Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30053 del 14/12/2017


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 30053 Anno 2017
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso 20657-2016 proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro
tempore, domiciliato ex lege in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

LOBINA GIUSEPPA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA MUZIO CLEMENTI, 51, presso lo studio dell’avvocato
VALERIO SANTAGATA, rappresentata e difesa
dall’avvocato CARLO AUGUSTO MELIS COSTA;
– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositato il 24/02/2016, Cron.n. 1593/2016, R.G.n.

Data pubblicazione: 14/12/2017

51621/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 27/09/2017 dal Consigliere Dott.

GIUSEPPE GRASSO.

Ritenuto che la Corte d’appello di Roma, con decreto depositato il
24/2/2016, rigettò l’opposizione avanzata dal Ministero della Giustizia
avverso il decreto depositato il 6/5/2015, con il quale era stata
accolta la domanda di equa riparazione per la non ragionevole durata
del processo avanzata da Giuseppa Lobina;
che I ‘Amministrazione interessata, per mezzo dell’Avvocatura

supportato da due motivi di censura, ulteriormente illustrato da
memoria;
che l’intimata si difende con controricorso;
ritenuto che con i due motivi, entrambi denunzianti violazione e
falsa applicazione dell’art. 4, I. n. 89/2001, fra loro complementari,
l’amministrazione ricorrente adduce la consumazione del termine
semestrale dal passaggio in giudicato della sentenza che aveva
definito il processo presupposto, non dovendo trovare applicazione la
sospensione feriale di cui alla I. 742/1969, sulla base degli argomenti
che seguono: a) la constatazione che «la richiesta indennitaria non
può essere riproposta anche se il termine decadenziale semestrale
non sia ancora decorso» induce l’Amministrazione ricorrente ad
affermare che «trattasi (…) di termine decadenziale per l’esercizio
del diritto (…) e non già di termine per l’esercizio dell’azione con cui il
diritto viene fatto valere», così, restando inapplicabile il principio
generale, valevole per le decadenze processuali, che l’estinzione del
processo non estingue l’azione, il termine in parola resta sottratto
«dall’alveo dei termini processuali», dovendo essere ricondotto
«al diverso alveo dei termini sostanziali»; b) anche a volere
attribuire natura processuale al termine in parola ad esso non si
applica la proroga di cui alla I. n. 742/1969, poiché, «trattandosi di
procedimento ex I. n. 89/01 “nuovo rito”», è prevista
«l’attivazione di un “procedimento monitorio” (inaudita altera parte
ed a contraddittorio eventuale – posticipato) che, per le sue

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Generale dello Stato propone avverso quest’ultima statuizione ricorso

caratteristiche di speditezza ed urgenza, mal si concilia – (art. 3 I. n.
742/69) – con la “proroga dei termini” rappresentata dalla
sospensione dei termini per il periodo feriale ex I. n. 742/69»;
considerato che il pur suggestivo percorso argomentativo del
ricorso non può essere accolto, dovendosi osservare che questa Corte
ha avuto modo di chiarire le ragioni, condivise da questo Collegio,

pertanto, soggetto alla proroga feriale, essendo stato rilevato che tra
i termini soggetti alla sospensione feriale vanno ricompresi non solo
quelli inerenti alle fasi successive all’introduzione del processo, ma
anche quelli entro i quali il processo stesso deve essere instaurato,
allorché l’azione in giudizio rappresenti, per il titolare del diritto,
l’unico rimedio per far valere il diritto stesso, sicché detta
sospensione si applica anche al termine di sei mesi previsto dall’art. 4
della I. n. 89/2001 per la proposizione della domanda di equa
riparazione per violazione della durata ragionevole del processo (Sez.
6-2, n. 5423, 18/3/2016, Rv. 639423; cfr., anche, Sez. 1, n. 5895,
11/3/2009, Rv. 607200, nonché, S. U., n. 17781, 22/7/2013, Rv.
627247, sia pure, quale premessa motivazionale di altro principio
dettato con la forza precipua delle S.U.; e più di recente, Sez. 2, nn.
5423/2016, 10595/2016, 26424/2016, 20974/2017);
considerato, peraltro, a smentita dell’assunto impugnatorio, che le
inferenze tratte dalla introduzione della fase monitoria non appaiono
calzanti, poiché la natura processuale del termine deriva dalla
constatazione che lo stesso, come sopra ricordato, risulta essere
fissato invalicabilmente per l’esercizio del diritto, il quale non può
essere soddisfatto senza ricorrere allo strumento dell’accertamento
giudiziale, non assumendo rilievo la circostanza che
quell’accertamento possa essere definitivamente reso in via
monitoria, nel caso in cui non venga avanzata opposizione;

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per le quali il termine di cui si discute ha natura processuale ed è,

considerato che le spese legali debbono seguire la soccombenza e
possono liquidarsi siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e
della qualità della causa, nonché delle attività espletate;
ritenuto che non trova applicazione l’art. 13, co.

1 quater del

d.P.R. n. 115/2002;
P.Q.M.

della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che
liquida in euro 800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella
misura del 15 per cento e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma il giorno 27 settembre 2017.
Il Presidente
(Stefano Petitti)

/

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I

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

Roma,

.14 WC. 20i7

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore

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