, prospettando la violazione da parte del Tribunale del giudicato implicito formatosi sull’ammissibilità del reclamo, ad opera della sentenza di questa Corte, n. 14101/2003, facendo valere il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 “atteso che in nessun caso il giudice del rinvio può contravvenire a quanto stabilito dal giudice di legittimità”.

Come affermato, tra le altre, nella pronuncia 21200/09 (e vedi le precedenti 11501/08, resa a sezioni unite, e 2732/08): “di recente la materia è stata sottoposta a profonda revisione, che ha indotto dapprima le stesse Sezioni Unite e poi le Sezioni semplici di questa Corte ad enunciare i seguenti principi: a) il giudice di legittimità deve accertare l’esistenza e la portata del giudicato con cognizione piena, che si estende anche al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta loro valutazione ed interpretazione mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dalla interpretazione data al riguardo dal giudice del merito”: ciò in ragione della riconosciuta natura pubblicistica dell’interesse al rispetto del giudicato; della ritenuta indisponibilità per le parti dell’autorità di quest’ultimo; della ravvisata identità dell’operare dei due tipi di giudicato, interno ed esterno; e della inclusione delle correlative questioni nella sfera delle questioni di diritto piuttosto che in quella delle questioni di fatto; b) il giudicato non deve, infatti, essere incluso nel fatto e, pur non identificandosi nemmeno con gli elementi normativi astratti, è da assimilarsi, per la sua intrinseca natura e per gli effetti che produce, a tali elementi normativi; con la conseguenza che l’interpretazione del giudicato deve essere trattata piuttosto alla stregua dell’interpretazione delle norme che non alla stregua dell’interpretazione dei negozi e degli atti giuridici; c) costituendo, a sua volta, l’interpretazione del giudicato operata dal Giudice del merito non un apprezzamento di fatto ma, una quaestio iuris – la stessa è sindacabile, in sede di legittimità, non per il mero profilo del vizio di motivazione, ma nella più ampia ottica della violazione di legge; e gli eventuali errori di interpretazione del giudicato rilevano quali errori di diritto (Cass. sez. un. 24664/2007; 13916/2006; 226/2001)”.

Alla stregua dei detti principi, quanto al profilo della violazione di legge, si deve rilevare che, come risulta dalla precedente sentenza di questa Corte, l’oggetto del giudizio di rinvio è stato esplicitamente indicato nella totale rinnovazione del procedimento per reclamo, a partire dal momento successivo alla proposizione dello stesso, per la trattazione a contraddittorio integro, con tutti i potenziali destinatari della pronuncia, mentre non ha formato oggetto della decisione la questione di ammissibilità o meno del reclamo;

nè potrebbe nel caso ritenersi la copertura da giudicato implicito, da intendersi relativa a quelle questioni che, pur non dedotte in via di azione od eccezione, e comunque, esplicitamente investite dalla decisioni, costituiscono il presupposto logico indefettibile della decisione in tal senso, tra le tante, le pronunce 11493/04, 1356/04, 17375/03, 14414/02), atteso che il rapporto tra il contraddittorio integro e la valutazione del reclamo si pone in senso diametralmente opposto, rispetto a quanto sostenuto dal ricorrente, costituendo la corretta instaurazione del contraddittorio il prius rispetto alla valutazione preliminare di ammissibilità.

2.2.- Anche il secondo motivo è infondato.

Come affermato, tra le ultime, nella pronuncia 16755/2010, “In tema di liquidazione dell’attivo fallimentare, al giudice delegato è attribuito, ai sensi della L. Fall., art. 108, comma 3, (nel testo “ratione temporis” applicabile), il potere discrezionale di disporre la sospensione della vendita – anche senza incanto, anche ad aggiudicazione avvenuta e prima che sia emesso il decreto di trasferimento, qualora sussista una notevole sproporzione tra il prezzo offerto e quello giusto, secondo la determinazione affidata al prudente apprezzamento del giudice”. (e vedi anche la pronuncia 11565/08, che ha evidenziato come le ragioni pubblicistiche che informano la procedura – che, nell’interesse della massa dei creditori, deve tendere alla massima realizzazione delle attività e del suo impulso officioso, giustificano un’interpretazione estensiva della L. Fall., art. 108, comma 3, nel ritenere possibile la sospensione anche ad aggiudicazione avvenuta.

Nè giova al ricorrente il richiamo al principio di cui all’art. 159 c.p.c., ed all’orientamento da ultimo ribadito nella sentenza 13824/2010 (e vedi in senso conforme, le precedenti 21106/05, 26078/05, 3970/04), secondo cui “la regola contenuta nell’art. 2929 cod. civ., secondo il quale la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita e l’assegnazione non ha effetto riguardo all’acquirente o all’assegnatario, non trova applicazione quando la nullità riguardi proprio la vendita o l’assegnazione, sia che si tratti di vizi che direttamente la concernano, sia che si tratti di vizi che rappresentino il riflesso della tempestiva e fondata impugnazione di atti del procedimento esecutivo anteriori ma ad essi obbligatoriamente prodromici”, atteso che, a tacere da ogni ulteriore rilievo, l’istanza di sospensione è successiva all’ordinanza di vendita.

Infine, l’ultima censura del secondo motivo, attinente al decreto del Tribunale cassato e quindi travolto dalla precedente pronuncia di questa Corte, è palesemente inammissibile.

2.3.- Il terzo motivo è inammissibile.

Quanto alla doglianza relativa alla considerazione da parte del Tribunale, ai fini della liquidazione delle spese, della natura indeterminabile del valore della controversia, vale il principio affermato tra le ultime nella pronuncia 8546/2003, secondo cui “Per l’impugnazione davanti alla Corte di cassazione della liquidazione degli onorari di avvocato effettuata in sede di merito, sotto il profilo della erroneità della considerazione della lite di valore indeterminabile, è necessario che sia precisato l’effettivo valore della causa, al fine di dimostrare che la liquidazione compiuta ecceda i limiti della tariffa corrispondente a detto valore”; quanto alle ulteriori censure, le stesse sono formulate in modo generico.

3.1.- Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento di Euro 2700,00, di cui Euro 200,00 per spese a favore di B. G. ed A.G.; di Euro 2700,00, di cui Euro 200,00 per spese a favore di N.V.; di Euro 3200,00, di cui Euro 200,00 per spese, a favore di G.G.; oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 30 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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