Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30051 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. I, 29/12/2011, (ud. 29/11/2011, dep. 29/12/2011), n.30051

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Maria Rosa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.L. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA GIULIA DI COLLOREDO 46-48, presso l’avvocato

DE PAOLA GABRIELE, che lo rappresenta e difende, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– contricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositato il

26/11/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/11/2011 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

ZENO Immacolata che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con il decreto depositato il 26/11/2007 (pubblicato il 3/12/2007), la Corte d’appello di Trieste ha condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze alla corresponsione a favore del ricorrente C. L. della somma di Euro 4200,00, oltre interessi legali dalla domanda al saldo, nonchè al rimborso delle spese di lite liquidate in complessivi Euro 391,00 di cui Euro 81,00 per diritti ed il resto per onorari, per il danno non patrimoniale sofferto dal ricorrente per la durata irragionevole del giudizio promosso avanti alla Corte dei Conti – sez. di Trieste, definito con sentenza depositata il 17/5/2006, nove anni dopo la proposizione. La Corte d’appello ha valutato nel caso superata di sette anni la durata ragionevole del processo in oggetto, non particolarmente complesso, fissata in due anni, ed ha riconosciuto al ricorrente, alla stregua dei criteri applicati dalla Corte di Giustizia per casi simili, e valutato nel concreto la modestia del patema d’animo, in relazione all’entità del bene oggetto del giudizio pensionistico (spettanza di aumenti non meglio precisati, basati su opinabile interpretazione di normativa di adeguamento delle pensioni collegate ad aumento salariale) la somma di Euro 50,00 mensili.

Il C. propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1.- Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 6 par. 1, e art. 41 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo; la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e dell’art. 2697 c.c., per avere la Corte territoriale, in violazione del diritto vivente, liquidato la somma di 600,00 per anno di ritardo, in un importo irragionevole, sotto la soglia di Euro 1000,00, che costituisce il parametro base di liquidazione del danno, senza alcun elemento concreto probatorio, dopo avere reso mere enunciazioni vaghe ed infondate.

1.2.- Con il secondo motivo, subordinato rispetto al primo, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione all’art. 366 bis c.p.c., difetto di motivazione circa fatto controverso e decisivo per il giudizio.

1.3.- Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia la violazione dei minimi tariffari, violazione del D.M. n. 127 del 2004, per non avere la Corte del merito applicato le tabelle forensi contenziose di cui alle disposizioni cit..

2.1.- Il primo motivo è fondato nei sensi di cui in motivazione, con assorbimento del secondo e del terzo motivo.

Va fatta applicazione nel caso del principio seguito da questa Corte anche per i giudizi instaurati avanti al giudice amministrativo, nel senso che la lesione del diritto alla definizione del processo nel termine ragionevole di cui all’art. 6, par. 1 della Convenzione va riscontrata, anche per le cause davanti al Giudice pensionistico, con riferimento al periodo intercorso dall’instaurazione del relativo procedimento, mentre l’omissione od il ritardo nella presentazione dell’istanza di prelievo o di sollecitazione o di trattazione anticipata(pur quando prevista dalla prassi degli uffici giudiziari quale strumento acceleratorio, come sarebbe stato possibile nel caso, L. n. 19 del 1994, ex art. 1, comma 4 bis, atteso che il ricorso avanti alla corte dei conti risulta depositato il 27/6/1997 e quindi successivamente alla riforma di cui al D.L. n. 453 del 1993, convertito con modificazioni nella L. n. 19 del 1994, non implica il trasferimento sulla parte della responsabilità dello Stato per il superamento della scadenza ragionevole, nè il differimento della decorrenza del termine ragionevole di durata dalla data della proposizione della domanda, collocandosi la mancata presentazione di istanza acceleratoria sul terreno della valutazione della entità del patema d’animo sofferto a ragione del ritardo, e quindi della misura del ristoro da riconoscersi in termini di equa riparazione (così tra le ultime, nel giudizio pensionistico, Cass. 3782/2006 e 8156/2006 e nel giudizio amministrativo, Cass. 14753/2010, Cass. 1365/2008, S.U. 28507/2005, Cass. 19804/2005). Nel caso, la Corte d’appello, ritenuta la durata ragionevole in due anni, ha riconosciuto l’importo di Euro 50,00 mensili, e quindi 600,00 per anno, importo inferiore anche rispetto a quanto, già ridotto rispetto ai parametri ordinari, ritenuto suscettibile di liquidazione dalle recentissime sentenze CEDU del 16 marzo e 6 aprile 2010, in relazione ai singoli casi ed alle peculiarità degli stessi.

In adesione all’orientamento assunto dalla pronuncia 14753/2010, in accoglimento del ricorso in base ai principi sopra enunciati, va pertanto cassato il decreto impugnato, e, decidendosi nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., tenuto conto degli elementi sopra indicati, considerate le specificità del caso in relazione al protrarsi della procedura dinanzi al giudice contabile oltre i limiti ragionevoli di durata, che ha evidenziato, in relazione al comportamento delle parti, uno scarso interesse alla causa, nonchè considerate la natura e la consistenza della pretesa azionata e i margini di riduzione ricavabili dalle decisioni della CEDU sopra indicate, l’indennizzo può essere liquidato nella misura forfettaria complessiva di Euro 6250,00, con gli interessi legali dalla domanda sino al saldo.

Quanto al terzo motivo, lo stesso rimane assorbito, dovendosi provvedere alla liquidazione delle spese in conseguenza della riliquidazione dell’equo indennizzo; si osserva a riguardo che devono essere liquidati diritti ed onorari secondo le tabelle forensi contenziose (così le pronunce 22292/09 e 12021/04), con ciò pervenendosi agli importi di cui al dispositivo, e con distrazione a favore dei difensori antistatari per le spese del giudizio di merito.

PQM

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione , cassa il decreto impugnato e,decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere alla parte ricorrente la somma di Euro 6250,00 per indennizzo, gli interessi legali su detta somma dalla domanda e le spese del giudizio, che determina per il giudizio di merito, nella somma di Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritti, ed Euro 500,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore degli avv. G. ed F. De Paola, antistatari, e per il giudizio di legittimità, in Euro 900,00, oltre Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 29 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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