Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30050 del 31/12/2020

Cassazione civile sez. I, 31/12/2020, (ud. 06/10/2020, dep. 31/12/2020), n.30050

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11017/2019 proposto da:

A.B., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Maestri Andrea, giusta procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno – Commissione per il Riconoscimento della

Protezione Internazionale Bologna, sezione distaccata Forlì-Cesena;

– intimati –

avverso la sentenza n. 283019/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 06/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/10/2020 dal Consigliere Dott. Paola Vella.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte d’appello di Bologna ha confermato il diniego di protezione internazionale e umanitaria da parte del Tribunale di Bologna nei confronti del cittadino (OMISSIS) A.B., nato il (OMISSIS), osservando che si trattava di “questioni personali su presunte vendette della famiglia di una ragazza con la quale l’ A., in occasione di una attività da imbianchino, aveva allacciato una relazione sentimentale, totalmente avversata per motivi sociali dalla di lei famiglia”, stante la mancanza di qualsivoglia riscontro “all’asserito omicidio del padre ed al tentato nei suoi confronti”.

2. Avverso la decisione di secondo grado il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. La parte intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

3. Il ricorrente lamenta come la sentenza impugnata “difetti completamente di motivazione in fatto e in diritto rispetto alla concessione della protezione umanitaria”, osservando che il relativo diniego non può fondarsi sul ritenuto difetto di credibilità del richiedente, nè può costituire un automatismo rispetto al disconoscimento delle altre forme di protezione internazionale, tanto più che il giudice d’appello “non nasconde di conoscere la gravità” delle condizioni di vita in (OMISSIS).

4. La censura merita accoglimento.

4.1. Dopo aver negato entrambe le forme di protezione internazionale – per la ritenuta inattendibilità delle dichiarazioni del richiedente “alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3” – la Corte d’appello ha escluso la necessità di “procedere ad un approfondimento istruttorio officioso” e, pur dando genericamente atto delle “difficoltà legate alla generale situazione economico-giuridica del (OMISSIS)”, ha aggiunto che “in ogni caso, per scrupolo motivazionale, non appaiono sussistere neanche i requisiti di protezione umanitaria, in applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998”, poichè “le uniche misure umanitarie previste in detto decreto sono quelle “serie” di cui agli artt. 18, 19 e 20″ e comunque “il ricorrente non è soggetto alla pena di morte o altra condanna disumana o degradante inflitta dal paese di origine, nè tantomeno sussistendo la attuale minaccia grave alla vita o la persona derivante dalla violenza indiscriminata da situazioni di conflitto armato interno o internazionale”.

4.2. Una simile motivazione sul permesso di soggiorno per motivi umanitari – misura astrattamente riconoscibile ratione temporis (Cass. Sez. U, 29459/2019) – non rispetta la soglia del “minimo costituzionale” individuata dal massimo organo nomofilattico di questa Corte (Cass. Sez. U, 8053/2014).

4.3. Invero, la natura residuale e atipica della protezione umanitaria comporta che il suo riconoscimento debba essere frutto di valutazione autonoma, caso per caso, e che il suo rigetto non possa conseguire automaticamente al rigetto delle altre forme tipiche di protezione internazionale (Cass. 21123/2019, 21129/2019, 7622/2020) e ciò nonostante i fatti storici presupposti possano coincidere con quelli allegati per ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato o la concessione della protezione sussidiaria, spettando al giudice la loro qualificazione giuridica (Cass. 8818/2020, 11912/2020).

4.4. Da quella stessa natura discende altresì l’erroneità del convincimento che la protezione umanitaria possa essere concessa solo nelle ipotesi contemplate dal D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 18,19 e 20 che ha evidentemente indotto il giudice a quo a non esaminare in concreto i profili di vulnerabilità personale allegati dal ricorrente, dei quali infatti non vi è traccia nella sentenza impugnata.

4.5. Allo stesso modo non giova alla ricostruzione di una valida motivazione l’affermazione della “non credibilità del ricorrente” effettuata ai fini delle domande di protezione internazionale, poichè essa non preclude di per sè la valutazione delle diverse circostanze che rilevino ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria (ex multis, Cass. 2960/2020, 2956/2020, 8020/2020, 7985/2020, 10922/2019), dovendosi comunque procedere al “riscontro di “seri motivi” (non tipizzati) diretti a tutelare situazioni di vulnerabilità individuale” (Cass. 1040/2020, 23778/2019), fermo restando che il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari non può essere concesso solo “in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al paese di provenienza” (Cass. Sez. U, nn. 29459, 29460, 29461 del 2019; Cass. 4455/2018, 630/2020).

4.6. In particolare, in tema di protezione umanitaria le Sezioni Unite appena citate hanno ribadito, tra l’altro, che: i) la norma che prevede tale misura va collegata ai diritti fondamentali che l’alimentano; ii) gli interessi così protetti non possono restare “ingabbiati” in regole rigide e parametri severi, che ne limitino le possibilità di adeguamento, mobile ed elastico, ai valori costituzionali e sovranazionali, sicchè l’apertura e la residualità della tutela non consentono tipizzazioni (ex multis, Cass. 13079/2019, 13096/2019); iii) l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali, col sostegno dell’art. 8 Cedu, promuove l’evoluzione della norma, elastica, sulla protezione umanitaria a clausola generale di sistema, capace di favorire i diritti umani e di radicarne l’attuazione; iv) va dato seguito all’orientamento di legittimità (inaugurato da Cass. 4455/2018 e seguito ex plurimis, da Cass. 11110/2019, 12082/2019) e alla prevalente giurisprudenza di merito che assegnano rilievo centrale alla valutazione comparativa, ex art. 8 CEDU, tra il grado d’integrazione effettiva nel nostro Paese e la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel Paese di origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile e costitutivo della dignità personale (cfr. inter alla, Cass. nn. 2563, 2964, 3776, 3780, 5584, 7599 7675, 7809, 8232, 8819, 8020, 26148 del 2020).

5. La sentenza impugnata va quindi cassata con rinvio, per una compiuta motivazione sulla richiesta di permesso di soggiorno per motivi umanitari, alla luce dei principi sopra riepilogati, oltre che per la statuizione sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 dicembre 2020

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